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15 maggio 1946
Promulgazione della “Autonomia” della Regione Siciliana.


Lo Stato italiano, nel maggio 1946, approvando e "concedendo" con l'imprimatur dell'allora Luogotenente del Regno Umberto II di Savoia, quello strumento autonomistico che va sotto la dicitura di "Statuto della Regione Siciliana", pose essenzialmente in atto un autentico raggiro, mistificando, in un certo senso, le ataviche aspettative della Sicilia, “indiscutibile comunità etnica e culturale dotata di identità, cultura e tradizioni proprie”, come definita dal Prof. Massimo Costa dell'Università di Palermo nel suo esauriente testo “Introduzione allo studio dell'Autonomia siciliana”, edito nel 2013.
Si pose in guardina, di fatto, la pregressa, inequivocabile e sofferta fisionomia “regionale” della Sicilia, tendenzialmente indipendente, storicamente comprovata e ben distinta rispetto a quella “nazionale”.
Fu elargita, di contro, una “autonomia” zoppa (tuttora mancante, a distanza di svariati lustri, di parecchi dei previsti dispositivi legislativi attuativi inerenti basilari e delicate competenze, come più avanti segnalato), forviante, stante che essa è talvolta oggetto di divergenti vedute fra Stato e Regione, sostanzialmente difficile da attuare pienamente ove si seguiti a non porre in adeguata considerazione i parametri sociali, territoriali e antropologici che, nel bene e nel male, contraddistinguono la Sicilia dalle altre Regioni d’Italia.
Non si è riusciti a colmare il consolidato divario fra nord e sud formatosi e acuitosi nel corso dei lunghi periodi di diffusa trascuratezza e di indegna emarginazione da parte dei governi monarchici e repubblicani succedutisi dal 1860 in poi.
I risultati e le conseguenze sono tuttora evidenti e condizionanti, oltre ad essere alquanto aggravati, peraltro, dalla perdurante colposa ignavia della classe politica, dirigenziale e intellettuale di origine siciliana, legata a filo doppio con l’entourage dei gruppi di potere romano e nordista.
E’ ampiamente dimostrato che lo stratagemma di cui sopra fu posto in atto, vieppiù, per bloccare sul nascere il diffuso senso di protesta popolare promosso e clamorosamente portato avanti dal “Movimento per l’indipendenza della Sicilia”, nato nel 1943 immediatamente dopo l’annuncio dello scellerato “armistizio di Cassibile” ed i cui esponenti di rilievo furono Andrea Finocchiaro Aprile, Antonino Varvaro, Attilio Castrogiovanni, Concetto Gallo, Antonio Canepa, Rosario Fasanaro, Nino Di Matteo, Sirio Rossi, Rosario Cacopardo , Lucio Tasca Bordonaro, Gualtieri Giuseppe Avarna, Stefano La Motta.
La pseudo “autonomia”, quasi fosse stata concepita e strutturata (con la connivenza di parecchi altolocati “personaggi politici” siciliani dei quali, per carità di Patria, è meglio non fare i nomi) quale strumento di consolidamento della sottomissione dei siciliani al potere partitico centralizzato, più che quale riconoscimento di un concreto diritto all'autogoverno a gran voce reclamato dagli stessi, è divenuta nel tempo un calderone d'incoerenza politica e amministrativa, del tutto contrastante con i contenuti sostanziali della “carta statutaria” varata in quel lontano 1946.
Basta scorrere, seppure affrettatamente, le varie “materie” e taluni specifici “articoli” che la compongono e di cui si tratterà più sotto.
Il risultato odierno è quello di avere dato consistenza e forma ad immensi sciupii di denaro pubblico, di avere posto in opera un mastodontico oneroso apparato legislativo, amministrativo e burocratico (talvolta essenzialmente dedito a complicare in maniera oltremodo pedissequa e confusionaria il recepimento delle norme di carattere nazionale), di avere parallelamente creato lucrosi feudi, anomale “fazende” di dispendiosi pseudo “servizi pubblici”, succulenti piccoli e grandi orti e orticelli, da assegnare a turno a taluni “personaggi” (più o meno “influenti” in rispettive aree elettorali) che da sempre hanno bazzicato le sontuose “stanze dei bottoni” di Palazzo d’Orleans.
Senza dire del miserrimo spettacolo del conferimento di prevaricanti e spesso ostacolativi poteri ad un nugolo di altezzosi e talvolta impreparati burocrati.
