La Costituzione nell’intervista di Ostellino
di Enzo Palumbo
Messina 26.12.2010
Su "Il Giornale.it" dell’antivigilia di Natale è comparsa un'intervista a Piero Ostellino, il quale, evidenziando ciò che di liberale manca a questo centro-destra, e così affermando molte cose che mi sembrano condivisibili sul piano dei principi, ha anche colto l'occasione per sostenere che la nostra Costituzione sarebbe anacronistica e bloccherebbe la realizzazione delle riforme liberali necessarie al Paese.
In particolare, secondo Ostellino, la nostra Costituzione sarebbe "il risultato di un compromesso tra il cattolicesimo dossettiano e il comunismo di stampo sovietico. Una Costituzione che è tutto tranne che liberale, un misto tra collettivismo comunista e corporativismo fascista".
Non condivido questo giudizio, che trovo ingeneroso rispetto ad una Carta che a me sembra invece tra le migliori del mondo, ed il cui impianto complessivo mi sembra tuttora valido ed attuale, salva la possibilità di piccole modifiche di dettaglio.
Ogni volta che si parla di modificarla divento assolutamente diffidente, perché manca nel Legislatore di oggi il così detto "spirito costituente", quello che ha permeato i lavori dell'Assemblea Costituente, sempre centrati sull'interesse generale e sul futuro, piuttosto che sull'interesse di una singola fazione e sull'attualità, com'è invece abituato a fare il Legislatore di oggi.
L'esperienza recente ci ha permesso di constatare che, quando il Legislatore ordinario si è fatto anche Costituente ed ha cercato di modificare la Costituzione, è solo riuscito a peggiorarla (per intenderci, il centro-sinistra con la modifica del titolo V), o ha tentato di peggiorarla senza riuscirci (per intenderci, il centro-destra con la c.d. riforma di Lorenzago, fortunatamente abortita nel referendum confermativo).
La nostra Costituzione non è un mix di collettivismo comunista e di corporativismo fascista, come dice Ostellino, ma trovo che in essa sia confluito il meglio della cultura liberale, socialista e cattolica dell'epoca.
In particolare, trovo che il suo impianto garantista, fatto di pesi e contrappesi, ha una matrice chiaramente liberale e ci ha sino ad ora preservato dalle derive plebiscitarie che sempre si agitano nel corpo di una società, specie in quella italiana, che non ha gli anticorpi tipici delle democrazie più antiche e consolidate.
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