Storia.....
Carlo Abarth
Karl Albert Abarth nacque in Austria, nel periodo immediatamente
precedente il disfacimento dell'Impero austro-ungarico; la madre
Dora Taussig apparteneva alla piccola borghesia viennese e il
padre Karl era sottotenente dell'esercito imperiale asburgico.
La famiglia paterna era originaria di Merano, ove gestiva alcune
attività commerciali; fu particolarmente colpita dalla
conclusione della prima guerra mondiale che sancì l'annessione
dell'Alto Adige al Regno d'Italia e, conseguentemente, la
perdita delle importanti concessioni imperiali per il servizio
postale. Nel 1919, dopo l'esilio dell'imperatore Carlo I e la
proclamazione della prima repubblica austriaca, Karl "senior"
decise di trasferirsi a Merano per assumere la gestione
dell'albergo paterno, scegliendo quindi la cittadinanza
italiana, mentre Karl "junior" rimase a Vienna con la madre. Fin
da piccolo coltivò la propria passione per la velocità, per
l'agonismo e per la tecnica. Un episodio dell'infanzia,
raccontato dai biografi, traccia perfettamente la figura di Karl
Abarth, quale futuro pilota e tecnico nelle competizioni: poco
più che decenne, il piccolo Karl partecipava alle gare di
velocità in monopattino che giornalmente si tenevano tra i
ragazzi del quartiere, ma la presenza di concorrenti con qualche
anno in più, gli precludeva ogni possibilità di vittoria. Fu
così che decise di tagliare la sua cintura di cuoio e, con
l'aiuto di un calzolaio, incollarla a ricoprire
le ruote in legno del suo monopattino, ottenendo
un'aderenza decisamente superiore che gli consentì di battere i
rivali. A 16 anni decise di entrare nelle officine della
Castagna & C., un laboratorio che collaborava con la facoltà di
ingegneria di Vienna per le meccaniche di precisione, e in
quella della Degan, dove si fabbricavano telai di motociclette.
L'esperienza in queste officine gli valse una certa visibilità:
venne notato dal campione di motociclismo Josef Opawsky, che lo
introdusse alla scuderia della Motor Thun, la storica fabbrica
di motociclette. Abarth lavorò alle revisioni dei veicoli e al
collaudo di nuove soluzioni, e grazie a questa attività potrà,
quasi ventenne, creare il suo primo telaio motociclistico in
collaborazione con la Degan. Durante il suo rapporto con la
Thun, fu coinvolto in una vicenda tormentata: durante il Gran
Premio d'Austria fu chiamato a sostituire un pilota della
scuderia, malato. Nella prima sessione di prove fece registrare
subito il miglior tempo. Accusato dai piloti e dai suoi stessi
compagni di squadra, tra cui lo stesso Opawsky, di aver truccato
il veicolo, dovette cambiare mezzo in occasione della seconda
prova. Abarth ottenne ancora la pole position migliorando
nuovamente il tempo. Tutto questo provocò una serie di malumori
tra i piloti che videro nel giovane Abarth una minaccia. Il
giorno della gara Abarth fu però costretto al ritiro per un
guasto meccanico, e la stampa dell'epoca sollevò l'ipotesi che
il suo mezzo fosse stato sabotato. Dunque, in rotta con la Thun
e ostracizzato dal mondo delle scuderie, decide nel 1929 di
comprarsi una moto usata (una Grindlay-Peerless 250cc?) che lui
rielabora rendendola più leggera e adatta alla pista. La prima
vittoria arriva qualche mese dopo a Salisburgo. Subito dopo,
Abarth viene notato da scuderie inglesi e tedesche. In
particolare con la DKW correrà qualche gara. Nel frattempo, Karl
costruisce la sua prima motocicletta con il marchio Abarth,
motore monocilindrico a 2 tempi 250cc raffreddato ad acqua
addirittura da 2 radiatori. Durante la gara
Vienna-Innsbruck del 4 maggio 1930, nei pressi di Linz, Abarth
incappò in un grave incidente che fu causa di una menomazione
permanente al ginocchio, impedendogli il prosieguo dell'attività
motociclistica sportiva. Dopo il lungo periodo di convalescenza
