CRIMINI -
VIOLENZA - TRAGEDIE FAMILIARI.
Prendendo spunto dall’esecrabile delitto che ha posto fine alla
giovane esistenza di una ragazza, Giulia Cecchettin, colpevole
solo di avere fatto innamorare perdutamente un suo quasi
coetaneo e compagno di studi, Filippo Turetta, che non si è
posto scrupolo alcuno nel portarla selvaggiamente a morte,
emergono spontanee tristi considerazioni circa i riflessi di
solidarietà e di umanità che il crudele episodio ha ingenerato
nel sensibile e coinvolto ambiente locale.
L’aspetto riprovevole dell'accaduto è emerso, invece, ad opera
del discutibile, mercenario e infido mondo dei mass-media che,
come da aduso copione, strumentalizza ogni cosa, anche le
tragedie, pur di ottenere “audience” e pur di riempire i
palinsesti o addirittura quinterni di carta stampata.
Dopo il lungo periodo della mostruosa epidemia da Covid 19, non
si era più verificata una simile famelica corsa allo “scoop
sensazionale”, neppure a fronte dei devastanti conflitti di
Ucraina e di Gaza e ove si escludano taluni flash di frequenti
distruttivi fenomeni atmosferici, di dissesti, frane e crolli,
di paurosi disastri stradali, di letali incidenti sul lavoro, di
delinquenziali e malavitosi episodi.
E’ come se, nel campo della informazione, fosse stata attribuita
alla cronaca nera, quasi quotidianamente zeppa di notizie su
brutali omicidi, aberranti femminicidi, brutali violenze, abusi
sessuali, scandali d’ogni tipo e varietà, una sorta di assoluta
priorità e prevalenza.
Una costatazione ancora più grave affiora dal fatto che, molto
spesso, il delicato compito di “cronisti di trincea” è affidato
a operatori di primo pelo, a sprovveduti recensori di tragici
fatti, più o meno inconsapevoli della loro responsabilità.
L’informazione, pur essendo unanimemente ritenuta necessaria
quanto “doverosa”, non dovrebbe mai travalicare un certo limite
di prudenza, nella misura in cui non dovrebbe mai venire meno
alla ineludibile cautela volta a non fare degenerare la notizia
in induzione a possibili comportamenti emulativi da parte di
soggetti probabilmente già predisposti a commettere altrettanti
ripugnanti delitti e reati.
Non appare fondata e tanto meno accettabile, viceversa, l’idea
che il “clamore” conferito alla cronaca di taluni aberranti
fatti delittuosi, possa servire a contenere o annullare il loro
ripetersi.
In alto loco politico e nei meandri di un saccente ambiente
pseudo “intellettuale”, si dovrebbe comprendere, una volta per
tutte, che simili fenomeni delittuosi e degenerativi non si
estirpano con formalistiche e molto spesso farisaiche
“dichiarazioni di facciata”, con il morboso esibizionismo degli
stereotipati “portavoce” di gruppi e sottogruppi politici -
stile vezzo delle comari - e tanto meno con affollate sfilate o
fiaccolate, con costosi e inquinanti “scenari luminosi” sulle
facciate di palazzi o siti istituzionali.
Le deviazioni delittuose, vera gramigna velenosa della società,
non andrebbero affrontati con anacronistici annunci di nuovi
provvedimenti repressivi, con l’inasprimento delle pene già in
vigore (ammesso che l’attuale sistema di pubblica sicurezza,
dispersivo, operante a compartimenti stagni e talvolta
burocraticamente intasato, sia in grado di intervenire
prontamente per applicarle e farle rispettare.
Tanto meno con la semplicistica chiamata in causa dell'ambiente
familiare o con immaginifici progetti educativi delle
scolaresche d’ogni ordine e grado in materia di ineludibile e
rispettoso comportamento nei riguardi delle donne, oltre che in
campo sessuale.
Circa quest’ultimo settore si dimentica, oltretutto, che tali
progetti sembrano essere ben poco realizzabili per ovvi motivi
di carenza qualitativa e quantitativa di chi dovrebbe svolgere
tale delicato compito, a parte la mancanza di adeguati
stanziamenti e di acquisite sostanziali pregresse esperienze.
Si correrebbe il rischio di snaturare le tendenziali finalità e
di creare la consueta disorganica confusione fra teoriche
“direttive” e concrete applicazioni.
In campo politico, specialmente, si è dimenticato, forse per un
tentativo di sgravio di acquisite pregresse gravi
responsabilità, che oggi è la società nel suo complesso ad
accusare un sempre maggiore grado di deterioramento, di perdita
degli antichi valori di rispetto del prossimo, di smarrimento
sostanziale delle regole di convivenza civile, di eccessivo
permissivismo in materia di etica comportamentale e morale
(incentivato e perseguito nel tempo da parecchie influenti
“giostre” intellettualoide e politiche), di tacita accettazione
di una scadente cultura di massa su cui influisce in buona
misura un certo biasimevole e mercenario ambiente della galassia
informativa.
