Storia.......
Gian Luigi Picchi Andrea De Adamich
-
Alberto Ponno beccati
questa carmè, se non l'hai mai
letta, mettiti comodo e leggiti sta
favola d'altri tempi e di altri
uomini. un abbraccio.
6 ORE DEL NURBURGRING - 12 LUGLIO
1970 CAMPIONATO EUROPEO TURISMO
Gian Luigi Picchi racconta la
leggendaria gara di durata svoltasi
sulla mitica "Nordschleife", il
circuito più bello e difficile del
mondo (Die Grune Hölle - "L'Inferno
Verde" - come lo chiamano non a caso
i tedeschi), al volante dell' Alfa
Romeo GTAm 2000.
Il mio primo contatto con il
circuito di 22 km fu veramente
traumatico, avevo letto di quel
mitico percorso ed ero pronto
all’idea di dover provare molto per
memorizzare la seguenza delle curve,
ma quando entrai con una GTV 2000 di
serie per fare il primo giro pensavo
che nel poco tempo che avevo a
disposizione prima che la settimana
seguente iniziassero le prove libere
e poi le ufficiali con l’auto da
corsa, non ce l’avrei proprio fatta
ad imparare a perfezione tutto il
circuito. Gli appassionati che oggi
volessero rendersi conto di cosa
fosse il Nurburgring possono
trovare, attraverso "YouTube" ad
esempio, diversi filmati e girare
virtualmente a bordo di diversi tipi
di auto. I piu’ fortunati e anche
più determinati possono andare sul
posto con auto propria o anche
noleggiare presso qualche struttura
apposita un’ auto da corsa per
girare sul Ring. Attraverso i
filmati, che io ho visto, avranno sì
la possibilita’ di vedere la
seguenza del circuito, ma non
percepire appieno quanto si salti e
le differenze altimetriche con
tratti che toccano il 20% in discesa
e in salita. Di fatto le auto da
corsa erano praticamente quasi
sempre con una o piu’ ruote staccate
dall’asfalto. Negli anni settanta
non c’erano i guard rail che ci sono
ora e nemmeno i cordoli a bordo
pista. La pista impegnava la vecchia
zona box dove c’era il rettilineo
d’arrivo, tagliato il quale c’era
una curva di ritorno che dopo un
invito a sinistra girava a destra
come un enorme tornantone, e il
nastro d’asfalto passava dietro i
box dove i segnalatori esponevano i
cartelli con tempi e distacchi.
Dopo aver vinto il Campionato
Italiano di formula 3 nel 1969 come
pilota ufficiale della Tecno, ero
stato chiamato a fine anno ad una
selezione dell’Alfa Romeo (insieme
ad altri giovani e meno giovani
piloti) tenutasi a Monza: risultai
il più veloce. Finalmente,
all’inizio dell’estate 1970 fui
convocato a Balocco, per poi
debuttare a Silverstone come pilota
ufficiale Autodelta Alfa Romeo con
la GTAm 2000. Gli appassionati
Alfisti sanno che la sigla "Am" sta
per America. Difatti l’auto da corsa
derivava dalla versione del GT 1750
che negli States era importato con
un impianto di alimentazione ad
iniezione, necessario all'
omologazione per rispondere ai
requisiti di Air Pollution. La GTAm
pesava circa 920/940 kg ed aveva
nella versione di allora circa
205-210 CV a circa 7000 giri con un
utilizzo da 5500 a 7000/7200.
L’auto, per la politica Alfa che
voleva che le auto della squadra
corse assomigliassero per quanto
possibile a quelle di serie, oltre i
parafanghetti passaruote allargati e
la mancanza di paraurti, era
esternamente come quelle di serie.
L’interno conservava la
configurazione originale nel
cruscotto e nella strumentazione, ma
naturalmente aveva tutti gli
apparati per la ricurezza: rollbar,
estintore e staccabatteria. Ma
torniamo dunque all’approccio con il
Nurburgring. Venivo dall’Inghilterra
dove si era corso il sabato. Roberto
Bussinello, che era il direttore
sportivo dell’Autodelta, sapendo
bene che dovevo andare ad imparare
il Nurburgring aveva pregato Toine
Hezemans di ospitarmi a casa sua in
Olanda e di darmi la sua Alfa GTV
2000 in dotazione, di accompagnarmi
alla frontiera tedesca e lì
lasciarmi per proseguire verso il
Nurburgring. Naturalmente Toine si
raccomandò che non gli demolissi
l’auto e di rispettarla il più
possibile.
