LA CINEMATOGRAFIA
IN SICILIA:
ORIGINI E SVILUPPI
di Ignazio Burgio.
Ancor prima che i Fratelli Lumière dessero la prima proiezione
pubblica della loro straordinaria invenzione il 28 dicembre 1895
al Salon Indien del Gran Cafè di Parigi, altri geniali inventori
avevano provato a sviluppare apparecchi cinematografici di
ripresa e proiezione, certamente meno sofisticati. Fra tutti
spicca il nome dell'americano Thomas Alva Edison, che già dopo
la prima sperimentale impressione di una pellicola nel 1888 in
Inghilterra ad opera di L. A. Le Prince (di appena 2 secondi!),
aveva creato il suo "Kinetoscopio", prima con un modello a
visione individuale (dove lo spettatore accostava l'occhio su di
una lente sporgente da un meccanismo all'interno del quale
girava la pellicola) poi in versione a proiezione collettiva. È
proprio con quest'ultimo modello che il cinema giunse in
Sicilia, forse già – secondo alcune fonti – nel giugno del 1895
a Palermo, ma con sicurezza l'anno successivo, sempre nel
capoluogo siciliano dove si svolse la prima proiezione pubblica
(il 19 settembre 1896, in Via Maqueda n. 483). Tre mesi dopo,
all'inizio di dicembre, a Catania giunsero ben due modelli di
Kinetoscopio Edison, che – come riportato in maniera
entusiastica da Nino Martoglio sul suo D'artagnan il 6 dicembre
del 1896 - si potevano ammirare il primo al Palazzo Comunale ed
il secondo in un locale al n. 139 di Via Etnea.
Secondo quanto ricostruito dalle ricerche dello storico del
cinema Franco La Magna, fu l'impresario Giuseppe Lentini –
menzionato successivamente in maniera esplicita dal medesimo
Martoglio – a portare queste macchine Edison in Sicilia,
facendole girare soprattutto tra Palermo, Messina e Catania,
insieme ad un altro tipo di proiettore, quello inventato
dall'inglese William Robert Paul (che molto probabilmente
tuttavia non arrivò mai a Catania).
Il medesimo Giuseppe Lentini l'anno successivo portò in Sicilia
le vere e proprie macchine dei F.lli Lumière, dove secondo le
fonti dell'epoca risultavano presenti a Messina il 15 febbraio
del 1897, ed il 17 aprile a Palermo, al Teatro Garibaldi. A
Catania tuttavia esse non giunsero prima del febbraio del 1898,
suscitando anche in quest'occasione l'entusiasmo di Nino
Martoglio che sul suo D'artagnan del 13 febbraio sollecitava
tutti i catanesi ad ammirare "l'ultimo grandioso ritrovato della
scienza", esaltandone quelle qualità tecniche che finirono poi
nel breve volgere di pochi anni per decretare il trionfo della
tecnologia francese nei confronti di tutti gli altri modelli
cinematografici: "con questo nuovissimo sistema Lumière, il
cinematografo non subisce quel tremolio che stancava la vista,
ed i quadri - noi li abbiamo già ammirati - si presentano d’una
chiarezza addirittura sorprendente..." (da: "Il D'Artagnan", 13
febbraio 1898).
Prime pellicole siciliane. All'epoca tuttavia le macchine
Lumière possedevano un'altra qualità vincente, ovvero la
possibilità di effettuare col medesimo dispositivo sia riprese
che proiezioni, ed infatti il medesimo Giuseppe Lentini – come
espressamente riportato dal Martoglio sul suo articolo –
realizzò due pellicole di soggetti catanesi, quasi certamente
quel Passeggio alla Villa Bellini e quella Ricreazione di
bambini alla Villa Bellini di cui si ha notizia proprio per
l'anno 1898. Contemporaneamente comunque anche in altre città
siciliane venivano realizzate brevi riprese documentaristiche –
come Lo sbarco dei passeggeri dal Ferry-Boat, o il Convegno dei
ciclisti messinesi allo chalet, sempre nel 1898 a Messina -
poiché in quei primi anni "pionieristici" la semplice visione
della realtà in celluloide era già uno spettacolo sorprendente,
e del resto secondo le intenzioni dei Lumière, la finalità del
cinema doveva essere scientifica e documentaristica.
Tuttavia nei primi anni del nuovo secolo vennero girate anche le
prime vere e proprie pellicole a soggetto, ad es. da parte di
George Meliès, l'inventore dei trucchi cinematografici ed autore
anche del primo film di fantascienza, Viaggio verso la Luna del
1902. Ma secondo Aldo Bernardini l'anno precedente sarebbe stata
girata anche una parodia comica della Cavalleria rusticana di
Verga proiettata nella Sala Edison di Firenze sempre nel maggio
del 1901.
