S I R A C U S A 1953
RICORDI e RIFLESSIONI
Sono trascorsi oltre cinquant’anni da quel primo mattino di fine aprile 1953 quando, varcata la soglia di "SCALA GRECA" porta naturale di Siracusa, giunsi per la prima volta al cospetto dell'incomparabile scenario della Città aretusea, culla dell'antica civiltà greca di Sicilia.
Alla guida della mia FIAT 500/C "topolino", fedele compagna dei frequenti spostamenti lungo le difficili strade siciliane di allora, con animo lieto avevo percorso l’agevole arteria che, a quei tempi, costituiva l’unico collegamento fra Augusta e il suo Capoluogo. Il vecchio tracciato si snodava fra fiorenti campagne colme di rigogliosi agrumeti e sfiorava, per lunghi tratti, le spiagge e le frastagliate scogliere del mitico Ionio, cesellate dal tranquillo frangersi della risacca o scolpite dai ribollenti marosi delle tempeste. Quello stesso mare che, in quel giorno e a quell’ora mattutina, appariva azzurro e trasparente, appena increspato da una leggera brezza di "grecale". La primavera era ormai sicuramente avviata verso il suo apogeo e la natura, pigramente ma gioiosamente, sembrava risvegliarsi dal triste letargo invernale. Sospinto dal placido e fresco venticello marino, un intenso odore di campagna e un sottile profumo di zagara germogliante e di fiori di prato, si diffondeva per l’aere terso e sereno.
Procedendo verso Ortigia, cuore pulsante della Siracusa di quegli anni, il traffico veicolare era del tutto normale e non era dato avvertire alcun problema, alcuna difficoltà. Un po’ tutte le zone attraversate elargivano, anzi, l'immagine d’un ambiente cittadino ordinato, pulito, accogliente. Sentimenti d’impaziente curiosità s’impadronirono presto del mio animo e osservando con deferente rispetto e attenzione i ruderi che pur sempre testimoniano la nobile origine della Città, il mio animo era pervaso da un incontenibile senso di commozione. Si susseguivano e s’intersecavano incisive riflessioni spontanee e gratificanti, peraltro amplificate dalla circostanza di trovarmi in compagnia di una gentile e cara amica augustana che, con spontaneità, si era assunto il particolare compito di farmi da “guida”.
La sua cultura umanistica d’insegnante di lettere le consentiva d’essere, ovviamente, quanto mai accurata ed esauriente. Con entusiasmo e quasi per mano, mi condusse attraverso il dedalo di un meraviglioso mondo di cimeli storici, di musei e di monumenti, di vedute incomparabili, di pregevoli parchi archeologici. Mi permise di scoprire, inoltre, un mondo per me assolutamente nuovo, diverso, pur se la spontanea euforia del momento era mitigata dal deludente aspetto di talune vaste zone del centro urbano che, palesemente, evidenziavano la loro stridente incompatibilità strutturale ed estetica con la presenza di tanti preziosi resti archeologici e di rinomati monumenti. Dall’evidente contrasto non poteva non scaturire che un’amara riflessione: l’incommensurabile, inestimabile e incomparabile patrimonio monumentale dell’antica Siracusa, solo in minima parte è stato preservato dall’usura del tempo e dall’incuria dell’uomo!
Rispetto a quella che fu la fulgida immagine della Capitale dell'ellenismo italico, la Siracusa d’oggi evidenzia i nefasti effetti delle spoliazioni, delle distruzioni e degli abusi, oltre che della ricorrente e perdurante disattenzione dei civici poteri. Molti degli splendidi monumenti che furono vanto e testimonianza della floridezza cui essa era pervenuta al culmine della sua parabola storica, o sono scomparsi del tutto o appaiono ridotti a pochi e talvolta dimenticati ruderi. Il susseguirsi delle varie dominazioni (romana, bizantina, araba, normanna, angioina, spagnola, per citare solo le più conosciute e sorvolando, per carità di patria, su quella borbonica e piemontese) ha deturpato i connotati architettonici e monumentali della splendida metropoli corinzia, sino a renderli, salvo le dovute eccezioni, poco fruibili e pressoché irriconoscibili per la gran massa dei turisti. Solo una fervida immaginazione, infatti, può dare la misura del favoloso scenario che doveva arricchire la Siracusa del periodo paleo romanico ma che, per inqualificabile incuria o per colpevole mercimonio, si è perso nel tempo. L’odierna Siracusa tende sempre più ad assomigliare, ormai, ad una vecchia foto dai contorni sgualciti, scrostata e scolorita, priva dell’originario luminoso smalto e di ogni contrasto. Pur se turisticamente meritevole della massima considerazione, sia per la ricchezza dei suoi Musei e delle sue Chiese che per i suoi incomparabili siti archeologici, paesaggistici e monumentali (cui, ripetiamo, gran parte dell’attuale agglomerato urbano non fa certo da degna cornice), appare declassata a modesta cittadina di provincia.