La ben modesta caratura di gran parte della compagine politica regionale (frutto, non tanto raramente, di improvvidi rapporti di esecrabile “voto di scambio”, di “nepotismo” o di imprudente collusione con ambienti malavitosi) ha favorito, inoltre, la deleteria opera di parecchi affaristi senza scrupoli che popolano il sottobosco dei partiti.
Forse ha avuto parecchio ragione una certa stampa straniera quando, in un non lontano passato, ebbe laconicamente ad affermare che "un medioevo scomparso dalla storia del mondo, si prolunga ancora in Sicilia".
Il retaggio delle dominazioni che si sono susseguite in Sicilia nel corso dei secoli verosimilmente non è scomparso, mentre le diverse e stratificate culture, lasciateci in eredità dai dominatori d'ogni tempo e provenienza non sembra si siano mai integrate e amalgamate.
Se è vero che la storia è l'archivio dei popoli, quella dei siciliani, pur mettendo in luce "sentimenti di ribellione perenne contro un qualcosa d'indefinibile ma ricorrente …", sembra sia stata scritta e trattata più ad uso dei palcoscenici, dei librai e di talune nicchie intellettualoide che in funzione della formazione civica delle future generazioni isolane.
Forse manca, a tale proposito, la chiara identificazione del "siciliano", inteso come discendente e continuatore di una "stirpe" e non quale semplice portatore di un attestato di nascita o di residenza.
Ciò complica l’obiettiva difficoltà d'inserimento della Sicilia in un ciclo produttivo di largo respiro che non dipenda dal "nord" speculativo o da qualche interessata azienda altamente inquinante insediatasi, con l’inconcepibile assenso istituzionale, nei territori della “colonia Sicilia”, magari facendo incetta di contributi e finanziamenti pubblici.
E come se ciò non bastasse, a seguito del servile “nulla osta” fornito da pavidi o condizionati organi di governo, ci si è dovuto sobbarcare alla rischiosa presenza sul suolo siciliano di mastodontiche installazioni militari marca USA e NATO, quali la “US Naval Air Station (NAS)” di Sigonella e l’ “USA Mobile User Objective System (MUOS)” di Niscemi che offre ai siciliani il discutibile e non preteso onore di sapere che altri analoghi impianti gemellari si trovano in Virginia, Hawaii e Kojarena (Australia).
Si è strumentalmente dimenticato di prendere in considerazione l’incontrovertibile fatto che dette rischiose installazioni oltre a godere di una sorta di extraterritorialità, deturpano e inquinano vasti territori, anche infrangendo qualsivoglia vincolo naturalistico o paesaggistico.
E non vanno dimenticati i pericolosi insediamenti militari esistenti in Catania (Maristaeli), Augusta, Melilli, Pachino, Trapani, Isola delle Femmine (PA), ecc. ecc.
Tutti siti siciliani che hanno assunto la valenza di strategici “obiettivi militari” da colpire prioritariamente, magari con ordigni nucleari, in caso di un paventato e pur sempre possibile 3° conflitto mondiale.
Altro che “Isola demilitarizzata” di cui agli accordi coevi al “Trattato di Pace di Parigi” del febbraio 1947 (periodo De Gasperi - Scelba) che contemplava l’assoluto divieto (concordato anche con la Russia staliniana) della installazione in Sicilia e in Sardegna di impianti militari potenzialmente offensivi. Cosa che gli Stati Uniti e la Nato, con la connivenza del pseudo libero Stato italiano, non hanno rispettato, anche violando il consacrato valore dell'’art. 11 della Costituzione.
E' probabile, inoltre, che la povertà strisciante di vasti strati della popolazione, la mediocrità culturale e formativa di molti appartenenti al ceto benestante (dedito più alle ambizioni dello "status symbol" ed ai richiami consumistici che all'attaccamento ai valori ideali della sicilianità), l'arroganza fredda, affaristica e insensibile di gran parte della classe imprenditoriale, manageriale e politica, siano i fattori che sempre più portano la massa ad avere poco attaccamento e amore per la propria terra.
Malgrado tutto, è fuor di luogo sostenere che l'anima genuina del popolo siciliano sia andata dispersa. Essa seguita a vivere attraverso i "canti", le "poesie", le antiche "tradizioni" ed esprime tuttora atavici sentimenti popolari, pur senza dimenticare il dolore e le frustrazioni per le sofferenze e le angherie patite nel tempo.