A Catania in quello stesso periodo, a motivo del crescente
interesse dei catanesi verso il cinema, il Teatro Sangiorgi,
appena inaugurato nell'anno 1900, ospitò le prime proiezioni dei
F.lli Lumière, immancabilmente pubblicizzate con sincero
entusiasmo da Martoglio sul suo giornale ("ingresso per pochi
baiocchi!"). Il medesimo teatro divenne nel 1905 la prima sala
cinematografica stabile di Catania - in concomitanza con
l'uscita del primo lungometraggio italiano, La presa di Roma
(1905) di Filoteo Alberini - seguita poi dall'apertura di altre
oggi non più esistenti, come il Cinematografo Mondiale, la Sala
Italia, il Club Unione, ed il Cinematografo Moderno, distrutto
da un incendio nel giugno del 1906 (ma riaperto a tempo di
record nel settembre dello stesso anno con il nome di Lumière
Moderno).
Queste sale tuttavia nei primi tempi continuavano a proiettare
brevi documentari, come quelli ripresi in Sicilia da Luca
Comerio, fotografo ufficiale del Re V. Emanuele III e
proprietario della Società milanese SAFFI, che nel 1906 riprese
la Targa Florio, mentre altri cineoperatori delle prime società
sorte in Italia – come la Cines di Roma – producevano altri
documentari, come Catania e la Circumetnea, L'inaugurazione
dell'Esposizione di Catania, Sua maestà il re all'Esposizione di
Catania, Visita dei sovrani d'Italia a Palermo, Una zolfara,
tutti del 1907.
Verismo in celluloide. Purtroppo con il terremoto di Messina del
28 dicembre 1908 prese piede anche qui in Sicilia il
documentario catastrofico. Nella città dello Stretto arrivò per
prima una flotta russa, ed un cineoperatore della Corazzata
Makaroff filmò il lavoro dei propri compagni che prestavano
soccorso fra le macerie. L'anno dopo molte case cinematografiche
anche straniere si recarono a Messina e Reggio per documentare
la catastrofe, girando pellicole quali Il disastro di Reggio e
Messina, della Ambrosio Film di Torino; Messina distrutta (Cines),
Reggio and Messina earthquakes scenes (Vitagraph, USA) e molte
altre, tutte del 1909. Le società cinematografiche della
penisola girarono tra le macerie persino film a soggetto: Amore
e morte, La fidanzata di Messina, L'orfanella di Messina.
Al medesimo anno 1909 risale anche la prima ripresa
professionale di una Eruzione dell'Etna della Ambrosio Film di
Torino.
Secondo il regista Ugo Saitta nel 1909 il popolare attore
teatrale catanese Angelo Musco fece la sua prima apparizione in
un film dal titolo Il divo. La scena, ambientata nel
centralissimo mercato di Piazza Carlo Alberto (che a quanto pare
al momento delle riprese non era stata trasformata in un “set”,
ma era normalmente aperta al pubblico), prevedeva come da
copione una finta lite con un mercante ambulante del posto, per
poi essere immediatamente sedata da altri interpreti. Ma il
Musco malmenò talmente il malcapitato interprete che aveva di
fronte da provocare anche una vera e propria rissa generale in
tutto il mercato, cosa che lo costrinse ad una fuga così
rocambolesca da danneggiare per di più una gran quantità di
merce esposta sulla strada. La società romana per poco non finì
in bancarotta a causa dei danni che fu costretta a pagare per
tutte le stoviglie, il vasellame ed i prodotti alimentari
distrutti durante la fuga, ma ciò che lasciò maggiormente
sconcertati i dirigenti della società fu la giustificazione che
diede loro Angelo Musco: voleva cioè rendere più realistica la
scena al di là della consueta recitazione teatrale, imponendo a
se stesso e all'attore che aveva di fronte di “vivere” la parte
anzichè recitarla come sul palcoscenico (anticipando così di
parecchi anni i teorici della differenza tra “recitazione
cinematografica” e “recitazione teatrale” (cfr. Saitta, U.,
1981, p. 53).
Contemporaneamente però nello stesso periodo cominciavano ad
essere prodotti – anche molto lontano dall'Italia - i primi film
tratti da soggetti di autori catanesi. Nel 1909 Giovanni Grasso
in tounee in Argentina interpretò Cavalleria rusticana e Morte
civile, diretti da Mario Gallo (mentre, sempre nel medesimo
1909, Verga – come si vedrà più avanti - cedeva i diritti della
sua Cavalleria alla francese ACAD che fece poi uscire una
Chevalerie rustique nel 1910). Nel 1911 vennero girate anche due
versioni della Norma belliniana, una della Vesuvio Film di
Napoli e l'altra della Film d'Arte Italiana.
