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           Il viaggio di una vita


Che strano, i miei viaggi cominciano sempre davanti un foglio bianco. Forse perché è il viaggio che ho inseguito in tutta la mia esistenza. Il candore che nasce dalla conoscenza profonda di uno spirito inquieto.
È un viaggio infinito, fatto di stadi concentrici, ove il passaggio da uno stadio al successivo, è sempre periglioso ed incerto.
Recita un famoso detto indiano: “Voler conoscere la profondità dell’animo umano è come voler svuotare il mare con una ciotola”. È un sogno impossibile. Probabilmente proprio per questo è affascinante.
Mi ha sempre colpito l’episodio tramandato ai posteri da Plotone, nel descrivere la morte di Socrate. Il filosofo, ingiustamente condannato a morte, a seguito di accuse inique, circondato dagli amici più intimi, viene da questi sollecitato ad accettare la possibilità di fuggire. I carcerieri erano d’accordo, e comunque sarebbero stati ben remunerati, affinché ne favorissero la fuga. Socrate si rifiuta per un ideale morale: “non infrangere la legge”, neanche a seguito di iniqua ingiustizia nei suoi confronti.
E su questo non voglio fare paragoni con i piccoli uomini, politici e non, che si inventano l’impossibile pur di sfuggire alle proprie responsabilità ed infrangere quelle leggi da loro stessi varate.
Ancor più potente era la seconda motivazione. Socrate contrappone a Critone, che lo vorrebbe salvo in Tesseglia, la rettitudine ateniese, nei confronti della dissolutezza e del disordine dei costumi dei tessali.
Tutta la vita di Socrate testimonia la coerenza con i suoi ideali. L’idealista si riconosce quando viene messo al vaglio di un fatto di vitale importanza. Soprattutto quando si tratta di vita o di morte.
Cesare Battisti, patriota irredentista della “Prima guerra mondiale”, a chi gli chiede di rinnegare i suoi ideali, per avere salva la vita, risponde “tirem innanzi”, a significare che ci sono ideali che valgono più della stessa vita.
Uomini per i quali, se privati della coerenza con i propri ideali, la vita diventa priva di significato. Così, per costoro, è meglio rinunciare alla vita che all’ideale che li identifica.
A proposito di idealismo, un aforisma recita: “Con la pietra si prova l’oro, con l’oro la donna, e con la donna l’uomo”. L’occasione mi è gradita per parlare della mia visione della donna.
Spero che il mio concetto della donna sia talmente anacronistico, in contrasto con il mio tempo, da suscitare perplessità e costringere alla riflessione coloro che danno tutto per scontato, purché in linea con i tempi in cui vivono. Assorbiti, nel profondo del loro animo, da dettami generalizzati, provenienti da un mondo che calpesta ogni cosa, financo i sentimenti più delicati.
Prima di accettare pensieri e ragioni, rifletti!, dice Kant. Valuta con la tua mente e con il tuo cuore, quello che il sistema ti impone. Non lasciare niente al caso. Fai di ogni fatto della tua vita, un’impronta del tuo essere interiore. Cresci interiormente, prima di cimentarti in imprese difficili, ne avrai bisogno. Troppo spesso, dice ancora Kant, deleghiamo gli altri a pensare per noi, anziché pensare con la propria testa. L’indottrinamento è sempre interessato. Deve essere la ragione, non la tradizione a indicare la strada da seguire. Un’idea non è vera solo perché sono in molti ad esercitarla. Molto spesso è un errore commesso infinite volte.
È molto più semplice e comodo ragionare con la testa della maggioranza: per pigrizia, stupidità, abitudine; e non per mancanza di intelletto, continua, ma per comodità ed interesse. (Kant ‘Critica della ragion pura’).
Il grandissimo ed esteso mondo dei ‘consenzienti’ (Yes man, in inglese), disposti a spogliarsi di ogni dignità, come le pecore pazze che calano sempre la testa. Come tutti quelli che sputavano ed insultavano Cesare Battisti, persino nel percorso verso il patibolo. Irriverenti financo davanti al sacrificio supremo. Come Pilato ed i flagellatori romani, ideatori dell’acronomo I.N.R.I. – Jesus Nazarenus Rex Indeorum, in ebraico, latino e greco, da apporre sulle croce, all’atto della crocefissione del Cristo.