Senza dire dell’esasperata corsa al tecnicismo (prettamente di
valenza consumistica) portata avanti sotto le mentite spoglie di
un ammaliante progresso dalla controversa RETE INTERNET gestita
e alimentata, in assenza di validi controlli, da ingorde
multinazionali cui poco o nulla importa della salute mentale
della sempre crescente massa degli utilizzatori di un tale
crotalo apparato ormai globalmente radicato.
Aggiungasi l’esistenza, più che palese, di una vastissima zona
paludosa della galassia televisiva, consolidata e incontrastata
fonte di cortometraggi (in maggioranza di provenienza estera)
impostati sulla violenza, personale e di gruppo, su trame
spregiudicatamente volgari, diseducative e poco edificanti, su
scenografie talvolta raccapriccianti, su personaggi amorali e
dissacranti, sin quasi ad incorrere nell’apologia del crimine e
con l’obbrobrioso risultato di propinare ai telespettatori
pericolosi messaggi.
E’ parecchio evidente che nell'ambito di tali strumentali
comparti affaristici, purtroppo parecchio spadroneggianti,
risiede la causa maggiore della odierna situazione di degrado
morale e culturale della società proiettata verso la
smoderatezza del dialogo, verso la violenza comportamentale,
verso una sorta di autolesionismo.
Non è, quindi, solo l’ambiente familiare o scolastico in cui è
necessario intervenire nel tentativo di imprimere una inversione
di tendenza ma, responsabilmente e senza doppiezza d’intendi,
appare ormai improcrastinabile un forte, coraggioso e deciso
intervento legislativo per cercare di circoscrivere almeno il
campo minato dei deviati servizi informativi, delle televisioni
private e di Stato, di una certa stampa.
Dai pulpiti della politica e dei mass-media nessuno ha inteso
porre il dito nella piaga, neppure ipotizzando l’urgente
occorrenza non dei soliti pannolini caldi approntati mediante
qualche decretuccio di ripiego che lascia il tempo che trova,
bensì di concreti ed efficaci correttivi mirati a sanare e a
regolamentare a dovere il delicato settore audiovisivo e di
rete, onde evitare che esso, imperterrito e omertosamente
protetto, seguiti ad intossicare la società rendendola ancora
più violenta e incivile.
Il mondo della informazione (televisiva e della carta stampata)
non dovrebbe ossessionare i teleutenti e i lettori con snervanti
e strumentali servizi e recensioni (molto spesso di sapore
demagogico) che hanno il deleterio effetto di aggravare lo
stress psicologico della gente e, magari impropriamente, di
pubblicizzare particolari e risvolti di fatti delittuosi ad uso
e consumo di soggetti potenzialmente pericolosi.
Per ridurre il citato proliferare di taluni nefasti servizi
televisivi, oltre che per bloccare l’infestante formicaio di
invadenti e quasi sempre balordi “SPOT”, “SMS”, “VIDEO”, “LIKE”,
“APP” - a getto continuo sfornati dall’oppressivo strumento di
tortura volgarmente chiamato “Smartphone”, “Tablet”,“ i-Pad”
(con il pessimo risultato di intasare e inquinare insensatamente
la “rete”) occorrerebbe che gli improvvisati e spesso mediocri
inquilini (magari immeritatamente alloggiati nelle varie stanze
del potere politico istituzionale), piuttosto che cincischiarsi
in vacui salottieri chiacchiericci (talvolta di bassa lega o da
osteria) e in ricorrenti promesse da marinaio (autentiche prese
in giro, pur se ammantate da sciocche prosopopee), avessero il
buon senso di porre un freno alla dilagante pandemia prima
accennata.
Basterebbe resettare, innanzi tutto e senza sotterfugi di natura
settoriale speculativa o di convenienza elettorale, le migliaia
di “frequenze” generosamente “concesse”, a seguito dell’entrata
in vigore della controversa e nebulosa legge 6 agosto 1990 n.
223 (detta legge Mammì in onore del suo poco lungimirante ma, si
dice, interessato artefice, l’osannato On. Oscar Mammi) che
imperdonabilmente ha alterato, strumentalizzato, deteriorato e
contaminato il potenziale istruttivo mondo televisivo e
radiofonico.
E’ opportuno ricordare agli smemorati dei palazzi nobili del
potere o ai maestri dell'inganno che tale legge fu approntata ed
emanata ad hoc (si dice in linea “amichevole”) per superare la
lunga e deleteria fase di stallo dovuta alla dichiarazione di
incostituzionalità del famigerato decreto Craxi del 1984.
Decreto sfrontatamente indirizzato a salvare le reti televisive
acquisite in maniera alquanto discutibile e, a detta di molti,
“piratesca” dal nascente “patron Berlusconi”, per come
presuntivamente deducibile da taluni sistemi operativi più o
meno confutabilmente attribuitegli da attendibili organi di
stampa, da addebiti di cui a varie e pur controverse imputazioni
(qualcuna giunta a definitiva sentenza di condanna), oltre che
dalle parti interessate e da vasti strati dell'opinione
pubblica.
