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ETNA 1982

L’essermi casualmente imbattuto in un'oasi di pace e di serenità, lontano dai disagi e dal frastuono della  città, era motivo di grande appagamento. La volontaria scelta di un sostanziale isolamento, rappresentava, in quel momento, un efficace antidoto contro il perdurante malessere dello spirito, ancora turbato dal riaffiorante frequente riferimento a persone e avvenimenti che avevano causato le trascorse cocenti traversie. Ero ben consapevole, in ogni caso, di dovermi cimentare con una diversa esperienza esistenziale densa di nuove, varie e faticose incombenze, solo in parte attutite da una dimensione di vita più razionale e, per molti versi, più ripagante. Non potendo cancellare di colpo il passato, cercavo, con ogni mezzo, di riacquistare fiducia in me stesso, anche sforzandomi d’essere più accondiscendente nei riguardi di quel “prossimo” che m'aveva tanto profondamente deluso. 
La comoda abitazione, una graziosa villetta ubicata in uno dei ridenti e lindi paesini abbarbicati sulle falde dell’Etna, era molto funzionale e accogliente. Dalle ampie terrazze lo sguardo poteva  agevolmente spingersi sul vasto e incomparabile orizzonte della riviera ionica, da Acitrezza a Riposto, spaziando verso Taormina ed altri paesi rivieraschi del messinese, sino a posarsi sulla prospiciente costa calabra che, nei giorni di sereno, sembrava fosse quasi a portata di mano.

Adagiata sul declivio di una verdeggiante collina, sovrastante la Chiesa parrocchiale della borgata, la villetta era circondata da una rigogliosa vegetazione, con parecchi alberi d’alto fusto e da frutto. Diffuse e variegate piante di fiori, rose, margherite, gelsomini, a primavera ricchi di germoglianti boccioli, ornavano e arricchivano le inferriate e le aiole che affiancavano i vasti e funzionali spazi esterni.

A nord,  superbo e maestoso, si stagliava lo scenario della "montagna" che, data la sua relativa vicinanza, incuteva quasi un istintivo timore, non privo di un reverenziale senso di rispetto. Era palese la grandiosità delle sue dimensioni, chiaramente evidenziate dal profilo degli scoscesi costoni che ne stagliavano il profilo, dall'armonioso andamento della sua linea proiettata verso le alte quote, linea culminante con la bocca sommitale del cratere centrale,  dalla sinuosa linea dei pittoreschi fianchi degradanti verso le basse quote e verso il mare.

Il trovarsi a stretto contatto visivo, quasi tangibile, col possente e imprevedibile “Mongibello” (il mitico “Efesto” dei Greci),  nonostante le sue ricorrenti e talvolta violente impennate, non comportava alcun rilevante stato d'ansia o, tanto meno, alcun timore o paura.

La leggenda, la storia, la scienza, oltretutto, hanno da sempre espresso bonari giudizi, più o meno rassicuranti, sul comportamento del vulcano e si può convenire che, tutto sommato, non è per niente sbagliato definirlo, magari con un pizzico d’orgogliosa affettuosità, il "gigante buono".

Tale giudizio, però, ove si considerino i pericolosi colpi di coda o le distruzioni che arreca quando va su di giri,  non va inteso, tuttavia, quale generoso o  blando verdetto d’assoluzione. Qualche peso sulla coscienza c'è l'ha, e come!

La solitaria vetta (circa 3675 metri s.l.m.) è attorniata da grandi e piccoli crateri di cui alcuni, di più recente formazione, sono spesso teatro di consistenti colate laviche o di violenti parossistici fenomeni vulcanici.

Ad alta quota presenta un aspetto scosceso e desertico, da paesaggio lunare. 

Occorre portarsi più a bassa quota perché la nera e spesso fumante “montagna” assuma connotati meno aspri, tali da creare spettacolari scenari, stupende fusioni di paesaggi in cui mirabilmente si fondono montagna e mare, quadri d'insieme forse unici al mondo. 

In tempi antichi, attorno al vulcano si sono formati vastissimi, folti e rigogliosi insediamenti boschivi, pinete e castagneti, frutteti e vigneti, fonte di ricchezza e di rinomati prodotti che alimentano il commercio e l’artigianato locali.

Numerose falde acquifere, in gran parte alimentate dallo scioglimento delle immacolate nevi d’alta quota, forniscono al comprensorio etneo enormi quantitativi d’acqua potabile, incontaminata e di pregiata purezza.

Dai vicini centri abitati, è facile raggiungere le zone d'alta quota in cui la candida coltre nevosa offre al turismo, nei mesi invernali, ameni luoghi di svago e attrezzati campi da sci.

Il susseguirsi di paesaggi d’inusitata bellezza, appaga lo spirito del visitatore nostrano e, particolarmente, dei molti turisti stranieri.

Le popolazioni dimoranti e operanti nel vasto comprensorio etneo, traggono da tutto ciò lavoro e benessere economico. Sono popolazioni coraggiosamente insediatesi, nei secoli, fra rocciosi siti impervi, riuscendo a bonificarli, a renderli produttivi, a trasformarli in fertili terreni, incuneati fra verdeggianti declivi e vallate.

Lungo il perimetro di oltre 180 Km. si può infine notare, quasi nettamente, la differenziata natura geologica delle aree vulcaniche rispetto ai limitrofi territori di natura sedimentaria. 

Il “gigante buono”, in conclusione, è stato fonte, nel tempo, di un prezioso apporto alla economia della zona,  determinando e rinvigorendo, oltretutto, la particolare fertilità del suolo che ha contribuito alla formazione delle straordinarie caratteristiche di produttività delle vaste zone dell’agro etneo, come detto coltivate a vigneti e frutteti. 


Fleri - 1982 - LUAU

 

 

 

Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»  Via Lavina, 368 – 95025 Aci Sant’Antonio
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