I PARTITI :
un male necessario ?
Stando ai trascorsi ultraventennali ed ai fatti quotidiani,
sembra evidente che in questa derelitta Italia l'infinita
pletora di partiti trasformisti, partitini fisiologicamente
asfittici o da prefisso telefonico, movimenti più o meno
populisti, chiassosi e ambigui raggruppamenti, rappresentano una
palla al piede per il risanamento strutturale e per il rilancio
produttivo della Nazione. Quasi quotidianamente, oltretutto,
essi forniscono un indegno spettacolo di settarietà, di
reciproca preconcetta incomunicabilità, di ingiuriosa rissosità.
Tutto ciò a prescindere dall’inqualificabile disattenzione e
latitanza rispetto ai problemi di fondo che attanagliano la
collettività nazionale.
..
Il Paese è alla deriva (non v’è più alcun settore che funzioni
a dovere), la miseria dei bassi ceti avanza al galoppo,
l’economia è al collasso (mancano, prima d’ogni altra cosa, seri
e risolutivi interventi per alleviare la pressione fiscale), la
spesa improduttiva e gli sciupii miliardari non accennano a
diminuire, il debito pubblico continua inarrestabilmente a
salire, ma l’inveterata tendenza del mondo politico ad impiegare
strumentalmente la tattica dello scarica barili,
tempestando i cittadini con quotidiani sfacciati sproloqui
in politichese (complici la stampa e le televisioni), seguita a
corrodere l’impalcatura della fragile democrazia nostrana, oltre
a confondere le menti dei creduloni in buona fede. Senza dire
della continua atmosfera da campagna elettorale a base di
diagnosi e di terapie ammannite da medici sprovveduti, di
utopistici progetti riformatori, d'illusorie promesse, peraltro
quasi sempre non mantenute.
Per rendersi conto dell’obiettiva gravità della situazione basta
soffermarsi sulle eclatanti continue baggianate poste in opera
da "tecnici" boriosi e inconcludenti (per non dire
incapaci) in materia di fisco e di finanza pubblica (il
significato del termine "equità è ormai ignorato dagli uomini di
Governo e dai burocrati del Ministero addetto) oltre che nel
campo dell’incentivazione del delicato settore dello sviluppo
economico ed industriale. Assistiamo, in aggiunta, al
perpetuarsi di una inqualificabile e perdurante sciatteria che
non permette di varare (forse volutamente o per effetto del
deteriore operato dei burocrati d’alto bordo annidati nei gangli
vitali delle istituzioni) seri provvedimenti volti a restaurare
una sana, snella e utile gestione dell’apparato amministrativo
dello Stato. La preoccupante rilevante disoccupazione (altissima
e intollerabile in campo giovanile) che sta debilitando le fasce
medio basse della popolazione, non è solo conseguenza della
risaputa crisi ma, viepiù, è frutto della diffusa
insipienza dell’apparato politico-governativo.
I Partiti dovrebbero
convincersi e convenire che per tornare ad operare correttamente
secondo i canoni costituzionali non possono più prescindere dal
ripristinare e rispettare i valori essenziali ed etici della
loro funzione e cioè: capacità propositiva, competenza, onestà e
moralità dei quadri dirigenti, rispetto del cittadino e delle
istituzioni. Dovrebbero smetterla, altresì, di ricorrere
ad ogni piè sospinto ai nefasti
accordi di convenienza (eufemisticamente spacciati per "intese") prevalentemente mirati alla
spregiudicata spartizione del potere,
che ha determinato e determina, specie
nell’ambito di Regioni, Province e Comuni, il diffondersi del
caos amministrativo, dell’imperante malcostume, di
sfacciati favoritismi, di pericolosi settarismi affaristici, di
rilevanti sciupii improduttivi, dello spropositato dilatarsi di
taluni organici in funzione di favoritismi, di nepotismi o,
peggio ancora, della caccia al voto. Il tutto,
ovviamente, si traduce nella costante crescita
dell’incontrollato indebitamento che sfalda sempre più la già
rinsecchita quota di risorse da destinare ai servizi collettivi
e allo sviluppo. Senza dire, infine, del proliferare di vere e
proprie “cosche” delinquenziali che s’avvantaggiano, nell’ambito
della pubblica amministrazione, delle più o meno occulte
collusioni di stampo politico o di matrice
burocratico-piramidale .