Anche Luigi Capuana venne messo in celluloide nel 1912 con il
film Malìa, tratto dal suo lavoro teatrale ed interpretato dagli
attori catanesi Attilio Rapisarda e Mariano Bottino. I medesimi
due interpretarono sempre nello stesso anno un altro film
interamente girato a Catania, Feudalesimo o Terra Baixa, (uno
dei testi teatrali più rappresentati all'epoca, dello spagnolo
Angel Guimerà, e cavallo di battaglia di Giovanni Grasso)
prodotto dalla Roma Film per la regia del toscano Alfredo
Robert. Quest'ultimo girò nel medesimo anno anche La Zolfara,
dall'omonimo dramma dell'agirese Giuseppe Giusti Sinopoli.
Al 1912 appartiene però anche la pellicola Un amore selvaggio,
ritrovata in Olanda in anni recenti e – dopo il dovuto restauro
– proiettata nel 2005 alla rassegna del “Cinema Ritrovato” di
Bologna. Prodotto dalla Cines di Roma, a tutt'oggi esso è
l'unico film muto pervenutoci quasi integro (25 minuti) in cui
compare Giovanni Grasso nel ruolo di Alessandro, insieme a
Raffaele Viviani (forse il regista) che interpreta il suo
antagonista. La pellicola fu anche la prima girata dal grande
attore catanese in Italia, probabilmente nei dintorni di Roma,
dopo la sua prima esperienza cinematografica in Argentina.
Anno magico. Intorno al 1913, i tempi sembravano ormai maturi
perchè anche a Catania – così come già avvenuto qualche anno
prima a Palermo con la Sicula Film di Giuseppe Gabrielli (1908),
dalla vita breve, e la Sicania Film di Raffaello Lucarelli
(1910) – sorgessero le prime società cinematografiche locali,
tanto più che una delle maggiori società di Roma, la già citata
Cines, ospitava tra i suoi amministratori un rilevante numero di
siciliani: il vice-direttore Carlo Amato, Pietro Moncada, conte
di Caltanissetta, ed il principe di Paternò, che ovviamente non
mancarono di orientare la produzione della casa cinematografica
verso soggetti ed ambienti siciliani, nonché catanesi. Nel 1913
infatti la medesima Cines rivolse la sua attenzione a Nino
Martoglio, introdotto nella Società “siculo-romana” dall'attore
catanese Attilio Rapisarda (perlomeno a quanto dichiarato da
quest'ultimo). In quell'anno veramente d'oro per il
commediografo di Belpasso vennero prodotti un buon numero di
film tratti da alcuni suoi soggetti di genere drammatico. Il
primo, dal titolo Il romanzo, la cui regia fu dello stesso
Martoglio, venne interpretato nel ruolo di protagonista da Pina
Menichelli, una bella attrice nata in provincia di Messina, che
per il suo tipo di recitazione troppo “passionale” in questo ed
in altri film incappò spesso nelle prime forme di censura da
parte dell'allora governo Giolitti. A questa prima pellicola,
sempre nel medesimo anno 1913, ne seguirono altre, sempre tratte
da soggetti di Martoglio, quali ad esempio Il gomitolo nero, Il
tesoro di Fonteasciutta, Il salto del lupo o La castellana di
Ninfa.
Ma mentre la Cines di Roma coinvolgeva sempre più autori,
attori, ambienti e naturalmente anche i sempre più appassionati
spettatori di quella Catania “belle epoque”, un'altra casa
cinematografica del Nord-Italia, la Itala Film di Torino, iniziò
proprio nel 1913 le riprese di quello che rimane nella storia
come il più grande kolossal del cinema muto, ovvero Cabiria.
Diretto da Giovanni Pastrone e sceneggiato nientemeno che dal
grande vate Gabriele D'Annunzio (che ne curò le didascalie per
la considerevole cifra, per quei tempi, di cinquantamila lire),
venne terminato l'anno seguente, raggiungendo (originariamente)
la lunghezza di più di 4000 metri di pellicola (i film
dell'epoca mediamente non superavano i 750 metri), per una
durata complessiva di più di 4 ore. Ambientato tra la Catania
dell'età greca e l'antica Cartagine, narrava le vicende epiche
di una bambina catanese - Cabiria appunto - che nella confusione
seguita ad una eruzione notturna dell'Etna (i cui fotogrammi
vennero colorati di rosso), subisce, nell'ordine, il rapimento,
la vendita come schiava a Cartagine, ed il salvataggio in
extremis da parte dell'eroe Maciste (nome inventato dallo stesso
D'annunzio) mentre sta per essere sacrificata alle divinità
cartaginesi. Alla fine, una volta cresciuta, sullo sfondo
storico della lotta tra Annibale e Roma, riesce a riabbracciare
il padre sulla spiaggia di Catania, rimediando nel frattempo
anche un buon matrimonio con un ricco patrizio.
