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LE DIFFICOLTA’ DEGLI EXTRACOMUNITARI AD INTEGRARSI IN ITALIA
 


Per sfuggire a guerre, schiavitù, fame, molti migranti raggiungono il nostro Paese in cerca di una vita migliore.
Vogliamo raccontare la storia di un ragazzo extracomunitario a cui attribuiamo un nome di fantasia: Robertino, statura minuta, agile e sempre sorridente; viene dallo Sri Lanka e ha 26 anni. Nel suo Paese era maestro di karate e studiava all’università, parla l’inglese e un po’ di italiano.
Robertino è di religione cattolica, praticante, onesto, un curriculum vitae di tutto rispetto. Per queste sue qualità e per l’intercessione di un insegnante dell’Università Popolare di Acireale, dove egli frequentava un corso di lingua italiana per stranieri, aveva trovato lavoro in una impresa edile come manovale in prova. Robertino era contento della sua nuova occupazione, anche se si trattava di un lavoro per lui pesante a cui non era abituato, ma pensava di potersi sistemare qui da noi e di poter mandare del denaro ai suoi genitori per sostenerli.
Robertino aveva il permesso di soggiorno, la residenza e la carta d’identità italiana. L’impresa dove stava lavorando apprezzava molto il suo impegno e lo voleva assumere mettendolo in regola.
La legge italiana stabilisce che l’extracomunitario, per essere ingaggiato, deve presentare un certificato, che rilascia l’ASP (Azienda sanitaria provinciale), in cui risulti che l’abitazione dove risiede il richiedente abbia i requisiti minimi di decenza.
Robertino viveva ad Acireale e divideva con altri due extracomunitari un piccolo locale interno, angusto, in fondo ad un vicolo cieco non illuminato (affitto in nero di euro 300 al mese cadauno). Come poteva fare il ragazzo ad ottenere la certificazione di abitazione “decente”, visto che il monolocale dove abitava aveva un piccolo lavandino, un gabinetto e non c’era neanche l’acqua calda?
Ora, dato che la legge italiana è “uguale per tutti”, perché richiedere questo tipo di
certificazione agli extracomunitari, se agli italiani non viene richiesta?
Robertino non perde il suo sorriso; è ottimista e ci dice che, anche se non ha ottenuto il certificato di abitazione decente, potrà sempre lavorare qui in Italia in un ristorante come lavapiatti e pulitore dei locali (12- 13 ore di lavoro al giorno in nero per 400 euro al mese), in attesa di trovare un alloggio migliore, pardon, “decente”.
 

Salvatore Cifalinò


 

 


 

 

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