
Commissione
parlamentare d’inchiesta sulle Banche.
Pungenti
riflessioni.
Corre l’anno di grazia 2017 ma sembra che dalle parti del
Parlamento italiano il tempo si sia fermato a qualche lustro
addietro.
Il varo della Commissione d’inchiesta sulle Banche (o sul
sistema creditizio e finanziario più in generale, ivi compresa
la CONSOB) è stato deciso con molto ritardo. Peraltro a fronte
di multiformi dubbi e incertezze.
Se le Istituzioni democratiche della Nazione avessero funzionato
a dovere (senza condizionamenti lobbistici, di gruppi di potere
o degli inaffidabili Partiti politici) detta Commissione
d’inchiesta avrebbe dovuto essere istituita già negli anni ‘90,
quando a vario titolo regnavano i vari Amato, Ciampi,
Berlusconi, Dini, Prodi e non ultimo l’amletico D’Alema. Erano
gli anni in cui non s’era ancora spenta l’eco di Craxi, di De
Mita, di Andreotti, di Forlani, mentre sull’ambito trono di
Governatore della Banca d’Italia s’erano succeduti lo stesso
Ciampi, Fazio e Draghi. Peraltro, sia Ciampi che Dini avevano già
ricoperto, dal 1978 al 1994, l’incarico di Direttore Generale
della importante, complessa e autonoma struttura cui è demandato
il compito di sovraintendere e vigilare sul sistema bancario
nazionale. La storiella tutta italiana del controllore
controllato è sempre presente.
In quel grave e turbolento periodo istituzionale, politico ed
economico, i sintomi della latente crisi del comparto creditizio
italiano c’erano tutti ed erano già abbondantemente palesi.
Sembra però che si fosse optato per una linea di
sottovalutazione della dilagante epidemia di malgoverno del
sistema, nascondendo i più o meno preoccupanti accertamenti
sotto il manto protettore della burocrazia e della adusa tattica
del rimpallo di compiti e responsabilità. Fu adottato, più che
altro, il sistema del “vivi e lascia vivere”, sia in relazione
al ventilato pericolo della perdita di fiducia nei riguardi del
sistema bancario che in funzione, forse, della paura dei famosi
scheletri che sarebbero potuti venire fuori dagli armadi di
molti insigni personaggi pubblici e del mondo della finanza
dell’epoca.
E’ facile risalire alla stampa e all’editoria di quegli anni,
oltre che alle informazioni televisive, stracolmi di caustici
reportage, di circostanziate segnalazioni degli addetti ai
lavori, di denunce di presunti truffati, di disfunzioni
gestionali, di pubblicazioni che più o meno obiettivamente
ponevano in evidenza fatti emergenti, magagne, connivenze.
Da quando i partiti, irresponsabilmente e per giochi di potere
territoriale ed elettorale (talvolta con il tacito assenso delle
competenti autorità di controllo), hanno incuneato i propri
adepti, magari impreparati, arrivisti e faziosi, nei posti
chiave dei vari Consigli di Amministrazione degli Istituti di
Credito e delle Fondazioni bancarie, un modus operandi niente
affatto affidabile e men che meno trasparente, s’è impadronito
del sistema creditizio.
Da più parti s’asserisce che il gravoso attuale ammontare dei
crediti in “sofferenza” (è risaputo che trattasi di diverse
centinaia di miliardi di euro, ben superiore di tre volte
rispetto alla media europea) che asfissiano e deprimono la
funzionalità gestionale di un po’ tutti gli Istituti di Credito,
non è solo conseguenza della lunga “crisi economica” ma è frutto
delle molte e spesso rilevanti concessioni di fido elargite a
fronte di “interferenze”, “segnalazioni”, “pressioni
inopportune” esercitate dal mondo politico attraverso i propri
“referenti” inseriti nei gangli decisionali degli Istituti
eroganti.
Da quest’ultima considerazione potrebbe anche scaturire il
perché la “vigilanza” della Banca d’Italia, oggi pesantemente
tirata in ballo e portata sul banco degli accusati in uno alla
consorella CONSOB, non ha funzionato a dovere nel rispetto delle
norme vigenti, pur se impoverite e rese meno incisive dalle
molte “riforme”, non sempre ben coordinate, che hanno alquanto
stravolto la legislazione di base datata 1936.
Le “crisi bancarie” antiche e recenti sono state tante
(dall’Ambrosiano del 1982 a Banca Etruria, Banca Marche,
Popolare di Vicenza, Veneto Banca, del recente periodo
2014-2016) e, in tempi più lontani, hanno anche riguardato varie
testate prestigiose quali, ad esempio, il Banco di Napoli, il
Banco di Sicilia, la Sicilcassa, la Carige. La più grave, la più
lunga, la più costosa per l’Erario, è stata, in ogni caso,
quella che riguarda la più antica Banca italiana e, si dice, la
più longeva del Mondo (1472), il Monte dei Paschi di Siena.
Iniziata già nel 2002, a seguito dell’improvvido acquisto della
Banca 121 (ex Banca del Salento) e quindi dei prodotti bancari
tossici denominati My way e Four you dalla stessa diffusi, ebbe
a complicarsi parecchio nel 2008 per l’altrettanto improvvido
acquisto della Banca Antonveneta (9/miliardi) dal Gruppo
spagnolo Santader che pochi mesi prima l’aveva inglobata al
costo di 6/miliardi. La debacle del Monte Paschi è tuttora
presente e pare che abbia arrecato un complessivo danno di circa
64/miliardi di euro. Quanto le influenze politiche abbiano
pesato su questo disastro è ancora tutto da accertare e non sarà
certo un compito facile per la citata Commissione d’inchiesta.
Anche la Magistratura, in merito ai processi in itinere, non ha
dimostrato incisività e rapidità.
Le esperienze di cui sopra avrebbero dovuto mettere in allarme a
tempo debito innanzi tutto gli organi di vigilanza della Banca
d’Italia e della CONSOB (ciascuno per la propria sfera di
competenza) e, quindi, il sistema istituzionale, il Parlamento.
Il fenomeno, invece, dopo avere bruciato enormi ricchezze, dopo
avere danneggiato moltissimi risparmiatori, dopo avere
polverizzato oltre il 13% del PIL nazionale, dopo avere
contribuito a bloccare parecchie iniziative di investitori e
operatori economici (piccoli e grandi), piuttosto che essere
circoscritto e disarticolato, è divenuto endemico e minaccia di
travolgere in un effetto domino, ove non si corra efficacemente
ai ripari, parecchi altri Enti creditizi, anche di rilevante
importanza..
A nulla valgono, oggi, le filippiche di improvvisati o
interessati censori al grido di “chi è responsabile deve pagare.
Quando i buoi sono scappati è inutile chiudere gli steccati o
cercare il capro espiatorio. Anche perché le colpe, se tali sono
o sono state, coinvolgono un po’ tutti, specie moralmente, anche
i signori parlamentari che solo di recente hanno decretato
l’opportunità di istituire la Commissione dì inchiesta di che
trattasi. Chissà se essa, fra l’altro, approderà a concreti
risultati o sarà, come spesso accade in Italia, una ulteriore
“incompiuta”.
13 novembre 2017
Luau

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