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21 marzo 2013 – da Rosario Amico Roxas
a
augustolucchese@virgilio.it

 

Da Benedetto XVI a Papa Francesco:
un ritorno alla Chiesa di Cristo.

 



I primi giorni del pontificato di papa Francesco rischiano di cadere nella superficialità del silenzio di comodo; non mi riferisco a papa Francesco che già nei fatti più che nelle parole ha mostrato la nuova via che intende seguire, abbandonando quella segnata da Benedetto XVI, conclusasi con le dimissioni che sono state variamente interpretate, ma senza riuscire a nascondere che si è trattato di una tardiva presa di coscienza degli errori che hanno segnato i momenti salienti di quel pontificato, il più grave fra tutti l’alleanza con il liberismo berlusconiano e l’identificazione di” “aria più pura” che si sarebbe respirata con la vittoria elettorale del cavaliere.
L’accostamento al berlusconismo è documentato in una lettera-presentazione al libercolo di Marcello Pera, ragioniere e filosofo a seconda delle convenienze del momento. Di quella lettera nessuno ha voluto prendere le distanze, né in Vaticano né nelle alte sfere curiali, ma ha consentito che le parole di Benedetto XVI diventassero elementi di propaganda elettorale con penose lettere inviate a tutti i parroci d’Italia.
Quella lettera-presentazione è qui aggiunta in calce, ma non senza avere prima segnalato le frasi meno idonee ad essere scritte da un pontefice.
Scrive infatti: 

Benedetto XVI : Ella spiega con grande chiarezza che un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non è possibile. Papa Francesco fa del dialogo interreligioso il motivo conduttore del suo pontificato.

Benedetto XVI: Ella analizza l’essenza del liberalismo a partire dai suoi fondamenti, mostrando che all’essenza del liberalismo appartiene il suo radicamento nell’immagine cristiana di Dio: il liberalismo, diventato liberismo con Berlusconi, diventa una diramazione del cristianesimo, come se Cristo non avesse cacciato i mercanti dal tempio, ma si fosse associato ai loro traffici per lucrare l’8 per mille dei loro proventi. Papa Francesco predica la Chiesa dei poveri, rifiuta gli orpelli, gli ori nella esaltazione dell’umiltà.

Accludo il testo integrale, firmato Benedetto XVI e quindi nella qualità, che si vorrebbe far dimenticare, senza che lo stesso autore ne abbia preso le distanze, preferendo una più comoda dimissione, unica alternativa rimasta per neutralizzare la valanga di errori che ha travolto la Chiesa di Roma.
Rosario Amico Roxas

 

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Caro Senatore Pera, 
in questi giorni ho potuto leggere il Suo nuovo libro “Perché dobbiamo dirci cristiani”. Era per me una lettura affascinante. Con una conoscenza stupenda delle fonti e con una logica cogente Ella analizza l’essenza del liberalismo a partire dai suoi fondamenti, mostrando che all’essenza del liberalismo appartiene il suo radicamento nell’immagine cristiana di Dio: la sua relazione con Dio di cui l’uomo è immagine e da cui abbiamo ricevuto il dono della libertà Non meno impressionato sono stato dalla Sua analisi della libertà e dall’analisi della multiculturalità in cui Ella mostra la contraddittorietà interna di questo concetto e quindi la sua impossibilità politica e culturale. Di importanza fondamentale è la Sua analisi di ciò che possono essere l’Europa e una Costituzione europea in cui l’Europa non si trasformi in una realtà cosmopolita, ma trovi, a partire dal suo fondamento cristiano-liberale, la sua propria identità. Particolarmente significativa è per me anche la Sua analisi dei concetti di dialogo interreligioso e interculturale.
Ella spiega con grande chiarezza che un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non è possibile, mentre urge tanto più il dialogo interculturale che approfondisce le conseguenze culturali della decisione religiosa di fondo. Mentre su quest’ultima un vero dialogo non è possibile senza mettere fra parentesi la propria fede, occorre affrontare nel confronto pubblico le conseguenze culturali delle decisioni religiose di fondo. Qui il dialogo e una mutua correzione e un arricchimento vicendevole sono possibili e necessari. Del contributo circa il significato di tutto questo per la crisi contemporanea dell’etica trovo importante ciò che Ella dice sulla parabola dell’etica liberale. Ella mostra che il liberalismo, senza cessare di essere liberalismo ma, al contrario, per essere fedele a se stesso, può collegarsi con una dottrina del bene, in particolare quella cristiana che gli è congenere, offrendo così veramente un contributo al superamento della crisi. Con la sua sobria razionalità, la sua ampia informazione filosofica e la forza della sua argomentazione, il presente libro è, a mio parere, di fondamentale importanza in quest’ora dell’Europa e del mondo. Spero che trovi larga accoglienza e aiuti a dare al dibattito politico, al di là dei problemi urgenti, quella profondità senza la quale non possiamo superare la sfida del nostro momento storico. Grato per la Sua opera Le auguro di cuore la benedizione di Dio.

Benedetto XVI

Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»
Presidente Augusto Lucchese
e-mail: augustolucchese@virgilio.it