Sono i “poteri forti” a comandare o sono le Istituzioni e il Governo ad essere incapaci?
Già a fine novembre 2011, in epoca non sospetta e quando tutti osannavano al salvatore della Patria, l’esimio Prof. Monti - di fresca e strumentale nomina a Senatore a vita -, c’eravamo permessi dire, alla luce dei primi provvedimenti adottati, che l’Italia correva il rischio di cadere dalla padella nella brace.
Avevamo (2/12/2011) alquanto ironizzato nel lanciare sul web quella provocazione che, alla luce dei fatti, è divenuta oggi una assiomatica realtà: “La “cura” Monti è peggiore del “male” Tre…monti? “. Un paio di mesi fa abbiamo avuto modo d’assistere su Rai Tre (complimentandoci, per inciso, con noi stessi) ad un animato dibattito televisivo che aveva per titolo portante uguale e precisa provocazione, come se fossimo stati copiati dai giornalisti-conduttori di tanto rinomata emittente.
Sta di fatto che a distanza di ben sette mesi dall’ufficiale insediamento del Governo Monti (il sessantunesimo a fronte di sessantasei anni di Repubblica, all’incirca uno ogni anno) il paese Italia non riesce ad uscire dal mefitico pantano (speriamo che non siano sabbie mobili) in cui s’è venuto a trovare in forza della settaria e tornacontistica gestione del potere da parte di un altro pseudo salvatore della Patria (targato 1993), Berlusconi, il furbo riccone pluri indiziato, paternalistico amico degli amici, nonché ideatore e sponsor di “bunga-bunga” o scenette “burlesque” che dir si voglia, “THE ARCORE'S NIGHT”. E’ risaputo che costui, utilizzando a convenienza l’abbondante materia grigia del suo cervello d’aquila, ha scelto bene gli affini e fidati pro-consoli cui ha delegato, nel tempo, l’arduo compito di far precipitare il Paese nella miseria e nella melma. Sembra quantomeno strano che Monti lo elogi, lo inviti a pranzo e lo consideri ancora un valido interlocutore. Anche lui, per motivi reconditi, ha forse dimenticato di quanto è accaduto in Italia nell’arco di quasi un ventennio di egemonia berlusconiana? Tranne brevi parentesi non proprio encomiabili (Prodi & c.), s’è assistito all’instaurazione di un disinvolto sistema di auto-protezionismo (leggi “ad personam”), di permissivismo, di “concessioni” e d’incarichi, anche ministeriali, a noti esponenti di una numerosa quanto ingorda pletora di faccendieri, di procacciatori, di approfittatori, di speculatori, di indiscriminati attacchi alla Magistratura, ecc.ecc. Non ha certamente operato nell’interesse della Nazione e men che meno con l’intento di “riformare” in meglio la struttura dello Stato. Quante promesse fasulle e quante menzogne? L’unico vero interesse è stato quello di incentivare, magari per vie traverse, il pseudo consenso all’eterogenea struttura partitica da lui posta in essere. Il tutto in combutta con il compagno di merende, un certo Bossi, anch’esso di vantata adamantina coscienza e presunto portatore di sani principi, il quale, dopo avere stabilito spericolati, incoerenti e poco trasparenti accordi con il principe di Arcore, ha pensato bene di archiviare momentaneamente la storica invettiva leghista di “Roma ladrona” e ha trasferito i suoi nutriti e ben remunerati plotoni di “truppe cammellate” (lui stesso in testa, da ben foraggiato “senatur” e ministro di non si sa che cosa), a palazzo Madama e a Monte Citorio. Salvo poi, di tanto in tanto e fra un sigaro e l’altro, a rimettere sul tappeto il solito e stantio richiamo al farsesco ricatto secessionista a suo tempo costruito, ad uso e consumo degli allocchi, su una fantomatica invenzione territoriale denominata Padania.
Dopo questa pur pertinente parentesi berlusconiana-bossiana, è d’uopo tornare all’odierna defaillance dell’apparato di governo che fa capo all’introverso Prof. Monti. Si può ben sostenere, salvo prova contraria, che esso non è stato artefice della sperata “svolta rigenerativa e correttiva” e che, di contro, la situazione s’è parecchio aggravata. Qualcuno ha provato ad elencare cause ed effetti dell’errata politica del governo montiano e n’è venuto fuori un tale guazzabuglio di avventati provvedimenti, di ripensamenti, di rettifiche, di accomodanti emendamenti, di rinvii, di annullamenti, di deleteri compromessi, da riempire un corposo dossier. Pochi e inconsistenti (o addirittura dannosi) i provvedimenti varati a suon di “voto di fiducia”. Niente riforma fiscale, niente nuova legge elettorale con riduzione del numero dei parlamentari, niente taglio sostanziale agli sperperi di stato, niente eliminazione delle mangiatoie delle Province e dei molti costosi enti inutili, niente programmi di abbattimento del debito pubblico che, per manifesta colpa dei moltissimi improvvisati governanti di transito, è cresciuto in maniera esponenziale, niente drastico ridimensionamento della spesa pubblica - specie nel settore militare e sanitario nazionale e regionale -, niente lotta alla corruzione, ecc.ecc. La crisi economica seguita ad imperversare - con sintomatologie e valori sempre più peggiorativi -, le gravi e sostanziali difficoltà della gran massa della popolazione s’accrescono di giorno in giorno, la produttività nazionale diminuisce mese dopo mese, la disoccupazione cresce, il pannolino caldo della lotta all’evasione s’è rivelato inconsistente poiché basata solo sull’occasionale e indiscriminata tecnica repressiva, la burocrazia seguita ad asfissiare ogni iniziativa e a ingenerare confusione, sperperi e danni. E chi più ne ha più ne metta.
A fronte di tale sconfortante quadro, solo il Presidente della Repubblica, forse per dovere d’ufficio e per sostegno all’esecutivo da lui voluto più che per intima convinzione, ritiene di potere essere fiduciosi che l’Italia ce la farà. Con l’attuale precario governo? Chissà!
Sembra difficile, continuando di questo passo, che l’invocato miracolo possa avverarsi. Con buona pace di chi continua a sperare.
8/6 Luau
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