e riabilitazione, trascorso a realizzare un nuovo tipo
di marmitta, tentò più volte di ottenere il consenso della
commissione medico-sportiva per tornare alle gare
motociclistiche, ma gli fu sempre negato. Fu questa la ragione
che lo costrinse a dirottare la sua attenzione verso le gare
di sidecar e, tornato a lavorare per le officine Degan,
s'inventò una sfida di velocità con Orient-Express, sulla tratta
di 1.370 chilometri da Ostenda a Vienna. La gara si svolse nel
1932, sollevando grande eco sulla stampa europea, per
l'originalità della prova, e portando quello che oggi verrebbe
definito un grande ritorno d'immagine per il pilota e per
l'azienda in cui lavorava. Per quanto riguarda le gare tra
sidecar, la menomazione al ginocchio non gli precludeva la
guida, ma rappresentava un handicap notevole. Come già aveva
fatto con il monopattino, Abarth riuscì a colmare le carenze
fisiche con l'inventiva tecnica, realizzando un sistema a leva
(denominato "Schwingachs", in italiano "asse oscillante") con il
quale poteva inclinare la terza ruota del sidecar, così
riuscendo ad aumentare considerevolmente la velocità di
percorrenza delle curve. Le alterne fasi della seconda guerra
mondiale portarono il capoluogo sloveno a divenire parte del
territorio italiano nel 1941, per poi essere occupato dalle
truppe tedesche nel 1943 e, finalmente, liberato al termine del
conflitto. Seguendo l'esodo di molti profughi, Abarth lasciò
ogni sua proprietà per guadagnare il confine italiano,
trovandosi ancora una volta a dover ripartire da zero. Raggiunto
l'anziano padre a Merano nel 1945, riuscì a farsi rilasciare un
certificato di identità a nome di Carlo Abarth che, nel giro di
pochi anni, venne seguito dal riconoscimento della cittadinanza
italiana. Nel tentativo di ritornare ad occuparsi di meccanica e
competizioni motoristiche, scrisse all'amico Ferry Porsche per
offrirsi quale collaboratore. La notizia del colpo di mano con
il quale i componenti maschi della famiglia Porsche furono
arrestati dalle autorità francesi come criminali di guerra,
il 15 dicembre 1945, giunse come un fulmine a ciel sereno e
costrinse Abarth a dedicarsi al commercio di tappeti, per
sbarcare il lunario. Dopo pochi mesi Ferry Porsche venne
liberato, dietro pagamento di un forte riscatto. Abarth si trovò
ad essere incluso nello straordinario gruppo di lavoro che Piero
Dusio aveva formato per gestire l'ambizioso progetto sportivo
della Cisitalia, al fianco dell'amico Ferry, ma anche diRudolf
Hruska, Piero Taruffi e Tazio Nuvolari. L'esperienza durò poco
più di due anni e, pur breve, gli permise di lavorare a diretto
contato con le massime personalità dell'automobilismo mondiale
di quell'epoca. Quando, nel 1949, la Cisitalia fallì, Carlo
Abarth tentò ogni strada per riuscire a mettere in salvo il
patrimonio tecnico accumulato dalla squadra corse. Il congegno
gli permise di conquistare la quasi totalità delle competizioni
cui partecipò nel successivo triennio, fino a quando un secondo
gravissimo incidente, occorsogli in gara a Lubiana nel 1939, lo
costrinse definitivamente ad abbandonare la carriera di pilota.
Già due anni prima, a causa dello stato di violenza e
insicurezza sociale che seguirono l'assassinio del cancelliere
Dollfuss e precedettero l'annessione dell'Austria alla Germania
nazista, Abarth aveva deciso di trasferirsi a Merano e correre
con i colori italiani. Dopo essersi ristabilito dall'incidente,
si trovava senza lavoro, con la prospettiva di tornare
stabilmente a Merano per occuparsi dell'albergo di famiglia.
Anche in Italia, però, la situazione era molto cambiata e
l'omologazione del regime fascista alla politica hitleriana,
oltre all'innata avversione per la carriera di albergatore, lo
consigliarono a fermarsi nel Regno di Jugoslavia, per assumere
la direzione di una piccola fabbrica di gassogeni a Lubiana.