Costato due milioni di lire dell'epoca, e frutto di innovazioni
tecniche che fecero scuola anche ad Hollywood (come la macchina
da presa posta sul carrello, le lampade elettriche per la
direzione delle luci, e le scenografie in legno, anzichè
dipinte), Cabiria - uscito come già detto nel 1914 - si dimostrò
a livello internazionale un vero evento per l'epoca, ed ebbe uno
straordinario successo di critica e di pubblico, persino in
America. A Catania fu uno dei pochissimi film proiettati al
Teatro Massimo Bellini con l'ausilio dell'Orchestra Sinfonica
che eseguì la “sinfonia del fuoco” composta per il film da
Ildebrando Pizzetti.
Sempre nel 1913 (il 13 settembre per la precisione), il geniale
ma incompreso inventore messinese Giovanni Rappazzo presentò al
cinema Eden di Messina il vero e proprio cinema sonoro da lui
inventato, proiettando una pellicola con tanto di colonna
sonora. Dopo aver protetto con 4 brevetti la sua invenzione
tuttavia non trovò ascolto presso nessuna società
cinematografica, né italiana né estera. Nel 1926 una volta
scaduti i brevetti, i produttori americani si approprieranno poi
della sua idea e introdurranno il sonoro nel cinema.
Sul finire del medesimo anno 1913 il febbrile Nino Martoglio
tentò di dar vita ad una prima società cinematografica catanese,
la Morgana Film, per poi tuttavia – dopo soverchianti difficoltà
– abbandonarla subito e fondarne un'altra a Roma col medesimo
nome. Mentre il 31 dicembre di quell'anno così "magico" nacque
ufficialmente sotto il vulcano siciliano, la più importante
società cinematografica catanese, la Etna Film. Entrambe le due
case di produzione entrarono in piena attività già nei primi
mesi dell'anno successivo.
Il cinema di Nino Martoglio. Per conto della sua Morgana Films
con sede a Roma, Nino Martoglio si diede infatti subito da fare
per girare nel 1914 le sue due prime pellicole di tono verista e
naturalista. Ambedue videro come protagonista il grande attore
teatrale catanese Giovanni Grasso, insieme all'attrice Virginia
Balistrieri. Il primo titolo, Il Capitano Blanco, caratterizzato
da molte riprese in esterni, nel deserto libico, in mare e nel
paesaggio costiero della Riviera dei Ciclopi a nord di Catania
(cosa ancora poco usuale all'epoca dove normalmente si
ricostruiva tutto nei teatri di posa), non incontrò i favori del
pubblico, probabilmente perchè il finale “poco tragico” finiva
per snaturare la trama verista. Al contrario il secondo,
Sperduti nel buio, non solo riscosse all'epoca un grande
successo, ma nei manuali della storia del cinema viene spesso
definito una vera “pietra miliare”, in quanto considerato il
primo film neorealista della storia del cinema. Il film racconta
di Paolina (Virginia Balistrieri), una povera ragazza nata da
una fugace relazione di un nobile dongiovanni napoletano, Paolo,
Duca di Vallenza, con Maria, una sfortunata operaia senza
lavoro. Costretta a vivere una vita misera nei bassifondi di
Napoli la giovane trova conforto morale e sostegno in Nunzio
(Giovanni Grasso), anch'egli mendicante e suonatore di violino,
il quale nonostante sia cieco riesce a proteggerla anche
fisicamente dai malviventi e dagli sfruttatori di quell'ambiente
povero e malsano, e persino a salvarla da un annegamento. Dopo
aver confessato alla sua cinica amante Livia di avere una figlia
dispersa da qualche parte, il Duca avanti con gli anni e malato,
ricorda i suoi inutili tentativi di ritrovarla molti anni prima.
Poi quella sera stessa muore dopo aver lasciato tutto alla sua
avida compagna. Nel frattempo Nunzio e Paolina, dopo essere
sfuggiti per l'ennesima volta alle grinfie della malavita,
vagabondano ancora uniti alla ricerca di “un mondo più giusto”.
Come si esprime lo storico e critico Franco La Magna, “Sperduti
nel buio, dal lavoro di Roberto Bracco, (definito “l'Ibsen di
Piedigrotta”) impressionò talmente – con la sua tragica
contrapposizione di due classi sociali drammaticamente a
confronto, la dolente e tormentata figura del cieco Nunzio
(simbolo del “buio sociale”) e della povera Paolina figlia
abbandonata d'uno spiantato e nobile dongiovanni, la
rappresentazione di una Napoli miserabile e cenciosa, sordida e
maleodorante – da indurre gli storici e critici del cinema
(primi fra tutti il severo acese Umberto Barbaro) a definire
l'opera di Martoglio antesignana del realismo cinematografico;
di essa si parlerà a lungo nel secondo dopoguerra quando, in
piena stagione neorealistica, si esploreranno le deboli tracce
della tradizione realistica. Tutto il cast ebbe una ovazione di
consensi, sebbene, schiacciato dal vincente dannunzianesimo e
dai kolossal storico-mitologici, il film viene presto
dimenticato, godendo paradossalmente d'una esaltante gloria
postuma...” (da: Cento anni di Cinema a Catania (1895-1995), di
Franco La Magna, EDIPROM – P. 29). Ad esaltare comunque il
verismo del film, intervenne inoltre anche una geniale
“invenzione” del Martoglio sceneggiatore, ossia quello che oggi
viene chiamato in termini cinematografici il “montaggio per
contrasto”. In diversi momenti della pellicola, il regista di
Belpasso alternò scene di feste signorili, alle quali
partecipava il ricco padre di Paolina, a scene di squallida e
triste miseria, l'ambiente dove tiravano a sopravvivere i due
poveri protagonisti. Analogo discorso può essere fatto anche a
proposito del sapiente uso di dissolvenze per esaltare i
"flashback", lì dove ad esempio il Duca maturo e già ammalato
ricorda l'incontro di molti anni prima con la madre di Paolina,
la successiva scoperta di essere il padre della piccola ed i
suoi inutili tentativi di ritrovarla nei bassifondi di Napoli.