Esseri succubi di un sistema sovrastante ed iniquo che riesce a trasformare i poveri di spirito sino all’interno delle cellule più recondite del loro corpo, e della loro anima. Questi esseri mediocri, scarti dell’intelletto, per pigrizia mentale e morale, sono pericolosi per la grande quantità di massa di cui si compongono. Sono il vero ostacolo, subdolo caliginoso ed evanescente, contro l’affermazione del buono, del bello e del giusto, in ogni forma e principio.
Ecco, quindi, che nasce il bisogno di dare volto e dimensione all’identità, in questo caso della donna, nel contesto sociale ed umano.
Cercherò di apporre, nel mio ragionamento, alcuni punti fermi. La donna è, e speriamo che rimanga sempre, generatrice di ogni essere umano, come ci impone e ci imporrà in eterno, la bioetica. A lei, noi tutti, dobbiamo la nostra esistenza. E indipendentemente da tutte le brutture, le angosce, i dolori che la vita ci riserva, dobbiamo in tutta onestà riconoscere che ‘la vita’ vale la pena di essere vissuta.
Se lo chiedeva anche Shakespeare, nel suo ‘Amleto’: “Essere, o non essere, questo è il dilemma”. “To be, or not to be, that is the question…”. “Dormire, forse sognare…”. “To sleep, perchance to dream…”.
Ma la vita è azione, o per meglio dire è ‘pensiero ed azione’, sicuramente un fatto virile, ma non soltanto tale. A quante decisioni estremamente importanti, partecipa, suggerisce, soffre, la donna insieme all’uomo con cui vive ‘in simbiosi’?
Ecco in che cosa l’uomo e la donna sono di eguale dignità. Quando si compendiano e si completano, ciascuno con il proprio sentire più profondo.
Per tutto il resto sono diversi, due esseri completi in ogni propria forma e indipendenza, che, superate le ‘schermaglie’ delle estraneità, devono ‘costruire’ un mondo dentro e fuori di loro, insieme. Senza violenza e senza prevaricazione, nel rispetto reciproco dei propri diritti e doveri, verso l’altro o l’altra ed insieme verso gli altri.
Dante, nella ‘Vita Nova’ descrive il suo ideale di donna con un sonetto di grande spessore poetico e sentimentale: “Tanto gentile e tanto onesta pare / la donna mia quand’ella altrui saluta /… e li occhi no l’ardiscon di guardare;…”, dedicata a Beatrice Portinari, conosciuta quando Dante aveva nove anni, e Beatrice otto. Rincontrata quand’egli ne aveva diciotto. “Sovra candido vel cinta d’ulivo / donna m’apparve, sotto verde manto / vestita di color di fiamma viva” (Purgatorio, canto XXX). Andata sposa, morì a ventiquattro anni, si presume di parto.
Per Dante, Beatrice rappresentò: la Fede e la Sapienza.
Sembra una favola, se si pensa che le dedicò tutti i suoi pensieri e tutta la sua anima sino alla morte, terminando La Divina Commedia poco prima che venisse meno.
Per lei, per l’ideale che Beatrice rappresentava nel suo cuore, Dante creò il ‘Dolce Stil Novo’, una maniera gentile e profonda di amare nella donna la sua innata femminilità, fatta di pensieri e sentimenti sublimi.
Quanto diversa oggi… la donna.
Sarà per questo che, ogni qualvolta la vita mi ha messo di fronte alla più schietta e sincera femminilità, è come se il cuore mi si fermasse in petto, respiro con fatica, la mente mi si annebbia, balbetto, mi incanto e ne rimango estasiato.
Ora capisco perché i cavalieri di quel tempo, il tempo di Dante, erano disposti a giocarsi la vita per il sorriso, una languida promessa, della loro dama.
Come sino a non molto tempo fa avveniva ed avviene al torero nell’arena.
Oggi, il consumismo più becero ha trasformato la donna in una ‘competitor’ sociale, per motivi economici, carrieristici, arrivistici; pronta al combattimento.
L’ha spogliata di ogni dolcezza, candore, delicatezza di sentimenti; e la sta mutando in uno squallido androgino, metà uomo, metà donna.
Dipinta di belletto sempre più sofisticato per nascondere i virili attributi che si porta dentro. Questa non è la donna dei miei sogni, che non dice sconcezze, parolacce; che non si mette su un piedistallo a contendersi la palma del successo, ad ogni costo. Questo tipo di donna, rassomiglia troppo ad un ermafrodito perché la sogni e la desideri accanto, quando a lei aspiro ed anelo.
Questa donna è di un altro pianeta, forse è un’aliena...
Non voglio vederla! Ditelo ai gelsomini col loro piccolo bianco. (Federico Garcìa Lorca).

Catania 22 Dicembre 2019   
                                   flf


 

 


 

 

    Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»  
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