Nel 1949 Abarth, coadiuvato dal pilota Guido Scagliarini, decide
di aprire l'azienda che porta il suo nome, scegliendo come
simbolo proprio il suo segno zodiacale, lo scorpione. La ditta
specializzata in elaborazioni omonima prende la sede
a Torino dove, alla fine dell'anno conta già oltre 30
dipendenti. Partendo proprio dalla liquidazione dalla fallita
Cisitalia, dalla quale ottiene alcuni autoveicoli, costruisce
una scuderia con piloti del calibro di Nuvolari, Bonetto,
Cortese. La squadra corse conferma l'intuito imprenditoriale di
Abarth che utilizza le vittorie del team come volàno per
trainare il fatturato della ditta. Abarth capisce come
differenziare la sua officina rispetto alle altre e comincia a
commercializzare kit per l'elaborazione della propria vettura
che possono acquisire potenza e velocità molto superiori
rispetto alle vetture di serie. Il primo prodotto è proprio il
kit di trasformazione del comando cambio della "topolino". La
invenzione che però renderà celebre il marchio dello scorpione è
quella legata all'impianto di scarico dell'auto. Le marmitte
così elaborate acquisiscono un suono più potente, oltre a
migliorare ampiamente le prestazioni. Altri prodotti Abarth
saranno le pompe acqua e i gruppi collettori. Abarth troverà nel
prolifico settore delle marmitte e delle elaborazioni la
redditività necessaria per sperimentare nuovi modelli di
autoveicoli e investire nel reparto corse. È proprio del 1951 la
presentazione delle vetture 204A e 205A.
Quest'ultima, una berlinetta da corsa, al salone dell'auto di
Torino riscuote un buon giudizio dalla critica specializzata e
dal pubblico. Ma è la 1500, venuta alla luce nel 1952, a dare
all'officina di Abarth la massima visibilità: il coupé a due
posti, 3 fari frontali di cui uno centrale, la linea aggressiva
e avvenirisitica fanno di questo modello un pezzo unico, presto
acquistato da un produttore americano Packard di Detroit. Ancora
una volta si confermano le doti di Abarth, in perfetto
equilibrio tra capacità di marketing e quella imprenditoriale.
Anche la nuova 1100, lanciata da FIAT nel 1953, rappresenta per
la Abarth la possibilità di creare ulteriore valore da un mezzo
esistente. Proprio in quell'anno i risultati aziendali danno
ragione ad Abarth: 70 dipendenti, esportazioni al 10% del
fatturato totale, quasi 50.000 marmitte prodotte. Intanto,
l'attività agonistica continua con l'elaborazione di una Ferrari
166 mille miglia, su cui vengono applicati dei blocchi di
alluminio per diminuirne il peso. È del 1955, però, la grande
intuizione di Abarth di rielaborare una Fiat 600 per ricavarne
una piccola sportiva, la "750 GT". Questa vettura rappresenta il
gioiellino con cui la Abarth definisce il nuovo standard delle
vetture rielaborate. La vettura infrange diversi primati
alla Mille Miglia e a Monza. Lo stesso risultato verrà ottenuto
nel 1958 quando sulle 500, rielaborate dai carrozieri Zagato e
Pininfarina, Abarth decide di intervenire. Di lì a poco uscirà
la vera e propria 500 Abarth, con impianto di scarico della
ditta e carburatori Weber. La vettura stupirà nuovamente tecnici
e addetti ai lavori. È la svolta: Abarth confeziona con Vittorio
Valletta, amministratore delegato, un accordo per cui per ogni
record o vittoria ottenuto da una vettura Fiat Abarth, Fiat
avrebbe corrisposto all'imprenditore un premio in denaro in
relazione all'importanza della manifestazione. Le innumerevoli
vittorie del marchio negli anni sessanta rendono Carlo Abarth un
personaggio molto popolare in Italia. Divertente è l'aneddoto
per cui Abarth al circuito del Garda del 1962, cui partecipavano
solo vetture dello Scorpione, raccomanda ai piloti di procedere
con sportività e giocandosi la palma del vincitore solo agli
ultimi giri. Parole disattese perché pare siano stati frequenti
i comportamenti al limite. Specializzatosi in elaborazioni
sportive di modelli FIAT e nella costruzione, in pezzi a numero
limitato, di vetture granturismo (tra cui la Porsche 356B
GTL del 1961), nel 1971 cedette l'azienda alla casa torinese.
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