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Catania 06 Maggio 2021


IL SOGNO AMERICANO

Figlio come sono della seconda guerra mondiale, insieme al latte materno mi fu inculcato, nella mente e nel cuore, il sogno americano, che avrebbe risolto, una volta per tutte, le piaghe del mondo.
All’inseguimento di questo sogno non distolsero, nella mente e nei cuori di noi siciliani -che da secoli inseguivamo il detto aristotelico di “libero uomo in libero stato”, sin dalla “prima guerra servile”, contro l’oppressione e la tirannia- non ci resero edotti neppure i bombardamenti a tappeto anglo-americani, che tanti morti di inermi cittadini avevano causato.
La famosa pluri abusata “ragion di stato”, declamata per giustificare orrendi delitti, singoli o di massa, spazzati via d’emblée, con un colpa di spugna.
Accogliemmo, in mezzo alle morti, agli sfaceli, alle distruzioni, lo straniero, con canti, festeggiamenti, abbracci e baci, ringraziamenti, “caramelle, bomboloni e sottane”.
Il “Piano Marshall”, in Sicilia fu realizzato tra i Generali Charles Poletti e George Scott Patton, da una parte; e la mafia siculo-americana di Lucky Luciano, Vito Genovese, Calogero (Calò) Vizzini, Giuseppe Genco Russo, dall’altra, la quale ebbe in ricompensa “le trenta monete” provenienti dalla “gestione lecita ed illecita delle risorse prodotte e trafugate”; soprattutto di origine “illegale”.
Sfruttamento di tutte le risorse economiche e umane, comprese quelle di “sopravvivenza”.
Ahi cattiva genia, sopravvissuta politicamente sino ai nostri giorni.
Fatta la dovuta premessa, il mio sangue-ribelle, ad ogni forma di sfruttamento e condizionamenti illeciti, mi portò ad un lento e progressivo avvicinamento a questa “araba fenice” del sogno americano.
Arrivai sino alle porte. Raggiunsi la responsabilità nazionale del “coordinamento delle vendite” in una Società Americana di prim’ordine: la Johnson Wax S.p.A., oggi S.C. Johnson & Son, con Sede Internazionale a Racine nel Wisconsin – Stati Uniti d’America.
Fui scelto con il fine di affidarmi un compito arduo, sdoppiare l’Azienda in due Divisioni distinte e separate: la Divisione Casa, e la Divisione Goddard.
Lavoro consistente nel; suddividere i prodotti esistenti; crearne di nuovi (creai e produssi, personalmente in Italia il Raid insetticida, oggi leader mondiale); creare ex novo due organizzazioni, due linee di prodotti; promuovere nuove assunzioni; organizzare nuove figure aziendali; con tutto ciò che ne conseguiva.
Erano i tempi del “boom economico italiano”, che fece storia.
Alle “vacche grasse”, come spesso avviene, succedettero i tempi delle “vacche magre”.
Gli americani si erano abituati agli introiti che “satollavano” la loro avidità.
Improvvisamente, durante una Conferenza Vendite Nazionale, venimmo raggiunti, insieme al Direttore Generale ed Amministratore Delegato in Italia, Gianni Montezemolo, da un telefax, in cui ci si “intimava” lo studio di un “riaccorpamento delle due Divisioni in una”, ed il “licenziamento degli esuberi”.
Circa il 30% dell’organizzazione aziendale; approssimativamente sessanta persone, comprendenti ruoli di ogni livello.
Rimasi con il whisky sospeso a metà. Mi si ghiacciò il sangue nelle vene.
Sto raccontando nel dettaglio l’aneddoto, affinché si possano meglio valutare “i contorni e le sfaccettature” del sogno americano.
Premessa fondamentale è quella che l’America, o per meglio dire gli Stati Uniti d’America, hanno esistenza storica dal 4 luglio 1774, cioè 247 anni di vita. Vero è che l’Unità d’Italia è nata il 17 marzo 1861, solo centosessanta anni fa, ma con alle spalle quattromila anni di civiltà. Mentre alle spalle del popolo americano vi sono indiani, con archi, frecce e penne in testa, da una parte; ed i “conquistadores” dall’altra.
Quest’ultima, una “genia di galeotti” provenienti dal “vecchio continente europeo”.
Scorza rude, della quale il popolo americano fa tuttora fatica a liberarsi.
A poco servono "i cervelli provenienti da tutto il mondo moderno” che l’America è disposta a pagare profumatissimamente in soldoni, prebende e posizioni di vertice, al fine di migliorare “la gentilezza d’animo di un popolo pirata”.
Ritenete “eccessiva” la definizione? Allora, suggeritemi voi un termine più consono a definire “l’aspirapolvere economico” che C.I.A. -Central Intelligence Agency (Agenzia di spionaggio internazionale) e corporazioni militari americane, esercitano nel mondo, per appropriarsi indebitamente di ricchezze appartenenti alle nazioni più deboli che non sono in grado di difendersi.
È vero, hanno avuto dei bravi maestri, nel colonialismo inglese, spagnolo, portoghese, belga, francese; e dai “negrieri” tuttora presenti in alcuni stati del Sud. E chi più ne ha, più ne metta… “carne al fuoco”.
Per non parlare del “sogno imperialistico fascista, tedesco, giapponese, cinese…” e così via cantando.
Ricordate l’inno fascista: “faccetta nera… tu sei romana. Aspetta e spera che già l’ora s’avvicina… Noi ti daremo un’altra patria e un altro re…”. E lì… stermini e massacri. Sintesi della rapacità umana. Strada che alla fin fine, serve solo a rallentare il progresso dell’umanità.
Solo la pace e il vivere civile, all’ombra della modestia e dell’altruismo, costruiscono un mondo migliore. I furbi, gli egoisti, gli approfittatori, i prevaricatori, i faccendieri ed i guerrafondai, sono solo “feccia umana”, bravi a distruggere, mai a costruire.
Descriviamolo meglio questo “sogno americano”.
Riprendiamo dal whisky rimasto a metà.
A seguito del telefax, una “bomba atomica” a ciel sereno, il top-management mi strinse “fra le corde” e pendeva dalle mie labbra, in attesa di un mio “obbedisco!”.