La mitica pellicola purtroppo andò perduta durante la seconda
guerra mondiale e di essa restano solo alcuni fotogrammi.
Al 1915 appartiene invece il terzo ed ultimo film di Martoglio,
Teresa Raquin, la cui trama, tratta da un romanzo di Emile Zola,
verte su di un tema poi divenuto classico nella successiva
storia del cinema, quello del drammatico triangolo
moglie-amante-marito e la tragica fine di quest'ultimo. Di lì a
poco tuttavia il produttore della Morgana Films, Roberto Danesi
morì in guerra, sconvolgendo forse oltre che il morale anche i
progetti dello stesso Martoglio. I suoi intenti erano infatti
quelli di girare altri film a carattere drammatico e verista di
autori di un certo rilievo. Andata già in crisi nel 1915,
ufficialmente la Morgana Films verrà poi sciolta nel 1918.
Tornato al teatro dopo la breve ma memorabile esperienza con la
sua casa cinematografica, Nino Martoglio fece un'ultima fugace
attività di cineasta nel 1917, allorchè collaborò come
sceneggiatore al film San Giovanni Decollato tratto dalla sua
omonima commedia ed interpretato da Angelo Musco nei panni del
ciabattino Mastro Agostino Miciacio. La pellicola, diretta dal
non eccelso regista Telemaco Ruggieri, tuttavia si rivelò un
fiasco, ed il suo produttore, il conte milanese Alessandro
Panzetti, annullò unilateralmente ogni altro impegno
contrattuale con la coppia Martoglio-Musco (che prevedevano di
girare almeno altri tre film).
Le Case cinematografiche di Catania. La “Società Anonima
Editrice di Films, Etna Films”, venne fondata come già detto
l'ultimo giorno del 1913 (e omologata dal Tribunale di Catania
il 21 Gennaio 1914) dal cavalier Alfredo Alonzo, imprenditore
nel campo dello zolfo e nell'esportazione della frutta secca,
nonchè azionista di una società di navigazione. Suo amico e
fidato consigliere era Pippo Marchese, drammaturgo e critico
teatrale. Deciso a non badare a spese pur di sfondare nel
panorama cinematografico mondiale, per prima cosa fece venire da
Milano una personalità già nota ed esperta come Giuseppe De
Liguoro, in qualità di direttore artistico, regista – e a volte
anche soggettista ed interprete – dei film di imminente
produzione. Raccolse inoltre dal Nord-Italia e dall'estero,
interpreti già famosi (come la francese Simone Sandrè), tecnici
già esperti, e apparecchi e attrezzature un po' da tutto il
mondo.
Ma come afferma Giusy Nicolosi in un suo articolo “...Quello che
fece più effetto fu l’immenso stabilimento costruito in sei mesi
seguendo i più moderni criteri e nel quale lavorarono, secondo
le cronache, quasi 500 operai. "Sarà il più grande d’Italia!"
scrisse su un periodico un attore scritturato dall’Etna. Tutti i
corrispondenti visitarono quella "piccola città" e ne scrissero.
Lo stabilimento sorgeva a Cibali [un quartiere di Catania,
n.d.r.], su un perimetro di 23.000 mq e vi si accedeva da
quattro entrate (sappiamo che una era adiacente alla stazione
della Circumetnea tutt'ora esistente e un’altra in via Cibele).
All’interno, oltre a quattro villini che ospitavano i vari
uffici, vi erano numerose costruzioni. Un orgoglio per la Casa
erano i due teatri di posa: il più “piccolo” di m 20 x 18 e il
più grande di 26 x 30 (cioè circa 900 mq di ampiezza, capace di
ospitare le riprese di quattro diverse scene in contemporanea
!). Poi i camerini ed i saloni per gli attori e le comparse;
un’officina per i fabbri, una per i falegnami e una per gli
scenografi; la sartoria; i depositi del legname, delle
scenografie, del “mobilio” e di tutto il necessario per la
ricostruzione degli ambienti, "in quantità straordinaria, di
tutti gli stili, le epoche, le qualità"; un garage, con cinque
automobili ed un autobus, e una scuderia con cavalli e carrozze.
