Paganini non ripete
Ci sono girato attorno al famoso
detto: “Paganini non ripete!” per lungo tempo. Sino a quando mi
sono accorto che anche io ho adottato più volte, ed oggi adotto
sempre più, questo atteggiamento.
Non solo nel dialogo quotidiano, quando lo faccio notare ai
tanti il cui unico sistema di persuasione è la ripetizione
all’infinito dello stesso concetto, anche se con parole
differenti. Piuttosto che, negli atteggiamenti dei superficiali,
verso fatti per loro importanti. Quisquiglie di scarsa o poca
importanza.
In special modo verso chi antepone, a fatti rappresentativi,
l’esigenza di azioni irrisorie.
Pensate: una esponente, a capo di una manifestazione
prestigiosa, quale ad Enna è la rappresentazione di Federico II
di Svevia, ideata, molti anni fa, da un mio illuminato amico,
Edoardo Fontanazza, ha preferito, alla presentazione in
anteprima del mio lavoro teatrale su Euno, ferventemente
sollecitatomi dall’intellighentiaennese, udite … udite, una
visita ‘di routine’ dal dentista.
Chiedo a chi legge: “Quale considerazione ed accondiscendenza si
può avere verso persone sì fatte?”.
A me, persone di questo stampo, ispirano istintiva repulsione,
per la pochezza del loro animo.
Sono aneddoti di questo tipo, che conducono, persone dotate di
sensibilità e capacità percettiva, a scartare, già al primo
approccio, ogni disponibilità, allontanandosi con disgusto.
Purtroppo, più andiamo avanti, e più anche gli animi nobili, il
tempo sta ‘pervertendo’ ad una filosofia di esacerbato
consumismo, del tipo: “Questa scelta quanti soldi mi rende?
Quanti vantaggi posso personalmente trarne? Se non mi rende
tanto quanto ritengo a me vantaggioso, allora me ne frego. Che
mi considerino pure poco educato, poco rispettoso”.
Non riflettono, queste persone che, con il loro modo di fare,
allontanano chi vorrebbe offrire una mano, un servigio, un
vantaggio ad personam. Facendosi così relegare nel
dimenticatoio, fra gli esseri ‘inconcludenti’, o ‘indesiderati’.
Gente sulla quale non si può fare affidamento alcuno: ‘asini con
cilindro e redingote’, dico nel ‘Narconte’, beceri esecutori.
Ciò premesso, perché Paganini non ripeteva?.
Perché, per Paganini ogni esecuzione era ‘una cosa unica’, nella
quale esprimeva il massimo; il massimo della propria sensibilità
ed inventiva.
Così, ripetere l’esecuzione sarebbe stata una cosa diversa.
Differenti erano, di volta in volta, ‘le corde dell’anima’; il
sentimento che aleggiava e che l’artista percepiva con i suoi
pensieri più profondi: tutto determinava l’esecuzione.
L’innovatore si innova in continuazione, poiché il suo animo è
formato da infinite componenti che generano nuovi mondi
interiori, senza tregua né riposo, mai.
Questi ‘diversi’, sono esseri che non si possono classificare.
Esattamente l’opposto delle persone comuni, le quali anelano al
ricorrente, all’abbarbicarsi a sicurezze immutabili; impauriti
dall’innovazione, dalla diversità; atterriti dall’essere
ingoiati nel vortice di ciò che non conoscono, di tutto ciò con
cui non possono interfacciarsi, specchiarsi.
Sempre uguali, là dove, un nuovo pelo bianco nei capelli,
rappresenta per loro il dramma della discontinuità di immagine.
Anche sé, il nuovo, ‘il diverso’, dopo il primo sconvolgimento
li affascina, li conquista. Purché non li tocchi personalmente.
Preferiscono ammirarlo da lontano … da molto lontano …, dallo
schermo della TV, dal fondo della piazza, della sala, dal fondo
del loro animo.
L’affabulazione del ‘diverso’, sotto ogni forma: letteraria,
poetica, artistica, scientifica, matematica, ecc., ecc., ecc.,
li convince, purché sia ‘qualche altro’ a rappresentarglielo.
Qualche altro che glielo rappresenti con una luce che vari
secondo il loro intimo sentimentalismo. E su tale figura, da
altri rappresentata, la massa si adagerà senza farsi domande.
A vantaggio solo di colui che ha ‘affibbiato’ l’etichetta al
diverso: critici, giornalisti… qualunquisti ecc.
Sulla classificazione data da tali ‘luminari’, diciamo, in
maniera più esplicita, da tali ‘speculatori’, il mondo si
allineerà e formerà schiere infinite, all’insegna della
filosofia del consumismo più squallido.
Nell’era moderna, pochi, pochissimi sanno vivere di luce
propria, com’era tempo fa, anche se con fatica.
C’è da chiedersi: “Ma di quanti di questi esseri fatti con lo
stampino è formato questo nostro mondo, aggiogato alle catene
del fatuo e del faceto? All’insegna del ‘costi quel che costi’.
Ad ogni costo, purché legato all’usuale, al ricorrente, al
simile alla propria similitudine.”
Squallidi… con i capelli: bianchi, rossi o verdi, per
distinguersi; e le donne ‘tutte’ con le labbra rifatte, da boxer
pestato; ed all’interno, nell’animo… esseri amorfi, senza
carattere, né caratteristiche individuali.
Il niente impersonificato.
Catania 20 Novembre 2019
flf
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