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12/06/2024
Per quanto con alcuni
giorni di ritardo, rispetto all’80° anniversario dello sbarco
alleato in Normandia,
si ritiene ugualmente utile sottoporre alla attenzione dei
lettori talune informazioni che ben pochi hanno mai appreso
dalle varie fonti ufficiali che fanno capo alle Nazioni
interessate.
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6 GIUGNO 1944
OPERAZIONE OVERLORD
SBARCO IN NORMANDIA
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OVE IN MEDITERRANEO, NEL SETTEMBRE 1943,
GLI ALLEATI NON FOSSERO INCORSI IN TALUNI ERRORI
STRATEGICI,
LA GUERRA SAREBBE TERMINATA DUE ANNI PRIMA
E SAREBBE STATO POSSIBILE EVITARE QUEL MASSACRO.
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Sono trascorsi 80 anni da quella notte fra il 5 e il 6 giugno
1944 quando ebbe inizio l’attacco alleato in Normandia, la più
imponente, massacrante e costosissima operazione di sbarco
anfibio della storia.
Oggi, prendendo spunto dalle ricorrenti annuali “celebrazioni”,
sembra abbastanza evidente che a ben poco valgono i
“documentari” di parte, lacunosi e incompleti, i vacui “sermoni”
più o meno ipocriti di altolocati personaggi, le interviste ai
“veterani” ancora in vita, la partecipazione protocollare degli
autocrati di una inaffidabile varietà di Stati, la presenza dei
“vip” che rappresentano taluni pressoché inutili organismi
internazionali, l’assalto opportunistico del parassitario mondo
dei mass-media.
Nessuno osa contestare l’occorrenza, per le libere Nazioni del
Mondo (pur se non tutte lo erano, alla stregua della tirannica
URSS staliniana e di taluni Stati della variegata galassia
araba) di abbattere i regimi nazi fascisti coalizzati nell'
“ASSE ROMA BERLINO” e nel “PATTO TRIPARTITO” ma non appare
giusto asserire a cuor leggero che i diavoli
erano tutti da una parte e i Santi dall’altra.
Riproporre la “memoria” di significativi avvenimenti del passato
è cosa assolutamente meritoria ma non è tollerabile che si scada
in demagogiche o farisaiche distorsioni degli stessi ad
esclusivo uso e consumo di una parte in causa, senza prendere in
esame la loro antecedente maturazione e l’evolversi delle
discutibili decisioni che li hanno determinati.
Nel caso in specie, nella misura in cui la smisurata
potenzialità delle Forze Armate alleate (particolarmente
americane e inglesi) riuscì ad avere, sebbene a caro prezzo, il
sopravvento sulle non tanto efficienti difese tedesche, peraltro
condizionate da una serie di errate valutazioni del loro Comando
Supremo, non è fuor di luogo analizzare gli avvenimenti alla
luce dei poco accorti piani operativi che precedettero, in altri
vari teatri di guerra, l’operazione “Overlord” avviata in
Normandia nel giugno 1944, lungo le spiagge della penisola del
Cotentin, con obiettivo primario la conquista di Sainte Mere
Eglise, Caen, Cherbourg, Brest.
Ben 156.000 uomini, una flotta di circa 6500 navi da trasporto e
da guerra, una armata aerea di circa 7000 velivoli d’ogni tipo,
agli ordini del Comandante Supremo Dwight D. Eisenhower, presero
parte alla realizzazione della citata “operazione Overlord”.
Alla fine le perdite, fra morti, feriti e dispersi, assommarono
ad oltre 11.500 uomini da parte alleata e a circa 7000 da parte
tedesca.
Analizzando ben bene ogni tipo di informazione sui sistemi di
conduzione da parte alleata della 2° guerra mondiale, sorge
spontanea una precisa domanda: - una cotanto strabiliante
operazione militare avrebbe potuto essere evitata?
La risposta, ampiamente documentata, è abbastanza
inequivocabile: quasi certamente poteva essere evitata ove
precedentemente non fossero stati commessi eclatanti errori di
valutazione strategica.
Se gli Alleati, nel periodo che va dal mese di luglio 1943 (in
concomitanza con l’arresto di Mussolini) al settembre 1943 (resa
incondizionata dell'’Italia), avessero infatti deciso di
impiegare in maniera diversa le forze occorse per invadere la
Sicilia e per risalire difficoltosamente la Penisola italiana,
la guerra in Europa sarebbe durata all’incirca due anni in meno.
Churchill, nella ponderosa e documentata sua opera che gli valse
il “premio Nobel”, “La II Guerra Mondiale” (ben 11 corposi
volumi) e che raccoglie le sue “memorie”, sostiene (pag. 52,
parte 1°, volume 5) che, originariamente, la sua idea era
proprio quella di sfruttare l’ormai inarrestabile maturazione
del cedimento dell'Italia ma che “….gli americani non si
lasciarono convincere”.
Fu, in effetti, un errore madornale del Pentagono e di
Eisenhower.
A pag. 67 della citata opera, Churchill in proposito afferma che
“…. non c’era bisogno di esaurirsi nei Balcani e in Italia”.