Ma non è finita. "La capitale della pellicola siciliana", come
la definì il direttore di un periodico milanese, disponeva anche
dei laboratori tecnici per lo sviluppo, il lavaggio, la
coloritura, la stampa, la revisione e il collaudo delle
pellicole, e di una sala di proiezione "vasta ed elegante come
quella di un gran cinematografo". Addirittura un corrispondente
scrisse di un castello a grandezza naturale. Il tutto immerso
nel verde, tra viali, pozzi, fontane, sedili, laghetti e
piattaforme all’aperto, naturalmente tutto da utilizzarsi nei
vari films...” (Giusy Nicolosi - "Etna Film, una Hollywood
siciliana" - vedi bibliografia).
Nel dicembre del medesimo anno 1914 quella vera e propria "città
del cinema" fece uscire i primi film: Paternità e L'appuntamento
(o Rendez-vous), drammi strappalacrime diretti naturalmente dal
De Liguoro, e programmati anche nelle sale della penisola. A
Catania essi vennero proiettati nell'elegante e prestigioso
Cinema Olympia, in piazza Stesicoro, inaugurato l'anno
precedente con un altro “kolossal” dell'industria
cinematografica continentale, Quo Vadis? di Enrico Guazzoni.
Ma la possibilità di lavorare a più film contemporaneamente
consentì all'Etna Film la produzione e l'uscita nel breve arco
di pochi mesi di un numero considerevole di pellicole di tutti i
generi, dalle comiche brevi (L'Istitutrice, Notte d'amore, La
sportwoman, ecc. tutti del '14), ai film drammatici, come La
danza del diavolo (forse già del '14), La coppa avvelenata,
Poveri figlioli!, fino alle commedie (come ad es. Idillio al
fresco) e a quelli di argomento militare (La guerra, Il nemico)
tutti del 1915. Tutti riscuotevano grande successo e le loro
proiezioni costituivano un vero evento. Le cronache dell'epoca
raccontano che quando il già citato cinema Olympia proiettava
pellicole dell'Etna Film, nell'antistante Piazza Stesicoro il
numero di macchine e di carrozze era tale da bloccare tutta la
circolazione. Alcuni titoli – Il cavaliere senza paura, Poveri
figlioli !, Idillio al fresco – ricevettero anche l'onore di
venir proiettati al Teatro Massimo Bellini (7 marzo 1915),
durante una manifestazione di beneficenza. La società prese
accordi anche con Luigi Capuana – che ricevette il compenso di
ottocento lire – per la produzione di pellicole tratte dai suoi
testi, ma in realtà non sembra siano mai stati girati i
programmati film “Il Marchese di Roccaverdina” ed il
“Benefattore” citati invece da altre fonti (cfr. La Magna, 1995,
p. 27).
Ma la gigantesca società nel medesimo anno 1914 fece a quanto
pare il passo più lungo della gamba, impegnandosi nelle riprese
di un “kolossal” - Christus o la Sfinge d'Ionio – ambientato
nella Costantinopoli medievale, che nonostante il coinvolgimento
di un elevato numero di attori e comparse in costume,
l'ambientazione in esterni (nel mare di Ognina, alla periferia
di Catania), e le ricche scenografie (venne costruita anche una
nave antica) non riscosse un adeguato successo di pubblico.
Questo, insieme contemporaneamente ad altri gravosi investimenti
– come per la produzione del film in costume Il cavaliere senza
paura, ambientato nel Medioevo – furono certamente all'origine
della crisi contabile che insieme a tutti i problemi nazionali e
internazionali provocati dalla Prima Guerra Mondiale, avrebbe
purtroppo condotto all'improvvisa chiusura degli stabilimenti
all'inizio del 1916.
Sull'onda del successo dell'Etna Film vennero fondate in quel
periodo altre tre società cinematografiche catanesi: la Katana
Film, la Jonio Film, e la Sicula Film, dell'avvocato Gaetano
Tedeschi dell'Annunziata. Tra il 1915 ed i primi mesi del '16
sfornarono un certo numero di pellicole di vario genere –
comico, satirico, militare, ecc. - coinvolgendo interpreti già
famosi nell'ambiente teatrale o che lo sarebbero diventati negli
anni successivi dopo la breve e gloriosa stagione del cinema
etneo: ad esempio i due “divi” di allora Attilio Rapisarda e
Mariano Bottino che interpretarono alcune pellicole della Sicula
Film (Alba di Libertà, Presentat-arm!, ambedue del 1915, ed Il
vincolo segreto, del 1916); la moglie dell'attore Angelo Musco,
Desdemona Balistrieri, che fu tra gli interpreti del film Il
latitante della Katana Film (1915), e Rosina Anselmi in Per te
amore sempre della Katana Film (1915).
