5 dicembre 2016
IL RISULTATO
DEL REFERENDUM
Tanto tuonò che piovve !
Prima di iniziare le valutazioni sull'esito del referendum per
correttezza devo confermare, come più volte ho affermato, che ho
votato SI turandomi il naso.
Ho votato SI perché speravo che dopo diversi tentativi falliti
quest'ultimo, pur con tanti punti poco chiari, potesse ottenere
una valutazione positiva da parte degli elettori.
Si è parlato molto dei lati positivi e negativi della proposta
referendaria, ma nessuno ha parlato del vero costo, non solo
politico e di immagine ma anche finanziario, dal momento che in
più legislature le due Camere hanno riservato alla discussione
ed approvazione delle norme di riforma costituzionale, diverse
centinaia di sedute sottratte all'approvazione di importanti ed
urgenti provvedimenti.
Norme che due diversi referendum non hanno confermato.
In una delle mie note, pubblicate sempre su questa testata, ho
parlato di quasi un copia/incolla di alcuni quesiti referendari
posti nel 2006 da Berlusconi e quelli posti oggi da Renzi come,
ad esempio la fine del Bicameralismo perfetto con la riforma del
Senato Federale per Berlusconi e delle Autonomie per Renzi.
L'opposizione di allora pilotata dal P.D. sosteneva “ che la
ripartizione delle competenze non sarebbe stata chiara ed
avrebbe provocato numerosi conflitti di competenza dinanzi la
Corte Costituzione”.
Sono le stesse espressioni che oggi vengono utilizzate dal
Berlusconi e C. per quanto riguarda la riforma del Senato.
Il risultato negativo di oggi ha un suo peccato originale: l'
affermazione di Renzi “se la riforma non sarà approvata io
toglierò il disturbo , cesserò di fare politica e ritornerò a
casa”.
Affermazione questa, più dei quesiti referendari, ha compattato
l'intera opposizione con la parte più radicale del suo partito,
quella rottamata o da rottamare che poi ha costretto Renzi a
fare dei passi indietro nella interpretazione di quella molto
chiara battuta.
Il 21 gennaio 2015 nella mia nota su “Le riforme Costituzionali”
scrivevo:
“ Al Presidente Renzi si consiglia ancora una volta di misurare
i toni nelle sue richieste e si ricordi che quel Fassina chi ?
ha pesato e continua a pesare molto non solo nella situazione
interna del P.D.”
Il 3 marzo 2015 nella mia nota “Matteo Renzi ex D.C.” ricordavo
il periodo in cui l'On. Amintore Fanfani, toscano come Renzi,
Segretario della D.C. e contemporaneamente Presidente del
Consiglio, appariva spesso “nelle prime trasmissioni televisive
al termine del telegiornale della sera, per commentare
l'attività del suo governo. Discorsi sempre importanti, fatti
con un tono particolare che sommava arroganza e presunzione e
che faceva dire ai rappresentanti dell'opposizione che ad ogni
apparizione di Fanfani in TV la D.C. perdeva almeno centomila
voti!”.
Ma entrando nei temi della riforma e alle critiche che alla
riforma approvata dalle Camere hanno riservato anche soggetti
terzi, desidero richiamare alcune delle molte considerazioni da
me fatte al riguardo e pubblicate sempre su questa stessa
testata on line:
Il 24 gennaio 2014 nella mia nota “ Riforme Costituzionali”
scrivevo: “La doppia lettura delle leggi ha comportato e
continua a comportare ritardi nella loro definitiva
approvazione,cosa non più accettabile. Basterebbe riscontrare
quante e quali modifiche “serie” sono state apportate alle leggi
approvate dalla Camera in sede di seconda lettura, per decretare
l'abolizione del Senato. Purtroppo non si parla più di
abolizione ma della sua trasformazione a costo zero. Espressione
che mi lascia molto perplesso”
Il 23 maggio 2016 nelle mia nota “Ancora sul referendum”
scrivevo: “Da oltre trent'anni il popolo italiano attende
l'abolizione del Senato, struttura concepita nel particolare
momento politico che attraversava il nostro Paese all'indomani
della fine della guerra, ha visto modificare il termine
abolizione in riforma ed oggi si intravede il rischio che, per
atteggiamenti e comportamenti sbagliati, anche questa riforma
possa essere bocciata da un negativo risultato del referendum”
Il 20 giugno 2016 nella mia nota sui “ Ballottaggi” scrivevo:
“In una delle mie ultime note sottolineavo che l'esito delle
amministrative poteva condizionare l'esito del referendum. Se il
problema ieri era di codice verde, oggi si ha la sensazione che
il colore tende velocemente a diventare rosso”.
Ma tanti altri elementi sono stati da me indicati in molte note
pubblicate sempre su questa stessa testata.
- l'intestardirsi sulla riforma della legge elettorale, senza
tener conto di alcune indicazioni date dalla Corte
Costituzionale al momento della dichiarazione di
incostituzionalità del “porcellum”;
- avere inserito nella riforma del Senato delle Autonomie
materie e competenze completamente estranee, che avrebbero
potuto interferire con decisioni della Camera e aumentare la
possibilità di continui conflitti di competenza;
- avere riconosciuto ai cosiddetti nuovi Senatori l'immunità e
creato confusione sul modo di elezione.
Gli errori, purtroppo, si pagano.
Speriamo che il risultato negativo del referendum non faccia
risprofondare il nostro Paese, aggravando e allungando la durata
della crisi che si tracina ormai da molti anni.
Le dimissioni di Renzi, determinate anche dalla enorme
differenza del risultato elettorale, dovranno comunque creare le
condizioni di nascita di un nuovo governo di transizione, per
garantire l'approvazione della legge di stabilità e la modifica
della legge elettorale.
Il Parlamento, tenuto conto della concorda valutazione fatta da
tutti i contendenti, confermata anche nel corso della campagna
elettorale, sulla necessità di superare il nostro bicameralismo,
potrebbe approvare l'abolizione del Senato e non la sua riforma,
così come proposto da più parti al momento dell' animata
discussione sulla riforma fatta in Parlamento.
Un provvedimento diretto e non pasticciato, se approvato dai due
terzi del Parlamento nel giro di qualche mese, non
necessiterebbe del passaggio referendario e darebbe un segno di
inversione al difficile rapporto instaurato da tempo all'interno
del Parlamento, con grande riflesso anche nel Paese.
Provvedimento che escluderebbe così la necessità di modificare
la legge elettorale per il Senato.
Purtroppo il risultato referendario potrebbe avere nel breve
riflessi negativi sia sulla nostra economia che sul nostro
grande debito pubblico, dal momento che la possibile difficile
immediata governabilità, potrebbe far risalire lo spead e
conseguentemente il costo degli interessi che, anche per i
provvedimenti previsti dalla nuova politica americana, creerebbe
difficoltà al collocamento del nostri titoli.
angiolo alerci
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