Era domenica pomeriggio quando
arrivai sul circuito ed era appena
terminata una 24 ore per auto da
turismo, un classico in Germania.
Grazie alla elasticità e praticità
tipica dei tedeschi potei entrare
subito in pista e girare con l’auto
di serie. E qui come dicevo in
apertura il contatto fu traumatico:
mentre io giravo, recuperavano le
auto uscite di strada durante la 24
ore. Vi ricordo che non c’erano nè
guardrail nè cordoli. Di fatto si
vedevano strisciate di gomma
sull’asfalto, solchi sull’erba a
bordo pista, buco nella siepe, buco
nella rete anti-intrusione animali,
albero scortecciato e la coda o il
muso delle auto incidentate. Ne avrò
viste una ventina. Pensavo alla
sicurezza, o meglio all’assenza di
sicurezza. Ma fu proprio la mancanza
dei cordoli ad indicarmi la strada
per imparare rapidamente il
circuito. Infatti là dove mettevano
le ruote le macchine da corsa l’erba
era rasata ed erano quelle le
traiettorie. Questo mi fu
particolarmente utile specialmente
nei curvoni in discesa che portano
al ponticello di Adenau e che si
facevano in pieno di quinta ed erano
tutti senza visibilità. Quel
pomeriggio riuscii, prima che
facesse notte, a consumare quasi due
pieni di benzina e alla fine avevo
già percorso una trentina di giri e,
importantissimo, avevo già
memorizzato almeno l’ottanta per
cento delle curve; chiaramente ce ne
erano alcune che si confondevano, ma
tra segni di frenata sull’asfalto e
pelate di erba si riusciva a capire
come girassero.
Le caratteristiche o se vogliamo i
segreti di pilotaggio del
Nurburgring erano un misto di
concetti di corsa in salita e in
pista. Era importantissimo ad
esempio sacrificare leggermente
alcune entrate per poter accelerare
prima possibile, trovando in uscita
salite al 15% che, se lunghissime,
avrebbero fatto perdere tempo
prezioso se si fosse usciti da
queste curve anche soltanto con 200
giri in meno. Naturalmente in
velocità a volte non si ha la
percezione delle pendenze ed è per
questo che il giovedì prima della
gara con gli altri della squadra
facemmo un mezzo giro del circuito a
piedi. In alcuni punti di discesa si
faceva fatica a stare in piedi. Uno
in particolare, all’ undicesimo
kilometro circa, che per poco in
gara non costò la vittoria mentre
ero alla guida dopo che de Adamich
al primo turno mi aveva consegnato
l’auto in prima posizione. Ma di
questo vi narrerò dopo. Un altro
punto saliente era il famoso
Karussel. Il primo dei due.
Dimenticavo di dire che il Ring, per
coloro che non lo sanno, era il
percorso di collaudo dei mezzi
dell’esercito tedesco tra le due
guerre, ed è per questo che le
caratteristiche sono di una strada
tormentata da saliscendi continui e
dossi.
Dicevo il Karussel, una curva a
sinistra a circa due terzi della
pista con fondo in cemento a
lastroni (anche nei video si riesce
a distinguerla) e con una forte
inclinazione all’interno, come una
curva sopraelevata. Entrandoci con
l’auto da corsa questa andava tutta
a tampone e quindi gli scuotimenti e
i sobbalzi sulle connessioni si
ripercuotevano su tutta la scocca e
per il pilota fino al casco, è qui
uno dei segreti del Nurburgring che
mi fu insegnato da Andrea. Il punto
nodale è l’uscita dal Karussel,
infatti dopo c’è un lunghissimo e
fortemente pendente tratto in
salita. Dalla curva, che si prendeva
in seconda se non ricordo male, se
si esce troppo in ritardo chiamando
troppo la macchina a sinistra si
perdono due o trecento giri che,
portati per tutto il salitone
seguente, ti possono far perdere, a
seconda della macchina che si guida,
anche un secondo e più. Se si esce
in anticipo, troppo a destra quindi,
l’auto, che in uscita perde contatto
con l’asfalto, decolla ed esce fuori
strada sulla destra. Bisognava
uscire al punto giusto dunque, e
questo lo potevi intuire dai segni
di gomma sul cemento in uscita del
carousel e su quelli di …atterraggio
sull’asfalto all’uscita. Se avrete
la fortuna di andare al vecchio
Nurburgring capirete la sensazione
che è fortissima. Anche con un’auto
di serie.