Ortigia…,
Ortigia…, fulgida immagine corinzia della longeva stirpe
siracusana, perché su Te più non aleggia lo spirito fecondo del nobile Archia ?
Tu, grande, potente, imbattibile Siracusa, desti gloria ed onori ad invitti condottieri come Gelone, Dionisio,
Gerone, Timoleone, Agatocle, ma poi, abbandonata al destino di Città sottomessa, dovesti subire l'onta del tradimento, l'umiliazione dei saccheggi, l'offesa delle distruzioni.
Secoli d’oscurantismo, di bigottismo religioso, d’asservimento ai potentati di turno, di malversazioni, hanno quasi cancellato i tratti del Tuo antichissimo e ineguagliabile profilo ellenico.
Un grido di dolore sgorga, implacabile, dall'animo di chi, conscio dei Tuoi celebri natali, non può che affliggersi per il mesto Tuo declino.
Solo poche e cadenti rovine della grandiosa Pentapoli di Gerone sono rimaste a testimoniare la Tua gloriosa storia. Per mano sacrilega hai perso, nel corso dei travagliati secoli, lo splendore dei Tuoi fasti e nessuno è riuscito a difendere e far rispettare, compiutamente, la Tua vetusta civiltà, conservandone e proteggendone i monumenti e gli emblemi. Un po’ tutti hanno dimenticato che essa aveva già raggiunto l'apice della sua radiosa parabola quando la "lupa romana" ancora allattava i leggendari gemelli.
Eppure, nel periodo di maggior fulgore, fosti seconda solo ad Atene, ricoprisTi il posto più eminente al centro del bacino storico di quei secoli, combattesTi vittoriosamente gli stessi Ateniesi, gli Etruschi, i Cartaginesi invasori e a lungo Ti opponesti alla prepotenza politica e militare di Roma, pur se, alla fine, le Tue gloriose Istituzioni vennero brutalmente annientate e non poté essere evitato che fossi definitivamente assoggettata al nascente "Impero dei Cesari".
Tracotanti legioni romane, orde barbare d’ogni tipo e razza, arabi,
angioini, aragonesi, borbonici, hanno impunemente calcato il Tuo suolo, lasciando indelebili segni di vaste e multiformi devastazioni. Anche l'emergente invadenza clericale non si pose scrupolo alcuno dinanzi alla magnificenza dei Tuoi Templi: se ne appropriò e ne sconvolse gli originari stupendi e insostituibili tratti architettonici !
Il grande Federico, pur avendoTi eletta a sua pupilla, giunse troppo tardi e non poté salvare che ben poco del Tuo prezioso patrimonio.
Per Te sopravvenne una notte tetra e tempestosa, foriera di rovine, sciagure e lutti, ... certamente inaspettata dopo un sì radioso mattino !
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L’indelebile ricordo di quell’intensa e gratificante giornata si fuse mirabilmente, nel tempo, con la memoria dei tanti anni che ebbi la ventura di trascorrere in quei luoghi. Quel lungo periodo divenne, di fatto, il “contenitore” di tante esperienze, di profondi legami affettivi, di durature amicizie, di non facili conquiste personali che, ancora oggi, rappresentano il prezioso retaggio dei miei anni giovanili.
Da quei giorni molta acqua è passata sotto i ponti e, ripercorrendo oggi quei siti, non è facile nascondere l'amarezza per il deludente quadro d’insieme della "Siracusa 2000". Poco o nulla è rimasto della tranquilla e ospitale cittadina di un tempo e qualsivoglia benevolo raffronto non appare più possibile !
Violentata dall’irrazionale espansione edilizia (che, talvolta, non ha risparmiato neppure le zone archeologiche e monumentali), deturpata dalle colate di cemento che ne hanno stravolto la fisionomia, strozzata ed avvelenata dalla straripante motorizzazione, caduta in balia dello spietato affarismo che ha sacrificato, sull'altare dell’ambiguo mondo industriale, parte delle incantevoli zone a nord di "Scala Greca", dilaniata dal cieco malgoverno politico, l'immagine della ridente cittadina di un tempo appare irrimediabilmente stravolta e forse irreversibilmente compromessa.
Se Archimede potesse rimettere piede nella sua amata Patria, sicuramente tornerebbe ad avvalersi dei suoi leggendari “specchi ustori” (la storia racconta di come ne fece uso contro le nemiche navi romane del Console Marcello), per colpire e incenerire con strali infuocati gli odierni nefasti “centri di potere”, i cui componenti, non certo nelle vesti di probi cittadini, hanno spesso apposto il loro sprovveduto o interessato “imprimatur” sui molti importanti atti politici e amministrativi che hanno permesso il sacco del sacro territorio siracusano !
(2000)
(Augusto Lucchese)
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