Ma improvvisamente all'inizio del 1916 - come già accennato -
quella breve stagione d'oro per la cinematografia catanese svanì
insieme a tutti i sogni di gloria internazionale. Travolta dalla
crisi finanziaria, e forse (come suggerito da Giusy Nicolosi)
anche da forti contrasti in seno al suo consiglio
d'amministrazione, la Etna Film prese la decisione di chiudere
la sua attività insieme a tutte le sue imponenti strutture
(forse già entro la fine del gennaio 1916). Questo certamente
significò anche per tutte le altre società più piccole
l'impossibilità di continuare a girare altre pellicole, poichè –
a quanto sembra – ad essa si appoggiavano per tutti i servizi di
sviluppo dei negativi e talvolta anche per le riprese nei suoi
teatri di posa. In una lettera datata 4 febbraio 1916 infatti
l'amministratore della Sicula Film, Gaetano Tedeschi
dell'Annunziata si lamentò col cavalier Alonzo medesimo della
sua improvvisa decisione di chiudere gli stabilimenti.
In realtà la crisi delle società cinematografiche catanesi – e
la fine definitiva di ogni ulteriore tentativo, anche dopo il
1918, di riavviare una produzione cinematografica locale – era
anche una crisi a livello nazionale, determinata sì certamente
dalle difficoltà prodotte dallo scoppio della guerra, ma anche
da una pessima gestione amministrativa delle risorse e degli
investimenti. Sull'onda dell'entusiasmo delle platee che
affollavano i nuovi cinematografi i produttori si buttavano
spesso a girare film costosissimi – soprattutto dal punto di
vista tecnico, dal momento che a quei tempi - a parte i "divi" -
attori e comparse non ricevevano alti compensi – che però non
davano il sufficiente ritorno economico. Gli storici del cinema
sottolineano come già nel 1914 tutte le maggiori società
cinematografiche italiane fossero in perdita. Così come viene
evidenziata anche la miopia dei politici di allora che vedevano
nel nuovo mezzo mediatico più un pericolo per la morale
dell'epoca che una risorsa culturale da sostenere, anche
finanziariamente, nei periodi di crisi.
Paradossalmente, comunque, proprio mentre a Catania tramonta nel
1916 il sogno hollywoodiano di sviluppare una “Cinecittà” ante
litteram ai piedi dell'Etna (Film), Giovanni Verga fa finalmente
il suo ingresso alla grande nel mondo della “settima arte” (o
“decima musa” che dir si voglia).
Il cinema di Giovanni Verga. Il grande verista catanese non
amava il cinema: in primo luogo perchè come tanti altri
scrittori e intellettuali del suo tempo lo considerava plateale,
adatto alle masse ignoranti; e poi perchè era muto, era dunque
un'arte inferiore al teatro, che i veristi consideravano a sua
volta inferiore alla stampa. Nel 1909 tuttavia accettò l'offerta
della francese ACAD (Association Cinèmatographique des Auteurs
Dramatiques di Parigi) che gli chiedeva di cedergli i diritti di
sfruttamento della sua Cavalleria rusticana per il cinema.
Proprio in quel periodo infatti l'atto unico stava riscuotendo
un notevole successo a Parigi anche grazie alla traduzione che
ne aveva fatto Giulia Dembowska (più nota con lo pseudonimo di
Darsenne) insieme a Paul Solanges. Verga concesse alla società
parigina diritti illimitati nel tempo e per tutti i paesi in
cambio di 500 franchi da dividersi però a metà proprio con la
Dembowska che si incaricò di curarne la sceneggiatura. Questa,
molto correttamente, una volta terminatala gliela spedì
chiedendogli di approvarla ed eventualmente di modificarla, ma
il Verga, che pur comprendeva i limiti di una sceneggiatura per
un film muto, non riusciva a capire come si potessero eliminare
i dialoghi dalla sua opera teatrale più famosa, e senza quasi
neppure leggerla gliela rispedì col suo benestare (...”capisco
bene le diverse esigenze dello svolgimento scenico per la
cinematografia, ma appunto per questa diversità era meglio che
io autore delle scene parlate non vedessi...”, dalla lettera a
Marco Praga, 27 dicembre 1909). Il film uscì l'anno successivo,
il 1910, ma allo scrittore catanese che l'andò a vedere per
curiosità, non piacque affatto.
Un paio di anni più tardi, nel 1912, tuttavia, di fronte ai
problemi finanziari della sua compagna, Dina Castellazzi di
Sordevolo, che - su suggerimento di un comune amico, Giannino
Antona-Traversi - gli prospettava grossi guadagni dallo
sfruttamento cinematografico delle sue opere, Verga mise
dapprima a disposizione della sua amica alcune sue opere
teatrali e romanzi (Tigre Reale, Storia di una Capinera, Caccia
al lupo, Storie del Castello di Trezza), poi di fronte alle
difficoltà della donna scrisse lui stesso le sceneggiature,
scongiurandola tuttavia di non rivelare che ne fosse stato lui
l'autore.