Fatta tale premessa, sorge spontanea una domanda: dove è finito lo spirito di rivolta ideologico, culturale e popolare che coraggiosamente segnarono taluni avvenimenti storici isolani del passato?
Oggi c’è da vergognarsi ad essere siciliani ?
Finti patrioti, improvvisati “politici”, talvolta dubitevoli disagiati mentali, mediocri “manager” d’ogni razza e provenienza, burocrati carrieristi, non di rado spregiudicati e opportunisti, calcano le scene del palcoscenico istituzionale nostrano e dimostrano ampiamente, chi più e chi meno, di essere in pressoché perenne corsa verso ambiti traguardi di potere e di facoltosa agiatezza.
Aggiungasi le indomite coorti di pullulanti ingordi “galoppini” e di servili “porta borse” per rendere completo il mosaico politico odierno.
Una autentica giungla stracolma di implacabili predatori, sempre pronti ad azzannare prede magari inoffensive e indifese.
Allo stato attuale delle cose, di contro, non è facile avanzare validi progetti di “messa in sicurezza” o proposte di intense “terapie d’urto”.
Non sembra, inoltre, che nella presente situazione di degrado politico, gestionale e sociale possano essere sufficienti la “disobbedienza civile di massa” alla Mahatma Gandhi, l’affermazione della “non violenza” alla Paṇḍit Nehru, le proteste indolori della “crociata per la giustizia” alla Martin Luther King o il “sacrificio antirazziale” alla Nelson Mandela, per citare solo alcuni dei tanti “eroi” dei diritti patriottici delle comunità oppresse e vessate.
Occorrerebbe, magari ricalcandoli senza incorrere in azzardosi risvolti, un nuovo “vespro”, come quello del 1282 contro gli Angioini, o uno scatto di orgoglio isolano pari a quello dei “moti del 1848” che posero la Sicilia, dal gennaio 1848 al maggio del 1849, in una situazione di autentica indipendenza (proclamazione, nel luglio 1848, del “ Regno di Sicilia”), rispetto al centralizzato e oppressivo stato borbonico, pur se alla fine il popolo siciliano dovette soggiacere alla forza bruta della restaurazione.
Nulla a che vedere, in ogni caso, con la controversa e discutibile disavventura garibaldina del 1860 che consegnò la Sicilia alla Monarchia dei Savoia e segnò l’avvio di una nuova serie di soprusi e sofferenze oltre che di obbrobriose repressioni, con relative condanne a morte, come quella collegate al “massacro di Bronte” attribuibile al protervo generale Nino Bixio nella qualità di mandatario di Garibaldi e in nome di Vittorio Emanuele II Re d’Italia.
Solo in tal maniera, forse, si potrebbero ricreare le basi per una svolta decisa e razionale volta a perseguire una politica di ripresa avente come meta il consono sviluppo delle risorse territoriali, agricole, industriali e turistiche isolane, oltre che una vera libertà gestionale.
E’ ovvio, tuttavia, che le fasce attive e patriottiche della popolazione siciliana, ove ancora ambiscano a fare rifiorire la propria dignità, accettino l’inderogabile principio del ripristino dei preziosi antichi valori storici, civici e costruttivi, della onestà politica e amministrativa, della tendenza ad una seria ristrutturazione economica e produttiva, della occorrenza di valide infrastrutture, pur se legate alla compatibilità dei costi.
E, vieppiù, si avverte la inderogabilità del ridimensionamento degli apparati burocratici istituzionali (fra cui Comuni e Province) oltre che eliminando coraggiosamente i molti raggrinziti Enti locali parassitari e superflui, da parecchi lustri in coma e ridotti alla quasi esclusiva funzione di “trita soldi”.
Ma è anche necessario, prioritariamente, imprimere una salutare svolta volta a frenare l’attuale deleterio andazzo partitico, in atto attivamente basato su edonistici schemi settoriali, clientelari e di tossico favoritismo, prima che sopravvenga un nuovo sempre possibile, pur se pericoloso e deleterio, black out del sistema democratico.
Una illusione o solo un’utopia senza speranza?
Un sogno ad occhi aperti o solo una reminiscenza mnemonica?
Chissà !

Maggio 2024
luau

 

 

Ass. Socio-Cult. «ETHOS - VIAGRANDE»
Presidente Augusto Lucchese
e-mail: augustolucchese@virgilio.it