-
Alberto Ponno Un
altro dei segreti del Ring, e questo
me lo insegnò Hezemans, è che
percorrendo il lunghissimo
rettilineo - lungo circa un km e
mezzo - che precede la zona del
vecchio arrivo delineato da due alte
siepi, una per lato, impegnando la
curva d’ingresso del dritto
bisognava osservare le piante in
alto e capire da dove tirasse il
vento. Se tirava da destra era
necessario percorrere il rettilineo
accostandosi a destra a ridosso
della siepe, se tirava da sinistra
accostarsi da quel lato. Pensate un
po’, si potevano perdere quasi dieci
kilometri di velocità massima
camminando nel lato sbagliato.
Moltiplicateli per tutta la
lunghezza del dritto ed avrete la
sensazione di quanto si potesse
perdere sul tempo in un giro. Un
altro dei punti a rischio del
circuito era la curva di immissione
a questo rettilineo, chiaramente in
molti punti della pista le
condizioni erano queste che vi
illustrerò, ma questa va citata
perchè è legata ad un episodio di
qualche anno prima che riguarda
Nanni Galli e così mi fu narrato dai
meccanici.
Dunque in quel punto si scollina in
curva, in sintesi si arriva molto
forte, curva a destra con cambio di
pendenza proprio in corda, la
macchina tende a decollare, quindi
bisogna alzare in quel punto il gas
per far aderire l’avantreno, pena
l’uscita di strada. Allora era
successo che Nanni Galli, questo mi
narrarono, uscito per un giro di
prova non era rientrato ai box;
quindi l’ing. Chiti mandò fuori una
macchina con i meccanici (allora non
c’erano collegamenti radio), che
compiuto un giro intero tornarono
dicendo di non aver trovato Nanni
Galli e non c’era traccia della
macchina (una GTA 1600). Di nuovo
fuori a girare piu’ lentamente,
cercando magari un punto di una
ipotetica uscita di strada. Altro
giro e dell’auto non c’era traccia.
Nuovo giro, finalmente trovano Nanni
a piedi sul rettilineo. Era successo
che alla famosa curva di immissione
piedone Galli non aveva alzato il
gas e l’auto, decollata sopra le
reti di protezione, era andata ad
infilarsi nel bosco tra i rami degli
alberi, ma senza gravi danni e con
il pilota illeso. Soltanto dopo un
po’ di tempo era riuscito a scendere
dalla macchina e ancor più tempo
aveva impiegato a trovare un varco,
rientrare a piedi in pista e
finalmente farsi trovare dai
meccanici. Anche questo era il
Nurburgring.
Arriviamo finalmente alla gara: era
stato deciso che avrei affiancato
Andrea de Adamich sulla seconda
macchina. La prima era per la coppia
Hezemans - Nanni, Toine era in testa
al campionato che poi avrebbe vinto.