Quello fu il momento più difficile della mia vita. Non avevo tempo per riflettere a sufficienza. Il “mondo aziendale” premeva pesantemente sulla mia coscienza. Mi si chiedeva una risposta immediata da trasmettere alla Casa Madre, che mi apparve improvvisamente, inaspettatamente, in tutta la sua malvagità.
Mi resi subito conto, quanto un mio “sì, si può fare”, sarebbe stato irreversibile.
Nelle frazioni di secondi che attraversarono la mia mente, ero alla ricerca di una “luce”, uno spiraglio che lenisse l’angoscia che attanagliava la mia mente ed il mio cuore. Mi si chiedeva di “uccidere a cuor leggero” una mia creatura. Mi si chiedeva di mettere “sul lastrico” circa sessanta famiglie, fatte nascere, allevate con trepidazione, e portate a sorridere alla vita.
La mia mente corse veloce a cercare “frecce per il mio arco”. Vidi i figli, di quei padri di famiglia, con le braccia alzate verso di me, che chiedevano aiuto, salvezza.
Due idee mi folgorarono contemporaneamente la ragione e l’anima. La prima era che quegli occhi direzionali mi puntavano sospesi ed angosciati per un motivo specifico “non erano in grado di stendere un piano d’azione”: “I carichi di lavoro, la selezione delle risorse umane, le zone, le aree... ecc., ecc. Di tutto questo e di altro, me ne ero occupato in toto nella scissione delle due Divisioni. Solo io, nell’immediatezza, ero in grado di ricomporre il tutto in un’unica Divisione. In un riaccentramento equilibrato. Nessuno di loro, in un battibaleno, sarebbe stato in grado di farlo.
Avrebbero dovuto denunciare alla Casa Madre la loro incapacità, causata dalla totale delega a suo tempo riposta nelle mie mani. E questo li atterriva.
Seconda arma in mio possesso era quella che all’inizio della scissione era stato distribuito, a tutto il personale, un libricino di poche pagine dal titolo “Noi crediamo che…”, tradotto in italiano ed inviatoci dalla Casa Madre. Ove si “sciorinava” un credo nel quale al centro c’era il collaboratore-dipendente-dirigente ecc., nella propria entità di risorsa umana “preziosa”, da rispettare, riconoscerne le qualità, spronarla alla crescita, in simbiosi con l’Azienda, nell’ambito nazionale ed internazionale.
Feci leva su questo assunto morale, per convincere il top-management nazionale ed internazionale, a soprassedere, ed accettare una mia controproposta: “Accorpamento in una unica Divisione, come richiesto; restringimento delle zone; lancio di prodotti nuovi, atti ad arricchire il paniere dei prodotti e quindi un incremento delle vendite; assestamento dell’organico in due anni, sfruttando il naturale turnover aziendale, ed incentivando economicamente coloro che avrebbero preferito una uscita “vantaggiosa”, alle ristrettezze ed alle “lotte intestine”.
Sapevo anche che, come avvenne, gli americani mi avrebbero fatto pagare caro il “gran rifiuto”, rappresentato dal mio mancato “allineamento al loro diktat”; e che i miei “cari colleghi” mi avrebbero additato quale “capro espiatorio”, relazionando ed enfatizzando le parole da me pronunciate per l’occasione, come chiosa della mia proposta: “Propongo questa soluzione, alternativa ai licenziamenti, in quanto l’Italia non è l’America, in cui chi perde il lavoro, ne trova, quasi immediatamente, un altro. In Italia, principalmente nel centro-sud, il capo famiglia che perde il lavoro si trova improvvisamente alla fame e disperato, per un periodo di tempo lungo, incerto e difficile”.
Mi giocai così il mio ‘sogno americano’, di una fulgida carriera internazionale. Sogno accarezzato sin dalla più tenera età.
Me ne tornai a fare “il Cincinnato*” nella mia terra natia, in Sicilia. Cambiai lavoro ed azienda.
La morale che ne possiamo trarre è quella suffragata dai fatti: “il sogno americano è un sogno inesistente” dove l’uomo è solo un ingranaggio, blandito con lusinghe e risorse economiche. Ogni giorno con “un piede dentro e un piede fuori dal piatto dove mangia”, che gli può essere tolto da sotto il naso, appena solo “accenna” a dimostrare indipendenza interiore e rifiuto ad essere “ignominiosamente manovrato”.
Al posto del “Noi crediamo che…”, nelle Ditte, Aziende, Compagnie, Holding, americane, dovrebbero distribuire il decalogo del perfetto “Yes man”, così come è egregiamente beffeggiato da Laurence Peter, nel suo libro “Il principio di Peter”; ovvero “perché il tuo capo è incompetente…”; e ancora: “impara ad essere una slot machine”, nelle mani del tuo “Boss”, ed avrai “vita facile”, all’ombra dello “stellone americano”; nella nazione dei balocchi, in cui ben presto sarai dotato di “orecchie asinine e coda”.
*Lucio Quinzio Cincinnato. Per antonomasia chi ottempera ad un impegno di responsabilità e di “comando”; si ritira in sordina spogliandosi delle vesti del “guerriero”, in cerca di pace.
Alé, alé, alé…, go, go, go…; quacquaraqua!
Siamo in chiusura.
Rinominai il libricino, sintesi della “doppiezza americana”: “NOI NON CREDIAMO CHE…”
Tutti si “nascosero” dietro le mie spalle, esponendomi al “fuoco amico”, e al “ludibrio dei negrieri americani”. Pagai per tutti l’esigenza di essere un “manager umano”, sempre alla ricerca di soluzioni ragionevoli ed accettabili.
Tutto sommato convenienti ‘erga omnes’.
Nel dovuto rispetto per l’onesto lavoratore.
Contro la mentalità del “perfetto burocrate”, che mette in atto “supinamente” disposizioni, protocolli, circolari, per soddisfare la propria ferocia con sadismo e viltà.
Esiste sempre una “via di mezzo” in grado di tutelare gli interessi di tutti. Bisogna cercarla, attuarla: “cum grano salis”, diceva Plinio il vecchio. Questo, per me, vuol dire “essere manager”! Il resto “lascia il tempo che trova”. Dal famoso detto toscano: “La nebbia lascia il tempo che trova”. Vale a dire che la nebbia quando dirada, dimostra la sua inutilità, come molte zucche vuote che occupano posizioni prestigiose ma che sono: “fumo e niente arrosto”.

