QUALE
AVVENIRE PER IL PIANETA TERRA?
Prendendo atto dell'inarrestabile inquinamento atmosferico,
oltre che terracqueo, che sta portando al surriscaldamento della
temperatura media del Pianeta, all’azzeramento delle stagioni,
agli incontrastabili sconvolgimenti meteorologici, alla
desertificazione di vaste aree produttive, allo scioglimento
delle calotte polari e dei secolari ghiacciai, e chi più ne ha
più ne metta, non è facile sperare che il futuro del Pianeta
Terra si avvii verso un tranquillo avvenire, specie se non si
riuscirà a legarlo ad un auspicabile e generalizzato
ravvedimento operoso dell' ex “homo sapiens”.
Aggiungasi l’esponenziale aumento della popolazione mondiale e
la sempre più evidente rarefazione delle risorse naturali, ed
ecco che il complessivo ben poco rassicurante scenario degli
anni a venire diviene sempre più preoccupante, foriero di
assillanti problematiche.
In questi ultimi trent’anni s’è perso molto tempo prezioso, la
situazione generale s’è aggravata, la legge di causa ed effetto
ha preso il sopravvento e i danni immensi, diversificati, forse
irrimediabili, fanno ormai parte del pesante bagaglio che le
giovani generazioni presenti e quelle prossime future si
dovranno portare dietro lungo una strada perigliosa e tutta in
salita.
Non bastano più le mendaci promesse dei “grandi della Terra” o i
buoni propositi enunciati a fronte dell’urgente necessità di
intervenire oggi e non domani, visto che ieri sono state
elargite a profusione solo chiacchiere. Non basta far visita,
magari con un codazzo di pseudo “responsabili”, nei luoghi dei
disastri, così come non basta correre al capezzale del morente
ecosistema ambientale o impegnarsi (a parole) di “ricostruire”
ciò che la furia dei violenti e anomali fenomeni meteo seguita a
distruggere in ogni parte del Pianeta. Non basta più irridere la
gente con l’assicurazione che ogni cosa tornerà sotto controllo
entro il 2050 circa. I pericoli incombenti, i disastri
prevedibili, i probabili morti, gli invalidi, gli sfollati, le
gravose perdite patrimoniali, sono tutte cose che appartengo
all’ “oggi” e non possono essere “rimandate al mittente”, in
attesa del chimerico traguardo annunciato. La natura non accetta
turlupinature politiche o rinvii di natura tornacontistica o
demagogica.
Le cronache quotidiane provenienti da ogni parte del Mondo
portano a riflettere, tuttavia, che oggi, peggio che ieri, non
si vede traccia alcuna di una classe dirigente mondiale capace,
responsabile, onesta, volenterosamente protesa a proteggere e
difendere l’avvenire della umanità.
Esiste e cresce, invece, una accozzaglia di intriganti
personaggi, d’ogni provenienza ideologica, d’ogni etnia, d’ogni
appartenenza nazionale, dediti più a curare i propri poco
odorosi intrecci personali e di gruppo che quelli della
disorientata collettività internazionale avviata verso un
incerto e insicuro avvenire.
Sono, di massima, personaggi apparentemente “di elite” che molto
spesso ottengono il potere applicando artefatti congegni di una
democrazia zoppa, talvolta strumentale e, oltretutto, non
unanimemente condivisa (vedi il crescente astensionismo). Si è
al cospetto, spesso, di improvvisati e ben mediocri “factotum”
che, magari spavaldamente, operano in funzione di uno spudorato
contesto tornacontistico, sciovinista e settoriale.
Ciascuno di costoro, pur se in rappresentanza di Nazioni
potenti, influenti, determinanti, agisce e si muove,
frequentemente, in base a scelte soggettive e spesso ambigue. Un
po’ tutti, nondimeno, sono affaccendati nel montare una sorta di
propria maionese impazzita, fatta di buoni propositi e di
cattive azioni, di ostentati desideri di pace e di subdole
manovre guerrafondaie, di allettanti progetti di una evoluta
società mondiale e di indecenti conservatorismi, di “patti” per
la democratizzazione dei sistemi di governo dei popoli e di
“trattati capestro” per l’asservimento economico, talvolta
spudorato, degli stessi.
Senza dire delle stereotipate e inconcludenti dichiarazioni di
ipocrita solidarietà per i derelitti, per i poveri, per i
lavoratori destinati a diventare poveri, mentre si seguita a
gestire la cosa pubblica con politiche intrise di istrioniche
progettualità e di vacue finalità elettoralistiche, spesso
demagogiche e ben poco tese allo sviluppo sociale e ad un
costante sforzo per incentivare, almeno parzialmente, un
paritetico ed equo utilizzo delle risorse e della ricchezza.
Tutto ciò chiaramente è la “terra promessa” per una pur limitata
categoria di super ricchi, di politici denarosi, di manager
tutto fare, di speculatori finanziari, che accentrando in se lo
strapotere del “dio denaro”, sono freneticamente dediti a
disdicevoli e talvolta immorali tendenze esibizionistiche, oltre
che a degli enormi inconcepibili sperperi. Il tutto in parallelo
e in simbiosi con quanto avviene nel vasto “parco sprechi” dei
numerosissimi, legalizzati e incontrollati organismi
istituzionali.
