
Medico di base
-* Ill.mo Sig. Ministro della SALUTE
On. Roberto SPERANZA
Viale Giorgio Ribotta,5 / 00144 – Roma gab@postacert.sanita.it
p.c.:
- * Ill.mo Sig. Presidente del CONSIGLIO
Prof. Giuseppe CONTE
Palazzo Chigi – Piazza Colonna,370 – Roma
presidente@pec.governo.it
-* Ill.mo Sig. Assessore alla Salute
Regione Sicilia Ruggero RAZZA.
piazza Ottavio Ziino, n. 24 - 90145 Palermo. assessorato.salute@certmail.regione.sicilia.it.
OGGETTO: Medico di base. (Legge 23 dicembre 1978 n. 833 e D.L.
n. 517/1993 e n. 229/1999). Scarsa funzionalità del servizio -
inconvenienti operativi - incongruente assistenza domiciliare.
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Il sottoscritto Lucchese Augusto - nato a Enna 18 luglio 1928 -
pensionato - , in atto abitante e residente in Via Cervo 17,
95024 ACIREALE (CT), premesso che, a seguito di pregresse
disfunzioni cardiocircolatorie, sono portatore, dal 22 gennaio
2018, di un impianto PACEMAKER ricevuto presso U.O.C di
Cardiologia dell’Ospedale Cannizzaro di Catania, (il cui
controllo annuale è stato rimandato in relazione alla emergenza
da Covid-19), nel legittimo interesse proprio e in quello di una
enorme massa di cittadini chiamati a fronteggiare la medesima
incresciosa situazione,
segnala a codeste ill/me Autorità Istituzionali
che i “medici di base”, nella stragrande maggioranza,
asseriscono di non essere tenuti ad effettuare periodiche visite
domiciliari. Nel mio caso, in particolare, pur nel rispetto
della funzione pubblica della categoria, ho dovuto prendere atto
che, evidentemente, non è stata tenuta in alcuna considerazione
la mia età (poche settimane a 92 anni), oltre al fatto che, a
fronte dalle angosciose vicende vissute in questi ultimi mesi,
non esco da casa, se non per occorrenze di carattere alimentare
e farmaceutico. Io, oltretutto, vivo da solo e non dispongo di
badanti o accompagnatori fissi. I miei familiari, a loro volta,
abitando altrove per ragioni di lavoro e per altre esigenze
personali e familiari, non possono essere sempre disponibili in
base ai giorni e agli orari di ricevimento in ambulatorio. A
parte il rischio. Mi è stato fatto sapere che il suo intervento
potrebbe avvenire solo in caso di urgente necessità, non mai al
fine di periodici preventivi controlli. Non è stato tenuto
conto, chiaramente, del fatto che, come portatore del suddetto
PACEMAKER, i miei disturbi pressori - connessi sia all’età che
allo stress di quest’ultimo periodo - pur non avendo alcuna
concatenazione con la pandemia in corso - hanno carattere di
assoluta imprevedibilità, sono ben poco sintomatici e, pur non
essendo continuativi, abbisognano di ovvia osservazione. Credo
sia facile per chiunque rendersene conto, tranne per chi,
irresponsabilmente, si trincera dietro la burocrazia e il
formalismo.
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Fatta questa premessa, è d’uopo ricordare (poiché, in relazione
all’odierna emergenza, sembra che ci si dimentichi di ogni altra
realtà quotidiana) l’assurda situazione esistente nel settore
della “medicina generica”, settore assegnato per legge alle
teoriche cure della numerosa categoria dei cosiddetti “medici di
base”, una volta noti come “medici di famiglia” e oggi, salvo le
dovute eccezioni, pressoché inconcludenti burocrati, più che
altro dediti alla emissione di ricette più o meno rispondenti
alle “dichiarate” o presunte patologie (spesso non accertate)
degli assistiti. Tale preoccupante disfunzione, tuttavia, non
sembra attribuibile solo ai singoli “medici convenzionati” -
generalmente rispettabili professionisti - ma sembra, invece,
che sia maggiormente imputabile alla vigente legislazione in
materia, per le seguenti considerazioni:
• si legge da più parti che “il medico di base deve essere un
referente del paziente, un suo punto di riferimento avendo un
ruolo fondamentale nella cura della salute dei pazienti. Non ha
solo il compito di compilare ricette e prescrivere esami”. Ha un
ruolo essenziale nella prevenzione e nella terapia di eventuali
patologie in corso. Purtroppo, nella pratica quotidiana, non è
così;
• si legge ancora che Il medico di assistenza primaria è il
responsabile della cura globale della persona … e ha il compito
di coordinare sotto la sua responsabilità l'intera vita
sanitaria dei suoi pazienti; cosa che, di fatto, per gli
assistiti, è solo un sogno nel cassetto;
• è noto, altresì, che l'A.C.N. attualmente in vigore, stilato
in base al D.L.517/1993 e n. 229/1999, art. 52, assegna al
medico di base la responsabilità clinica del paziente in
ambiente extraospedaliero, oltre al ruolo di consulente del
medico di reparto durante l’eventuale ricovero dello stesso.