Le “frequenze” di cui sopra, giusto quanto abbondantemente
notorio, furono elargite quasi a titolo gratuito ai volponi
delle onde Herziane che, già in agguato, avevano annusato a
tempo l’olezzo del dio denaro (ogni riferimento alla ricca
pubblicità, spregevolmente ossessiva e spesso ingannevole, non è
certo casuale) oltre che il rilevante peso specifico
dell’eventuale uso utilitaristico e politico della informazione
e dell'immagine.
Anche la RAI, vieppiù nell'ultimo periodo, manovrata e gestita
dal settario vertice di comando allocato in Via Mazzini, si è
comportata e si comporta sfacciatamente in tale maniera, a parte
l’arroganza e il favoritismo (parecchio oneroso) con cui vengono
predisposti e posti in rete taluni demenziali palinsesti
affidati a conduttori e conduttrici più o meno di terza scelta,
pur se agganciati al carro dei factotum del settore e pur se
visivamente e caratterialmente sgradevoli.
Sia codesta RAI che la collusa Commissione di controllo
parlamentare (che tutto fa tranne che esercitare un esaustivo ed
efficace controllo), oltretutto, hanno spudoratamente posto
dietro le spalle lo scandaloso permanere del truffaldino
“Canone” vessatoriamente inserito, non si capisce con quale
logica ove si escluda la malafede, nelle bollette energetiche
già pesantemente esose di per se per acclarati motivi
speculativi e ben poco trasparenti invalsi nell'ambito del
mercato energetico (produttivo e distributivo), oltre che da
parte del sornione fisco di casa nostra (o di “cosa nostra?).
Gli indefinibili governi succedutisi nel tempo (specie
nell'ultimo decennio), a maggioranza più o meno squalificata e
pur se retti da pseudo valenti “tecnici”, hanno creato lo
scenario di una Nazione affatto unitaria, costituzionalmente
parlando, irreversibilmente frantumata in diverse categorie di
cittadini che pur godendo di pari teorici diritti sono
palesemente diversificati per condizione sociale ed
esistenziale.
Vale la pena precisare come è suddivisa oggi la composita
società italiana:
* - ricchissimi arcimilionari, di censo o di fresco discutibile
arricchimento;
* - facoltosi d’alto rango, fra cui una caterva di politici e
uomini pubblici di rilievo, anche militari;
* - benestanti “colletti bianchi”, “piccoli imprenditori”,
“autonomi”, pur se non sempre classificabili come
appartenenti allo storico “ceto medio”;
* - modesti “travet” delle legioni impiegatizie e operaie, umili
pensionati della tarda età che sono in continua
lotta con le rispettive occorrenze esistenziali, sperando di
sbarcare alla meno peggio il loro magro lunario;
* - miseri ma numerosissimi “pensionati al minimo”, veri e
propri “paria”;
* - ed infine la tracimante massa dei sempre crescenti “reietti
della società”, impersonati da esseri umani
senza fissa dimora, senza arte ne parte e magari stanziati in
invivibili antri abbandonati, sotto freddi e
fangosi cavalcavia o nei contesi spazi liberi delle stazioni
ferroviarie.
Il marasma dei provvedimenti assunti di recente dall'esecutivo e
controfirmati da chi di dovere, non puntano di certo a colmare
tali evidenti storture e tali incompatibili disarmonie sociali
mentre appaiono più che altro indirizzati ad agevolare ancor più
le caste dei ricconi e spendaccioni d'alto livello, della
finanza conservatrice e speculativa (anche del settore
bancario), della imboscata ma sempre viva componente degli
incalliti fuori legge (lavoro nero, evasori & c., avvezzi
tangentisti, truffatori tradizionali o via RETE ecc. ecc.) che
le strutture preposte al loro ipotetico contenimento non
riescono tuttora, come in passato, a debellare.
Questo fazioso schema politico non è certo rispettoso della
sacra Costituzione, checché ne possa dire qualche indecifrabile
personaggio del verticistico gotha istituzionale.
Questa è l’odierna stesura della difficile e anomala situazione
del Paese Italia che i boriosi manovratori dei poteri
istituzionali, cui sono demandate più o meno democraticamente le
future sorti della Nazione, cercano di camuffare con intrecci di
un precario e discutibile sviluppo economico, dando continua
dimostrazione di non sapere o volere responsabilmente
affrontarla con provvedimenti strutturali ed efficaci.
Il tutto a scapito della sana comunità nazionale e del sistema
nervoso dei cittadini per bene, da non confondere con i fuori
legge d’ogni tipo e caratura, con gli imperdonabili evasori ed
elusori, con i parassitari approfittatori del caos
amministrativo, burocratico e politico sia in alto loco che,
vieppiù, a livello locale.
Con buona pace dell'osannato progresso civile e del disiato
benessere sociale.
Aveva ragione il sommo poeta Dante, ben 7 secoli addietro, nel
dire: - “ahi serva Italia … di dolore ostello ... “ , il cui ben
noto seguito è consigliabile, per carità di Patria, non
riportare.
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