Applausi e “sette più” alla “vanitosa ostentazione”, alla
“sfrontata esteriorità”, al formalistico esoso cerimoniale di
corte o di contado. Alla forca, invece, la “modestia”, la
“umiltà”, la “parsimonia”.
A che servono, in proposito, le “encicliche” papali?
E’ ancora oggi constatabile, purtroppo, quanto taluni ambienti
dei vari Stati cosiddetti civilizzati, siano ben poco proclivi
ad accettare di buon grado un sostanziale ridimensionamento
delle anacronistiche e incivili tendenze egemoniche, basate sul
potere economico, finanziario e industriale, sulla sconsiderata
forza militare, sul predominio di ideologie di parte.
Senza dire del perdurare del triste fenomeno della emarginazione
sociale, della recrudescenza di ignobili casi di discriminazione
razziale, del frequente sciocco snobismo di nobili decaduti, di
ingordi capitalisti di ieri e di oggi, di arricchiti ai margini
della legalità e della onestà, di politici arroganti e talvolta
limitati di mente, di molti vanagloriosi esponenti di un
ambiente pseudo dottrinario, accademico e artistico culturale.
E non va dimenticata l’armata brancaleone degli intruppati
“ominicchi e quaquaraquà” televisivi, spesso e volentieri di ben
scarsa caratura professionale e culturale, magari esteticamente
impresentabili, che quotidianamente svolgono, gioiosamente per
loro, il prezzolato incarico di tediare entro le mura domestiche
gli inermi teleutenti, o teledipendenti che dir si voglia. Una
sorta di abusiva, recidiva e continuativa violazione di
domicilio. Uno scenario, nel complesso, a dir poco sconcertante,
retaggio di quelle forme di spregevole e pericoloso accanimento
involutivo che, da qualche lustro a questa parte, sono
disinvoltamente messe in atto dai talvolta dozzinali nababbi dei
babiloneschi e appariscenti “network” - titolari, gestori e
operatori, tutti inclusi e nessuno escluso - che più o meno
parassitariamente pascolano negli inquinati prati della
pubblicità.
Nell'ambito del travolgente “tsunami” del fittizio “progresso” i
ricchi speculatori diventano sempre più ricchi, i centri di
potere divengono sempre più vessatori ed esosi, la corruzione,
il peculato, le tangenti sono sempre più all’ordine del giorno,
i lavoratori perdono terreno rispetto al tenore di vita il cui
costo diventa sempre più alto, il precariato mal retribuito
domina il mondo del lavoro, i popoli sottosviluppati appaiono
sempre più economicamente arretrati quando non in preda al
dilagare della indigenza e della miseria, magari a fronte di
parecchi folcloristici “tiranni locali” che si arricchiscono in
concorso con le cannibalesche “multinazionali”, sfruttando le
risorse dei territori da loro dispoticamente controllati.
Viceversa, solo evitando sanguinosi conflitti locali e tribali,
lotte intestine per l’uso spregiudicato del potere, l’umanità
avrebbe ancora, in un condiviso contesto di pace, di solidarietà
e fratellanza fra i popoli, qualche chance di salvezza in più
rispetto ai sintomi crescenti del disastro eco ambientale ed
economico cui il pianeta Terra è avviato, forse
irreversibilmente.
Si riuscirebbe ad avere, sperabilmente, un mondo meno virulento,
meno soggiacente allo scontro ideologico o religioso che porta
all’odio quando non, in taluni contesti locali, ai genocidi e
alla crudeltà.
Non si espanderebbe ancor più, probabilmente, in maniera tanto
preoccupante, la nefasta tendenza a portare avanti controverse
rivendicazioni territoriali, pirateschi accaparramenti di
risorse, edonistiche brame egemoniche. Sarebbe meno deleteria,
chissà, la frenetica corsa allo sfruttamento speculativo,
inquinante e distruttivo del prezioso quanto delicato sistema
rigenerativo del patrimonio naturale terracqueo, faunistico,
vegetale e marino.
Il tutto magari accompagnato, senza eccessivi rimpianti, dalla
ponderata rinuncia a talune eccessive spinte consumistiche e a
tutto ciò che di superfluo, di vacua affettazione, di
megalomania, lo sviluppo tecnologico apporta.
Parallelamente, sarebbe oltremodo meritorio che la ricerca
scientifica e tecnica fosse dedicata, almeno in gran parte, ad
un sostanziale progresso civile e sociale della umanità,
ridimensionando la corsa spasmodica verso la robotizzazione
della vita quotidiana.
Parimenti, a livello di “Stati guida”, occorrerebbe che si
comprendesse l’inderogabile necessità di frenare, se non di
bloccare, l’approntamento di sempre più sofisticati e costosi
apparati bellici, contenendo lo sviluppo sconsiderato della
industria degli armamenti.
Potrebbero rifiorire, così, augurabilmente, molti dei trascurati
“valori” etici, spirituali e culturali della società umana,
intesa nella sua globalità e non circoscritta entro un ristretto
ed edonistico ambito nazionale.
Sogni nel cassetto? A quanto ci è dato constatare, sembra di si.
23 luglio 2021 LuAu
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