C’erano poi altre due GTAm, una
delle due era pilotata da due piloti
tedeschi invitati ed indicati
dall’Alfa Germania. Era consuetudine
dell’Autodelta premiare i migliori
clienti sportivi delle diverse
nazioni dove si correva il
campionato europeo. Risalii dunque
sulla GTAm dopo il primo contatto a
Silverstone, dove ero arrivato sesto
per somma dei tempi sulle due
manche. Io venivo dalle monoposto, e
sulla pista inglese compresi che
mentre un’auto da corsa di formula
il pilota la mette a punto secondo
le proprie caratteristiche di guida
agendo sulle varie regolazioni di
assetto, questo in una macchina da
turismo non è possibile fino in
fondo. Il pilota deve adattarsi alle
caratteristiche strutturali di
un'auto che viene dalla serie, che
malgrado tutti gli irrigidimenti e
gli accorgimenti di assetto
corsaioli manifesta pur sempre un
comportamento di fondo che è un
compromesso. Ma Silverstone di
allora, senza varianti e
velocissima, non mi aveva concesso
di sperimentare tutti i
comportamenti della vettura. E’ al
Nurburgring che la presi in mano
veramente affrontando tutti i tipi
di curve che vi si trovano. La GTAm
aveva 200 e passa cavalli, che oggi
possono sembrare pochi, ma in
relazione alle gomme di allora erano
abbastanza impegnativi specialmente
per la forte coppia del motore, e
questo si avvertiva nelle curve
molto lente. La vettura tendeva
decisamente al sovrasterzo e quindi
per arrivare ad uno sfruttamento
razionale era necessario dosare
attentamente il gas per non perder
troppo tempo in accelerazione. Il
comportamento poi cambiava in
velocità, la macchina tendeva ad
alzare la ruota anteriore interna ed
ad appoggiarsi sulla posteriore
esterna, cominciando a scarrocciare
a volte a strappi. In frenata poi il
peso si faceva sentire a tal punto
che nelle staccate più impegnative
ci si aiutava oltre che con le marce
anche mettendola di traverso in
sbandata controllata. La vettura poi
rollava molto e nelle frenate decise
alzava il posteriore determinando a
volte un leggero serpeggiamento, ma
malgrado queste caratteristiche era
sicuramente la macchina più veloce
in curva rispetto alla concorrenza.
-
Alberto Ponno Arriviamo
finalmente alla partenza della gara,
di sei ore. Il primo turno di guida
ad Andrea, il centrale a me, il
conclusivo ancora a de Adamich. La
macchina di punta di Hezemans -
Nanni, con alla guida Toine, esce di
strada al ponticello dopo il secondo
rettilineo dei box; de Adamich va in
testa alla gara e allo scadere della
seconda ora entra ai box per il
rifornimento e cambio guida. Vi
lascio immaginare il mio stato
d’animo e la grande responsabilita’
di mantenere la posizione di testa
alla mia seconda presenza in
Autodelta, al Nurburgring poi, e
avendo come compagno Andrea de
Adamich! Avevo 22 anni ed ero il
baby della squadra. La stessa
apprensione la lessi nelle facce di
tutta l' equipe. Cominciai il turno
di guida consapevole di quello che
c’era in gioco in termini di
punteggio nel campionato, adottando
una condotta di gara atta a non
sfruttare appieno la meccanica,
tirando ad esempio in discesa 200
giri meno del regime massimo e
badando quando era necessario a non
superare mai i 7000, veloce nelle
cambiate ma mai brutale specialmente
in scalata. Era questa la logica per
portare a casa il risultato in una
gara di durata. Diverso sarebbe
stato due settimane dopo quando
vinsi a Zandvoort, ove chiesi alla
mia GTAm tutto quello che poteva
darmi in termini di prestazioni pur
nel pieno rispetto della meccanica,
gestendo la gara a suon di giri
veloci per tutte le due ore della
corsa. Ma questo ve lo racconterò
alla prossima occasione.
Malgrado non stessi sfruttando al
massimo la vettura, alla conclusione
del secondo giro del mio turno mi
segnalano che sto guadagnando sugli
inseguitori. Ottimo! Posso
continuare con questo ritmo pensando
a non deconcentrarmi e a non fare
errori gratuiti. Dopo circa un’ora
di guida mi accingo a doppiare una
BMW in un punto del circuito molto
impegnativo dal punto di vista della
guida. E’ un tratto di pista dove ci
si immette in terza piena con una
curva a destra, per poi mettere
quarta e quinta in un tratto di
discesa vicino ai 20% di pendenza,
dove si raggiungevano con la GTAm
circa 220/230 km orari; la strada
risale poi girando a sinistra con
una semicurva da fare sempre in
pieno: qui la pista ha una
fortissima pendenza e alla fine del
breve tratto rettilineo in salita
c’è una curva a sinistra da seconda
marcia. Ebbene, la caratteristica di
quel tratto è che, a causa della
velocità e della curva sinistrorsa
in risalita, il piede
dell’acceleratore non si riusciva ad
alzarlo a causa della centrifuga se
non appena in tempo per poggiarlo
sul pedale del freno e decelerare,
scalando da circa i 220/230 km orari
tutte le marce fino alla seconda,
per la curva a sinistra di 90 gradi
da fare a non piu’ di 70 km orari.
