LA CONFERENZA DI GINEVRA SUL DISARMO
Il 2 febbraio 1932 iniziava la Conferenza di Ginevra sul disarmo
(nella foto). Per comprendere le forti preoccupazioni del
governo italiano per le tensioni in Europa, bisogna fare due
passi indietro e tornare alla "Conferenza Navale di Londra" nei
primi mesi del 1930, nella quale le 5 maggiori potenze navali
(Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Giappone e Italia)
dovevano fissare una proporzione delle rispettive forze e i
livelli massimi di tonnellaggio delle flotte militari. La
delegazione italiana mise in evidenza l'inutilità di fissare
rapporti di forza se non prima si fosse giunti ad una reale
diminuzione generalizzata delle forze in campo. Pretese quindi
che ognuno diminuisse il potenziale bellico, condizione
essenziale per giungere ad una reale riduzione degli armamenti.
La posizione italiana mise in serio imbarazzo la Francia, sempre
poco incline ad una seria politica di disarmo, al punto che si
rese responsabile del fallimento della conferenza, come fu
riconosciuto anche da Londra. In effetti la "Politica di
sicurezza" francese si basava, al contrario, sulla forza
dissuasiva degli armamenti contrapponendosi alla politica del
governo di Mussolini che si basava invece sulla volontà di pace
basata sul disarmo e l'uguaglianza politica e giuridica di tutti
gli Stati, vincitori e vinti. Fu in quel frangente che il nostro
governo alzò i toni per denunziare i sostenitori della "Pace
armata". Seguì poi l'assemblea di Ginevra del 1931 nella quale,
in attesa della conferenza del 1932, Mussolini propose almeno
una tregua nelle spese militari, in conseguenza alla crisi
economica del 1929 che aveva colpito tutti indistintamente. La
proposta fu accolta (pur lasciando alla Francia una superiorità
di 40 mila tonnellate di navi da guerra moderne) e il 1 marzo si
decideva di rimandare di 5 anni la soluzione del problema. Il
governo inglese di Mac Donald fu molto soddisfatto, tanto che
puntò su un fronte italo - britannico in materia di disarmo. Ma
la Francia avanzò altre pretese che furono respinte sia
dall'Inghilterra che dall'Italia per cui l'accordo dell'1 marzo
fece naufragio. Anche la Conferenza del 1932 si concluderà con
un totale fallimento. Si manifestò chiaramente come la Società
delle Nazioni non era altro che un feudo anglo-francese. La
tranquillità in Europa richiedeva di smussare le divergenze
derivanti dall'ostinata inflessibilità della Francia, ma anche
dell'Inghilterra, di applicare rigidamente quel trattato di
Versailles che non lasciava scampo ai vinti in materia di
riparazioni e debiti di guerra. Le tesi di Mussolini di parità
giuridica degli armamenti, di eguaglianza dei diritti tra tutte
le nazioni divenne utopia e si aprì cosi la strada alle
micidiali rivendicazioni tedesche.
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