P.S.: Joe Biden, Presidente cattolico.
Credo in questo Presidente, forse più che in J.F. Kennedy ed Obama. Il “buon giorno” si vede dal mattino. Spero ardentemente che continui. L’America aveva da tempo bisogno di un approccio più umano, nella politica interna ed in quella internazionale. Chi più ha, più deve dare, in ordine economico e morale. Chi meno ha, ha diritto che gli siano lenite le sofferenze. Questa è una legge che scende dall’alto, dal molto in alto, al di sopra delle nostre teste, e che bisogna accettare, se vogliamo superare gli incubi ed uscire “a riveder le stelle”.
La Provvidenza ha donato a Joe una compagna eccezionale Jill Tracy, dalle origini siciliane, della Sicilia “Magna Grecia”. Di quella parte della Magna-Grecia “faro del mondo” che ha illuminato i secoli. Non sono io ad affermarlo, lo diceva già J.W. Goethe, definendo la Sicilia “chiave di tutto”.
Di tutto ciò che di buono e di positivo, o di terribile e negativo, alberga nell’uomo, d’ogni latitudine e d’ogni continente: “la filosofia delle filosofie. Succo della vita”.

flf


 

 


 

 

    Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»  
Presidente Augusto Lucchese
  e-mail: augustolucchese@virgilio.it