Il primo film con sceneggiatura di Verga, ovvero Tigre Reale
(regia di Piero Fosco, alias Giovanni Pastrone, il regista di
Cabiria) interpretato da Pina Menichelli nei panni della
contessa russa Natka, uscì tuttavia soltanto nel 1916, a causa
soprattutto dagli ostacoli posti dalla censura. Nel medesimo
1916, una volta riscattati i diritti che sette anni prima aveva
ceduto alla ACAD, uscì anche Cavalleria rusticana della Tespi
Film Roma) regia di Ugo Falena, il quale era venuto a Catania a
girare gli esterni del nuovo film. Verga, sempre diffidente,
questa volta volle essere presente sul set, per accertarsi che
la “sua” Cavalleria riuscisse secondo le sue intenzioni. Ma
contemporaneamente anche la Flegrea Film di Roma girò un'altra
Cavalleria per la regia di Ubaldo Maria del Colle e autorizzata
da Mascagni e Sonzogno, i quali nello stesso tempo vietarono
pubblicamente l'esecuzione della musica dell'omonima opera
lirica durante la proiezione di altre versioni cinematografiche
(compresa quindi quella di Verga-Falena). In breve, tra diffide
e controdiffide si riaprì anche in campo cinematografico la
controversia giudiziaria tra Verga e Mascagni che a livello
teatrale si era risolta nel 1893 con la vittoria di Verga
(questa volta la vertenza si trascinerà fino addirittura al
1977, con i rispettivi eredi).
Sempre ancora nel medesimo anno 1916, in aprile, però avvenne
anche un'altra importante svolta nell'attività cinematografica
di Verga, che accettò di diventare socio di una società
cinematografica di Milano, la Silentium Film diretta dal Conte
Luigi Grabinski Broglio. Con questa casa di produzione uscirono
tre film tratti da opere dello scrittore catanese: Storia di una
Capinera (1917), Caccia al Lupo (1917), ed Eva (1919, storia del
volubile amore di Eva, ballerina “ammaliatrice” per il pittore
Enrico Lanti, che alla fine va a morire povero e malato nel suo
paesello natale).
Nel 1918 uscì anche un altro film verghiano, Una peccatrice
(storia dell'alterno e volubile amore di Pietro Brusio per la
contessa Narcisa, che alla fine sentendosi abbandonata si
avvelena) ma prodotto da un'altra società, la Polifilm di
Napoli. L'ultimo film che Verga vide uscire mentre era ancora in
vita fu Il marito di Elena (1921), prodotto dalla Chimera Film
di Roma per la regia di Riccardo Cassano (una classica crisi
coniugale - che però finisce in tragedia - tra Cesare Dorello,
marito spiantato, e la sua bella moglie Elena, che si lascia
corteggiare da altri uomini, ricchi e di successo. Allorchè la
donna grida in faccia al marito tutto il suo disprezzo,
quest'ultimo, impazzito, la uccide pugnalandola).
Anche se proprio nel biennio 1920-21 escono le prime pellicole
di tono drammatico e verista tratte da novelle di Pirandello (Il
crollo, Lo scaldino, Il lume dell'altra casa, La rosa, il
viaggio, ecc.), con la morte negli stessi anni prima di
Martoglio (1921), poi di Verga (1922), si assiste nel mondo del
cinema ad un deciso mutamento di argomenti e di linguaggio,
paragonabile ad una vera e propria svolta culturale – complice
naturalmente anche il mutato scenario politico in Italia, che
condiziona le scelte culturali in senso più retorico ed
ottimistico – che culminerà a livello tecnologico con l'avvento
del cinema sonoro (in Italia nel 1930, con film La canzone
dell'amore, tratto da un soggetto pirandelliano).
FONTI DI RIFERIMENTO.
La Magna, F., L'arrivo del cinema a Catania, in:
www.cataniaperte.com
La Magna, F., Lo schermo trema. Letteratura siciliana e cinema,
Città del sole.
La Magna, F., Cento anni di Cinema a Catania (1895-1995),
Edizioni Ediprom.
AA. VV. Il teatro e i teatranti siciliani nel cinema, Ass. Reg.
ai Beni Culturali e P. I., Catania, 1981.
Zappulla Muscarà, S., Zappulla, E., Martoglio cineasta, Editalia.
Zappulla Muscarà, S. , Zappulla, E., Giovanni Grasso, La
Cantinella.
Nicolosi, G., Etna Film, una Hollywood siciliana, in:
www.provincia.ct.it/moduli/rivista/sommario/2002/Maggio/filepdf/28-29.pdf
.
AA.VV., Verga e il cinema (a cura di Genovese, N. - Gesù, S.),
Maimone editore.
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