Il caso
Vittorio Ribaudo
Non ho mai alzato la penna… Per chi non lo sapesse uso la
penna e non il computer (non ho bisogno dei suggerimenti di una
stupida macchina, per scrivere). Dedico: carta, penna e calamaio
“ad personam” con una rarità unica.
I miei scritti sono rivolti al sociale, al bene del popolo, al
bene dell’uomo nel suo mondo fatto di contrasti e di dolore.
Lo faccio per scuoterli nel profondo, nella coscienza, in quella
labile porticina che ciascuno di noi si porta dentro.Talvolta
offuscata, talaltra quasi fievole che tende alla inconsistenza;
ma sempre presente, pronta a risvegliarsi al suo richiamo.
Molti Santi, molti Giusti, sono passati dall’ignominia a
coscienze che hanno illuminato il mondo e l’esistenza dei
singoli.
Difficilmente ho preso le parti dell’unico. Preferisco
approfondirne gli atteggiamenti per trarne una morale più
generale.
Una cosa mi indigna, mi ha sempre indignato: il mancato
riconoscimento, l’astio, l’odio, con cui “il sistema” si
accanisce contro il meritevole di lode.
Il non volere, a tutti i costi, dare un minimo di sollievo a chi
spende tutta la propria esistenza, per donare la sua genialità,
con sofferenza, disaggi, rinunce, mancanze: spesso fame e dolore
per sé, per i familiari e per la discendenza.
Per poi, solo dopo la sua dipartita, una lapide; spesso neanche
quella.
Foscolo definisce ciò con le parole: “illacrimata sepoltura”.
Sempre Foscolo, alzando i toni profetizza: “ A egregie cose
accendono l’ urne dei forti “.
Il genio e la genialità, raccolgono in vita disprezzo e
ostilità. In special modo se il genio è innovatore, come lo è,
direi sempre… “escludendo il quasi”.
“Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate”, in questa buia
spelonca dell’insensibilità ammantata di codici e codicilli; a
vantaggio di amici e parenti il cui merito è quello di essere
incalliti traffichini, abituati a vivere di spintoni e calci nel
fondo schiena, con l’obiettivo di “rubacchiare a destra e
manca”.
Una razza di infimi razzolatori, alla “ Sedara ” del Gattopardo
di Tomasi di Lampedusa.
Vittorio Ribaudo, eccellente pittore, inventore di una nuova
tecnica: la pittura su legno, ha dedicato a questa arte una
intera vita, all’inseguimento di un unico fine, dare il meglio
della sua
“genialità” al mondo. Ricorrentemente avviene, in questo campo
che: o raggiungi i vertici più redditizi, quali Picasso e
Salvador DalÍ; o sei costretto a vivere di infinite difficoltà,
e spesso di stenti, come Van Gogh.
In una via di mezzo si trova oggi Vittorio Ribaudo, il quale
vanta riconoscimenti riportati con dovizia in un suo profilo:
“La pittura di Vittorio Ribaudo viene considerata tra le più
alte e rappresentative del nostro secolo. Erede e continuatore
della migliore pittura italiana, è stato l’inventore della
pittura su legno, in quanto sfruttando le nervature del grezzo
materiale, fa vivere nei suoi quadri scene stupende della nostra
Sicilia”
(DIPINTI D’AUTORE)
Ricevuto da Papa Benedetto XVI a Maggio 2009, Ribaudo ha donato
alla Chiesa una sua opera del Paradiso di Dante, esposta oggi
nei Musei Vaticani.
Ha disegnato su legno, sughero, pelle, tela, pietre, marmo,
pietre preziose, seta ed altro, in maniera sempre originale ed
unica.
Le sue opere si trovano in Italia, New York, Caracas, Bruxelles,
Tokio, Berlino, Yemen, San Francisco ecc, ecc, ecc.
Critici d’Arte, fra cui Sgarbi, artisti come Lucio Dalla,
politici come l’attuale Presidente della Regione Siciliana On.
Nello Musmeci, ed una miriade di personaggi illustri lo hanno
conosciuto e apprezzato.
Oggi Vittorio Ribaudo vive in grandi difficoltà economiche e di
salute.
Alla veneranda età di ottantaquattro anni ha bisogno che lo
Stato gli dia una mano, sottoforma di vitalizio, magari “
raccattandolo “ fra le briciole di quei milioni di Euro che
trafugano i politici in quiescenza e non, e gli assegnatari di
presidenze e posizioni fantasma.
“Stato”, occupati anche dei cittadini che danno lustro e motivo
della tua esistenza, e non solo degli arraffoni e fannulloni!
15 agosto 2021
fernando luigi fazzi
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