Egli deve occuparsi, in particolare, della diagnosi e cura delle
malattie di pertinenza della medicina generale (malattie
internistiche che non richiedono ricovero ospedaliero), della
prevenzione mediante riconoscimento ed eliminazione dei fattori
di rischio. Dovrebbe evitare, in altre parole, lo sviluppo di
possibili patologie, specie se trattasi di paziente cronico, con
particolare riguardo all’assistito anziano polipatologico e
polifarmacologico (cura delle cronicità complesse);
• di contro, viene fuori il fatto che la visita domiciliare è
una richiesta legittima solo in caso di “non trasferibilità”
dell’ammalato. Si precisa, però, che se le condizioni del
paziente sono tali da impedirgli di muoversi (specie in funzione
dell’età), il medico è tenuto ad effettuare visite domiciliari;
non certo a fronte di esose parcelle che, spesso e volentieri,
per la prassi invalsa fra taluni provetti evasori, non trovano
riscontro, nella emissione delle relative ricevute fiscali; in
danno, ovviamente, del contribuente onesto.
• è chiaro che l’ambiguo concetto della “non trasferibilità”
lascia adito a unilaterali interpretazioni da parte del medico
il quale, in base alle norme vigenti, solo lui può sentenziare
se il paziente è “trasferibile” o no. Trattasi, evidentemente,
di una norma vessatoria che pone il paziente (specie se anziano
o solo) in una posizione di palese criticità e non lo tutela in
caso di divergenza di giudizio con il medico poco comprensivo.
• ciò, di fatto, alimenta la sfiducia verso taluni comparti del
sistema sanitario nazionale e incrina l’elogiativo giudizio che
doverosamente va tributato a quelle altre meritevoli strutture
(particolarmente ai medici e al personale tutto) che onorano la
Sanità italiana;
• si fa riferimento, infine, al “Rapporto PiT salute” di
Cittadinanzattiva, secondo il quale il medico di famiglia è
l’oggetto di gran parte delle lamentele effettuate al Tribunale
per i diritti del malato. Tale rapporto evidenzia che “… tanti
cittadini, attraverso le loro segnalazioni, restituiscono
un’immagine del medico di famiglia come poco collaborativo e
poco disposto a dedicare tempo ai pazienti ….”;
• le lamentele riguardano, in particolare, la scarsa
disponibilità alle visite domiciliari, la difficoltosa
reperibilità telefonica e le lunghe attese negli studi medici
spesso poco accoglienti e talvolta poco salubri; è sempre
latente il pericolo di eventuali contagi.
In relazione a quanto sopra rassegnato, il sottoscritto - da
cittadino che non ha legami con qualsivoglia organizzazione
settoriale o partitica, che versa allo Stato non poca IRPEF -
oltre che tutti i balzelli diretti e indiretti, nazionali e
locali - e che, quindi, non è ne un evasore ne un elusore -
ritiene giusto, sacrosanto e utile per tutti, chiedere il perché
parecchie leggi italiane nascono talvolta con un comune
denominatore: - scarsa chiarezza e parecchia ambiguità delle
norme.
Nel caso della visita domiciliare, ad esempio, a parte il fatto
che il significato semantico di termini come "paziente non
trasferibile" (alla stregua di un volgare titolo di credito) è
molto vago, improprio e alquanto cretinesco, il responso viene
lasciato in facoltà del medico il quale, "ex cathedra", è il
solo a poter sentenziare se si o se no. E' chiaro che, talvolta,
il medico utilizza tale equivoco significato per sottrarsi
"legalmente" ai suoi sanciti doveri morali e assistenziali -
particolarmente preventivi - e, di riflesso, al giuramento di
Ippocrate. Taluni doveri andrebbero rispettati a prescindere
dalle lacunose o generiche normative vigenti.
Sembra opportuno fare rilevare, infine, che è assolutamente
illogico il presupposto legale che consente al “medico di base”
(pur se consorziato) di avere nella propria lista sino a 1500
pazienti. Non si comprende come possa adempiere con regolarità
ed efficacia ai suoi doveri. Lo sciupio di importanti risorse
pubbliche destinate a finanziare tale sistema, è così eclatante
(specie a fronte di risultati parecchio controversi) che sembra
strano come le Autorità preposte non avvertano il dovere di
intervenire. Appare indifferibile, pertanto, un sostanziale
intervento istituzionale volto a rimediare ad un tale stato di
cose. Sarebbe opportuno, responsabilmente, emanare idonee e più
chiare disposizioni, magari in attesa di modificare,
strutturalmente, la vigente legislazione. Specie a fronte delle
attuali difficili emergenze e per evitare, in prospettiva,
l’aggravarsi di già diffuse e dannose situazioni fuori
controllo.
Sperando che la presente istanza venga autorevolmente e
coscienziosamente presa in attento esame, porgo i miei più
deferenti ossequi.
Acireale, 16 giugno 2020 (Augusto Lucchese)
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