Fiumedinisi Project: i soldi americani e le istituzioni italiane
Pietro Villari
2008-12-01
Gentile Redazione,
scrivo nella qualità di direttore degli scavi nell’ambito di un progetto di ricerca statunitense a Monte Belvedere di Fiumedinisi, area archeologica siciliana di eccezionale interesse scientifico. Ormai noto a livello internazionale quale “Fiumedinisi Project”, il programma ha progressivamente coinvolto a vario titolo numerosi colleghi Americani ed Europei appartenenti a vari settori delle discipline applicate alla moderna ricerca archeologica, in buona parte svolte con metodologie e strumentazioni sino ad oggi mai impiegate in Sicilia. Cio’ nonostante, ci troviamo in una situazione che non possiamo sostenere oltre, schiacciati da una parte dalla irresponsabile assenza delle locali amministrazioni comunali e dell’intera classe politica siciliana; dall’altra la Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Messina, le cui attività avrebbero dovuto essere commissariate già da diversi anni e che di tutto ha sinora tentato per farci desistere dal continuare nel nostro impegno, sino a richiedere la revoca della concessione di scavo triennale. Non possiamo quindi biasimare i nostri finanziatori privati statunitensi, che compresa la situazione si sono dileguati assieme al loro milione di dollari, all’entusiastica proposta di acquistare l’intera area per costituire un parco archeologico, di sostenere la ricerca scientifica, e collaborare con le Istituzioni per creare un importante centro di attività turistiche. Di fatto, la nostra opera benefattrice e’ stata progressivamente soffocata dai meccanismi che determinano e regolano il locale degrado sociale, da una serie di eventi anomali verificatisi in relazione all’esistenza nel territorio di un “sistema” di stampo criminale che controlla e spesso tende alla diretta gestione anche delle attività d’interesse culturale. Per quanto possa sembrare incredibile, il quadro e’ questo: un gruppo di studiosi internazionali si trova alla mercé di un sistema criminale (“white collar crimes”) gretto e arrogante nella sua provata certezza di impunibilità. Lo diciamo per esperienza: queste consorterie non hanno nulla da invidiare, se non addirittura peggiori, a quelle presenti nella maggioranza degli Stati del cosiddetto Terzo Mondo. Qualcuno, forse mosso da un rigurgito di pietà, ci ha in via amichevole consigliato di cospargerci il capo di ceneri e ammettere pubblicamente la nostra colpevolezza, ripudiando il nostro sistema di ricerca totalmente esente da scelte politiche clientelari, incompatibile con il meccanismo degli appalti pubblici che oggi regolano gli scavi archeologici siciliani, tutti gestiti dalle locali Soprintendenze. D’altronde, cosa ci si può aspettare da un ambiente ove gli esempi eroici sono rappresentati da casi come quello, purtroppo noto ai colleghi dell’Italia Settentrionale, di quei dirigenti del Servizio Archeologico della Soprintendenza di Messina, tra cui una pluripregiudicata, i quali anziché essere garantiti al regime carcerario, sono stati temporaneamente trasferiti (firmatario il ministro Rutelli) a soprintendere ad alcune importanti regioni del Nord Italia. Facevano parte di una cinquantina di personaggi (funzionari, politici, imprenditori, professionisti) elencati in una ben circostanziata informativa di reato inoltrata alcuni anni or sono al Tribunale di Messina da un nucleo speciale della Guardia di Finanza. Altri loro colleghi sono ancora ben saldi nelle loro poltrone e anzi qualcuno è anche avanzato di grado nell’assoluta locale omertà e connivenza. E’ questo l’ambiente innanzi al quale stiamo soccombendo. Ringraziando per l’ospitalità, invio i più cordiali saluti.
Pietro Villari
Direttore degli Scavi dell’Universita’ della South Florida a Fiumedinisi
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