2 dicembre 2017
LA FINE DELLA SICILCASSA
Nei giorni scorsi ho scritto una lettera al mio amico e collega
di banca Augusto
Lucchese, nostro concittadino che da oltre cinquant’anni vive
nel catanese, dove ha fondato l’Associazione Socio culturale
ETHOS e ne dirige un affermato giornale on line che da sempre
ospita i miei articoli.
Ad Augusto avevo esternato alcune mie valutazioni ed esperienze
indirettamente ricollegabili alle attuali polemiche tra la Banca
d’Italia e la Consob. Lettera che Augusto ritenne di pubblicare
sul suo giornale, annotando a margine che sarebbe opportuno “
mettere in luce situazioni direttamente o indirettamente legate
all’assassinio della Sicilcassa”.
Essendo stata la lettera pubblicata dal suo giornale, ho
ritenuto di pubblicarla anche sugli altri giornali che ospitano
i miei articoli,con la seguente nota di chiusura: “
Considerazioni al riguardo mi riservo di pubblicare per fare
chiarezza a fatti sconosciuti da molti e da molti interpretati
in modo sbagliato”.
Un noto economista fin dagli anni ‘80 scriveva che le banche
italiane sono le cenerentole d’Europa per redditività, per
efficienza, per innovazioni , mentre sono in testa per numero di
dipendenti e per le sofferenze
Inoltre circa il 90% egli Istituti di credito italiani sono
fondazioni pubbliche.
Tra gli anni 80/90 il Banco di Sicilia attraversava momenti
difficili ed entrava in una pesante crisi, confermata dalla
vigilanza della Banca d’Italia con la verifica del bilancio
relativo all’anno 1992, situazione accertata anche dalla Guardia
di Finanza che interessò la Magistratura.
Quasi contestualmente la Banca d’Italia disponeva una ispezione
alla Cassa di Risparmio V.E., a conclusione della quale
richiedeva interventi sul riassetto dei vari reparti operativi
ed una revisione del coefficiente di solvibilità.
Con un successiva comunicazione nel 1994 la Banca d’Italia
sollecitava alla Sicilcassa l’adozione di misure di risanamento
con l’immissione di risorse patrimoniali e personali da parte di
altra banca dotata di adeguate potenzialità.
Il Consiglio di Amministrazione della Cassa iniziò delle
trattative con diverse banche ed in particolare con il Banco di
Roma e la Cassa di Risparmio delle province lombarde, trattative
che incontrarono delle difficoltà perché non corrispondevano ai
programmi della Banca d’Italia che continuava a sollecitare
l’aumento del capitale.
Aumento che, per il ben noto comportamento della Regione,
ritardava per la mancata erogazione di 300/miliardi di lire,
destinati alla Sicilcassa in virtù della legge regionale 39 del
1991.
Mentre erano in corso trattative la Sicilcassa aveva provveduto
a ridurre il proprio personale di circa 1300 unità e sistemato
gran parte delle sofferenze utilizzando i fondi di
accantonamento previsti dalla legge.
Il Ministro del Tesoro Carlo Azelio Ciampi , con un “tempestivo”
decreto del 7 marzo 1996, sciolse il Consiglio di
Amministrazione della Sicilcassa ponendo l’Istituto in
amministrazione straordinaria.
La possibile soluzione dei problemi della Sicilcassa avrebbe
messo in seria difficoltà Ciampi che aveva da tempo architettato
l’incorporazione della Sicilcassa nel tentativo di salvare il
Banco di Sicilia.
Operazione che oggi sarebbe certamente finita sotto la lente
della Magistratura dal momento che il Banco, per la sua crisi
sopra evidenziata, non possedeva i requisiti imposti alla
Sicilcassa di trattare con altre banche dotate di adeguate
potenzialità.
La Sicilcassa venne incorporata trasferendo il proprio capitale,
la propria organizzazione di circa 250 sportelli, un immenso
patrimonio immobiliare, ripulito il proprio bilancio delle
sofferenze e ridotto il personale dipendente di 1300 unità.
Inoltre, per questa operazione Ciampi impose all’Istituto
Mediocredito di versare nelle casse del Banco mille miliardi di
vecchie lire per la ricapitalizzazione del Banco di Sicilia.
Allora si parlò del Banco che aveva salvato la Sicilcassa,
mentre in effetti fu la Sicilcassa che non riuscì a salvare il
Banco che venne assorbito prima dal Banco di Roma, altro
Istituto in crisi, per chiudere il ciclo con l’Unicredito
costretto a raccogliere i resti di quello che era stato il più
importante Istituto bancario del meridione.
Forse per questa grande strategia usata, Ciampi venne chiamato
prima a guidare il Governo della Nazione e successivamente a
ricoprire la carica di Presidente della Repubblica.
Tutte queste operazioni sono avvenute in un periodo normale
della nostra economia.
Quanto è accaduto in tempi più recenti ha avuto l’alibi
dell’effetto crisi.
In una mia nota del 31 luglio 2016, pubblicata su diversi
giornali on line ed inserita nella pagina 83 del mio secondo
libro “ Cronaca e riflessioni sulla politica italiana” dal
titolo Sofferenze bancarie e stress test così scrivevo:
“Nessuno si è soffermato un po’ per considerare il fatto che, a
parte la responsabilità degli amministratori nella gestione di
molte banche, una responsabilità è del sistema “MAGISTRATURA”,
dal momento che le azioni legali per il recupero dei crediti
bancari hanno tempi lunghissimi. Dai 6 anni agli otto anni per
la definizione di una azione diretta di recupero ed oltre
dieci/quindici anni nel caso di fallimento.”
In questo periodo il debito continua a crescere con interessi di
gran lunga superiori rispetto a quelli convenuti per contratto,
riducendo in modo notevole il rapporto con le garanzie prestate
e aggravando le difficoltà dei debitori.
Oggi la Commissione parlamentare, che analizza molti degli
aspetti che hanno provocato una crisi di sistema nel mondo
bancario, si è trovata a valutare ancora una volta le diverse
contrapposte posizioni di Banca Italia e Consob.
Ed ancora una volta si parla di pressioni esercitate da Banca
Italia su Banca Popolare dell’Etruria in crisi, di
capitalizzarsi con la fusione con la Banca Popolare di Vicenza
in crisi più profonda, interpretando in modo del tutto
particolare le condizioni dalla stessa Banca d’Italia poste,
come a suo tempo richiesto alla Sicilcassa, di confluire in
banche dotate di adeguata potenzialità scegliendo il Banco di
Sicilia che si trovava in una crisi più profonda.
Per onestà devo confermare che, oltre alle mie conoscenze
dirette, molti dei dati riportati sono stati rilevati dal libro
“ SICILCASSA: la morte annunciata” di Dino Grammatico, allora
Presidente della Fondazione Cassa Centrale di Risparmio V.E.
Dino Grammatico nella sua qualità seguì passo passo l’agonia e
la morte della Sicilcassa.
Angiolo Alerci
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