Nemo profeta in
Patria
“Un profeta non è disprezzato che, nella sua patria, tra i suoi
parenti e in casa sua. (Marco 6-4)”
“Poi aggiunse: “Nessun profeta è bene accetto in patria”. (Luca
4-24)
Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore
nella sua patria. (Giovanni 4-44)
Gesù applica a se la profezia di Isaia 61-1-2, riferendosi al
rifiuto dei Nazareni nei Suoi confronti.
Frase evangelica oggi applicata per indicare chi spesso viene
rifiutato, non apprezzato da: familiari, colleghi, concittadini,
compaesani, amici…; citata anche da Giordano Bruno, nell’ultimo
capitolo del “De Magia”.
Questi gli assunti.
Ma quali le origini e le motivazioni di questa verità?
Sembrerebbe facile, definendo tale rifiuto, frutto dell’invidia.
Sennonché l’invidia è solo uno degli aspetti poliedrici del
rifiuto.
Cercherò di entrare più nello specifico, al fine di renderne
edotti coloro “di buona volontà” che intendono capire, per non
cadere facili prede dei mistificatori.
Di chi, ammantandosi di perbenismo, di millantato amore, porta i
semplici ad esercitare errori, spesso gravi, se non gravissimi.
Muovendosi nei ‘cunicoli’ dei sentimenti più primordiali dei
semplici; facendo loro balenare davanti gli occhi, e nel
profondo, fantasmi inesistenti.
Trasformando i poveri di spirito in belve umane, pronte a tutto:
stragi, guerre, odii irrefrenabili, tramandati di generazione in
generazione.
Poiché l’odio genera odio, si allarga e si spande all’infinito,
con una rapidità come fulmine a ciel sereno.
Questo il motivo per il quale è importante smascherare la
cattiveria dei demagoghi.
L’interesse personale che hanno i possessori del ‘convincimento
delle masse’; ed i subdoli intrighi che esercitano, da soli e in
gruppo, per trasformare il bene in male, il giusto in ingiusto,
le meschinità in grandezza, gli spiriti amorevoli in pezzenti,
l’amore in odio.
Sembrano quasi parole apocalittiche, pronunciate contro esseri
che, muovendosi nel buio, compiono acrobazie impensabili, per
non essere individuati, coprendo, con vestimenti sontuosi, la
pestilenza della loro anima.
Il ‘maligno’ li permea sin dalla prima infanzia, facendo loro
assaggiare i frutti della sopraffazione dei deboli e degli
indifesi.
Gli fa assaggiare il sapore del loro sangue, affinché se ne
inebrino, sino in fondo all’anima.
Questi esseri obbrobriosi, questi aborti del genere umano,
nascono e crescono come i funghi in mezzo alla selva
dell’esistenza.
Esseri senza coscienza e senza amore che sconoscono il
significato di: pietà, perdono, rispetto, comprensione,
altruismo, fratellanza…
Si crogiolano negli agi, riveriti e spesso osannati.
A uno di questi, che ero riuscito a salvare dall’indigenza e
dalla melma, anziché essere grato alla Provvidenza, comprensivo
verso i meno fortunati, pronunciò giuramento che “a qualunque
costo, non sarebbe più sceso”, da quello che lui definì ‘quel
cavallo’; per indicare la preminenza su tutto quello ov’egli era
arrivato.
Esseri poveri di spirito, disposti a commettere qualunque
ignominia, pur di affermare anche un minimo vantaggio su tutto
quello e quelli che circondano la loro esistenza: dagli esseri
viventi, alla manipolazione della natura e della materia. Degni
solo di infinita pietà.
Veniamo al dunque. Perché “Nemo profeta in patria sua”?
Inquadriamo meglio il termine e la figura del ‘profeta’.
Profeta è colui che vede più avanti, scruta meglio nelle nebbie
dell’esistenza, anticipando ciò che gli altri non sanno, non
vedono, non immaginano.
Ed assecondo la profondità e la grandezza dell’uomo profetico,
illuminato dal ‘divino amore (dice Dante) ’ egli può arrivare a
penetrare ‘la notte dei tempi’.
Ci sono, però, anche i piccoli profeti, coloro che hanno una
sensibilità superiore, i quali vivono sulla propria pelle e
nella loro anima, la nebulosa, la polvere cosmica che annuncia
l’arrivo di una cometa che illuminerà la notte buia in cui si
nascondono e vivono le masse, nella loro ignavia; nella loro
vita fatta di facili sentimentalismi senza ideali.
Poveracci, si trastullano con giochini; come fanciulli all’asilo
dell’esistenza. Pronti a seguire qualunque bandiera, qualunque
vessillo colorato, sbandierato loro sotto il naso: oggi a
destra, domani a sinistra, come tori dietro a una mantiglia.
Alla rincorsa della cuccagna, da parte di abili manovratori che
li porteranno nel baratro della perdizione.
Avviene questo, perché l’animo umano è più disposto a
distruggere che a costruire.
Più a disprezzare che cercare di capire.
Più ad apprezzare chi non si conosce e viene da lontano, come
l’erba del vicino che è sempre più verde; o come lo straniero
che porta un nome a noi inconsueto, osannato e glorificato da
chi è interessato ad imporre il personaggio, per mero
tornacontismo di chi ne ha creato una immagine inesistente.
Provocando una dicotomia fra realtà e finzione, al punto tale
che lo stesso personaggio non si riconosce.
Diceva Pirandello: “…vedo camminare per il mondo tanti
Pirandello che non conosco.”, rivolto alla fantasia dei critici
che costruivano Pirandelli inesistenti, per gli allocchi e gli
ignoranti.
Avviene spesso, perché l’uomo piuttosto che dichiarare la
propria pochezza ed i propri limiti, decide di raccontare
frottole; tanto, in un mondo che conosce e capisce poco o
niente, chi lo smentirà?
Forse un altro imbroglione, per opposto tornacontismo!
Tal che, chi agisce scientemente nel ‘male’ si scusa con se
stesso, dicendo: “Alla fine, tutti i santi, vanno in paradiso!”;
e continua a rotolarsi nell’inferno della sua coscienza, come
infilzato in uno spiedo.
Fedele al motto di Hobbes “Homo homini lupus”.
Eunuchi evirati nello spirito da un padrone maligno.
flf
Catania lì, 31 Agosto 2019
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