Insomma, mi trovo davanti questa BMW
che andava a circa 40 km meno della
mia velocità e la raggiungo; nel
doppiarla, prima di riuscire ad
alzare il piede dall’acceleratore,
sono costretto all’interno del
tracciato ad una velocità che è
quella di ingresso dal lato esterno,
affiancando il doppiato proprio nel
momento della frenata e della
scalata. Sto entrando nella curva a
sinistra da seconda ad una velocità
che mi porterà fuori strada, con
tanti saluti alla prima posizione e
alla mia futura permanenza in
Autodelta, pensai in quel momento.
Entriamo in curva affiancati, mi
appoggio alla fiancata della
macchina tedesca, la urto
violentemente, il tedesco vola fuori
strada ed io rimango miracolosamente
in pista. La fortuna ha voluto che
lo colpissi con i parafanghetti
allargati della mia Alfa Romeo
proprio all’altezza dei suoi
passaruota, e mentre lo sfortunato
se ne andava per boschi io
continuavo indisturbato con i segni
sulla carrozzeria e con i residui di
vernice dell’altro.
Ho ancora vivissimo il ricordo di
quando, transitando davanti ai box,
vidi l’Andrea che con la mano destra
sulla fronte scrutava la nostra
macchina cercando di capire cosa
fosse successo, e lo vidi riapparire
sul retro insieme a tutti e
meccanici con lo sguardo fisso sulla
fiancata destra della GTAm. Ma le
corse sono così, il risultato non è
mai sicuro fino alla bandiera a
scacchi, e in quel caso la fortuna
dette il suo contributo. Finito il
turno di guida rientrai ai box per
il rifornimento e per cedere la
guida al mio coequipier. Per
guadagnare tempo ci si slacciava le
cinture a sei punti con tutte e due
le mani e si teneva dritto il
volante nella corsia di
decelerazione alzando la gamba. I
meccanici si erano raccomandati che
rientrando dovessi lasciare il
pedale del freno un attimo prima di
fermarmi per non bruciare le
pastiglie; così come mi avevano
avvertito, alla partenza dai box
all’inizio del turno, di testare con
il piede sinistro il pedale del
freno per verificare l’assenza di
vapour look. Accorgimenti essenziali
nell’economia di gestione delle gare
di durata. I meccanici Autodelta nel
tempo del cambio di guida avevano
rifornito e verificato i livelli,
veloci ed efficienti come al solito.
Avevamo la piu’ organizzata e
motivata squadra di tecnici di pista
di tutti i team ufficiali
dell’epoca. Inoltre la direzione
sportiva di Roberto Bussinello e
quella tecnica di Siena e di
Marelli, arrivato in seguito, davano
alla squadra tutta una fiducia e
sicurezza che è una componente
importantissima nelle competizioni
automobilistiche. Passai la guida ad
Andrea de Adamich che concluse la
gara mantenendo la prima posizione.
Avevamo vinto la sei ore del
Nurburgring".
-
Alberto Ponno ragazzi
è un po' lungo, ma vivrete un
esperienza!!!
-
Claudio Villa Splendido!
Ho letto le prime due parti, poi mi
sono cpiato/incollato tutto!
Sono cose che mettono la voglia!
-
-
Salvatore Papa Mamma
mia....altro che lungo....con questi
racconti sembra di essere seduti in
macchina con loro....ho la pelle d'
oca.....altro che perdita di
memoria, SIETE MITICIII!!!! e ditemi
se questa non è STORIA, CarissimiAlberto
Ponno e Gian
Luigi Picchi.....queste " cose"
le dovrebbero far studiare a scuola!
GRANDIIIII
-
Alberto Ponno eh
eh eh, caro salvatore, i racconti di
gian luigi sono speciali e si
riferiscono a nomi oramai mitici per
i cultori specie dell'alfa romeo. Un
abbraccio
-
Salvatore Papa speciali?????
DA BRIVIDIIII. ...non vi sminuite,
siete UNICI! I Vostri racconti sono
la Bibbia dell'automobilismo....si
possono rileggere migliaia di volte,
specialmente Noi dal cuore sportivo!
-
-
-
|