Per altro verso, è sotto gli occhi di tutti quanto l’
odierna classe politica italiana, pur senza fare di tutta l’erba
un fascio, sia oltremodo improvvisata, impreparata, idealmente e
culturalmente mediocre, priva di senso dello Stato quando non
pericolosamente deficitaria di integrità morale e
comportamentale. Non occorre dilungarsi o esprimere, in merito,
specifici commenti.
La causa va ricercata nell’espandersi a macchia d’olio della
tendenza a considerare la politica una sorta di lascia passare
verso il facile arricchimento, verso l’accaparramento di
prebende, compensi, esenzioni e agevolazioni, privilegi. Gli
ideali dei Padri fondatori della Repubblica, lo spirito di
servizio, l’operosità a vantaggio della collettività, la
dirittura morale e la coerenza comportamentale, la solidarietà
verso le classi povere della società, sono valori che ormai
stentatamente trovano asilo fra gli inquilini dei palazzi del
potere o fra coloro che hanno accesso alle variegate e ben
munite stanze dei bottoni.
Ne consegue che la fiducia dei cittadini nei confronti
della generalità dei politici che rappresentano la pseudo
democrazia italiana (di prima, seconda, terza o …. decima
repubblica che dir si voglia) è ormai pervenuta ad un tale
infimo livello da inficiare pesantemente il rapporto fra
la base popolare e le Istituzioni. E’ scoraggiante rilevare
che, fatte le debite eccezioni, i primi a non rispettare
compiutamente i dettami della tanto magnificata “Costituzione”
sono molto spesso, per non dire frequentemente, proprio coloro
che dovrebbero esserne i portabandiera.
Gran parte degli stessi,
malgrado i consueti previsti giuramenti di fedeltà alla
Costituzione e alla Repubblica, disattendono quotidianamente i fondamentali principi di lealtà,
di linearità, di obiettività. Sono generalmente più
inclini ad osservare ciecamente le direttive (talvolta sotto
forma di “ordini categorici”) dei capi bastone delle strutture
partitiche, parlamentari e consiliari in cui sono intruppati ed
a cui hanno venduto la propria autonomia intellettuale e
decisionale.
In definitiva, il quadro generale espresso dai vertici e
dagli organi rappresentativi dei vari partiti e movimenti, è
tutt’altro che lusinghiero e confortante.
Sarebbe l’ora che il cittadino elettore comprendesse la
sostanziale realtà di cotanto degrado e si ribellasse, pur se
nell’ambito di una civile energica protesta.
Non è concepibile che i partiti (peraltro parecchio
generosamente finanziati con i soldi dei contribuenti onesti),
arrogandosi la funzione di dettare le linee guida della politica
nazionale e quindi delle sorti future del Paese, si siano di
fatto sostituiti e sovrapposti, gradatamente ma quasi
irreversibilmente, ai compiti istituzionali del Parlamento (del
quale controllano ignobilmente ogni atto) e del Governo
continuamente tenuto sottoscacco dall’ormai ricattatorio luogo
comune del “distacco della spina”, alias minaccia di far venire
meno i “numeri” che formano la maggioranza occorrente per la
formale “fiducia”.
E,
per finire, quale giudizio
si può esprimere nei confronti degli
Organi Istituzionali preposti alla delicata funzione di “controllori”, quando essi (non sempre composti, purtroppo, da
insigni e incontestabili personaggi) optano per un atteggiamento di morbida
permissività, adottano la prassi dell’intervento diluito nel
tempo - quasi sempre a posteriori piuttosto che quello dell'immediatezza
- e si crogiolano nella comoda posizione di semplici
spettatori? Di contro, sono molto rapidi quando si tratta di
sancire la “incostituzionalità” di norme restrittive delle
proprie consistenti prebende. Non è il caso, in questa sede, di
approfondire l’argomento, del resto già parecchio
dibattuto dai media.
L’Italia, pur non essendo più
"una espressione puramente geografica", soffre ancora delle
conseguenze del fatto d'essere nata male quale Nazione
forzatamente unificata. Gli italiani, oltretutto, sono ancora da
"fare". Di questo
passo, nessuno sembra in grado di preconizzare il destino
assegnato dal futuro alla Nazione.
10 novembre
2013
Luau
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