A pag. 69, poi, riporta il testo di una lettera indirizzata al
Presidente USA il 26 luglio (l’indomani dell’arresto di
Mussolini) ove afferma che “….ora che il “diavolo grosso” è
caduto dovremmo subito assicurarci contro i tedeschi la
disponibilità e l’uso di tutta la rete di trasporto e degli
aeroporti italiani oltre che di tutti i territori sotto
controllo italiano dal Nord Italia alla Francia Meridionale, ai
Balcani.
In quel preciso momento sarebbe stato abbastanza facile creare
una robusta testa di ponte nel Sud della Francia (progetto “ANVIL”)
e ciò, quasi sicuramente, avrebbe costretto i tedeschi a
ripiegare verso i propri confini per non fare intrappolare in
una sorta di nuova Stalingrado le cospicue forze presenti in
Italia, nella Francia del Nord e nei Paesi Bassi.
A causa delle insane discordanze di vedute fra gli Alleati,
l’importanza della operazione di sganciamento dell’Italia
dall’alleanza con la Germania (le trattative per l’armistizio
furono condotte, da ambo le parti, con parecchia superficialità
e approssimazione) fu sottovalutata oltre che gravemente
compromessa e, di contro, si buttarono le basi per quella che
sarebbe divenuta, in svariati territori europei, una vera e
propria guerra di posizione, lenta, dispendiosa e sanguinosa.
L’errata valutazione da parte degli Alleati della complessiva
situazione strategica, in uno alla imprevidenza e alla
incapacità dei governanti e dei vertici militari italiani,
portarono al maturare dei successivi nefasti avvenimenti.
Al momento del fatidico 8 settembre 1943, l’annuncio della resa
italiana giunse peraltro senza che, preventivamente, si fosse
curato di impartire opportune direttive alle Forze Armate
italiane al fine di impedire il dilagare dei Tedeschi nella
penisola italiana oltre che nei territori in cui, come detto,
esse erano dislocate e cioè nei Balcani (Dalmazia), in Albania,
nelle Isole dell’Egeo, in talune vaste zone della Grecia (Epiro
e parte del Peloponneso occidentale), nella Francia
mediterranea, dalle Alpi alla Provenza, sino a Tolone, nella
Sardegna e in Corsica.
Per gli Alleati, considerato lo sforzo bellico che poi saranno
costretti a fare, nei lunghi mesi della guerra in Italia e alle
enormi perdite cui andranno incontro, l’armistizio con l’Italia
sarà, in ogni caso, una sorta di “vittoria di Pirro”.
Ottennero solo il ben discutibile risultato d’impegnare sul
suolo italiano rilevanti contingenti di truppe germaniche che
sarebbero state oltremodo utili per tamponare, dopo Stalingrado,
le notevoli falle determinatesi sul vacillante fronte russo.
Eisenhower, in particolare, non fu all’altezza di valutare (come
definire una tale “defaillance” ?) il grave ed incombente
pericolo di una pressoché totale occupazione militare tedesca
del territorio italiano, oltre che delle citate zone strategiche
di cui gli italiani avevano il quasi assoluto controllo.
Con arrogante caparbietà, il Capo delle forze Alleate in
Mediterraneo, più per fini politici che militari, assunse,
relativamente alle modalità dell’armistizio, una posizione
ambigua e affatto lungimirante.
Per rendersene conto, basterebbe leggere, in proposito, alcuni
documenti e i ricattatori fonogrammi indirizzati a Badoglio.
Agendo in tal maniera furono create le condizioni acché la
guerra in Italia (e forse anche in Europa) perdurasse per circa
altri due anni, mentre, con noncuranza, furono mandati allo
sbaraglio milioni di persone e furono condannati a morte diverse
centinaia di migliaia di militari e di incolpevoli civili.
E’ giusto ribadire che nulla si fece, in definitiva, per imporre
all’inetto governo badogliano, una chiara linea d’azione che
prevedesse, quale condizione basilare per la prosecuzione delle
trattative di resa, l’approntamento dei citati piani occorrenti
a prendere possesso, al momento dell’armistizio, dei vasti
territori presidiati dalle FF.AA. italiane.
Nell’agosto del 1943 ciò era ancora strategicamente e
tecnicamente possibile e tale determinante circostanza è
confermata da quanto Hitler disse a Mussolini in occasione del
loro incontro dopo la liberazione di quest’ultimo da Campo
Imperatore: - “…il tradimento italiano, se gli Alleati avessero
saputo sfruttarlo, avrebbe potuto provocare l’immediato e
subitaneo crollo della Germania …”.
Trattasi di una affermazione parecchio realistica che dimostra
come, ove i “super strateghi” anglo americani avessero avuto la
stessa intuizione, oltre che il buon senso di puntare ad un tale
risultato, non solo sarebbe stato possibile scacciare
rapidamente i tedeschi dalla penisola italiana, ma, per come
prima evidenziato, non sarebbe stato necessario,
successivamente, l’immane sforzo militare per invadere l’Europa
attraverso la Normandia.
Nessuno può negare che nel settembre 1943 gli Alleati, parecchie
settimane prima che le “panzer divisionen” della Wermacht si
muovessero verso sud, avevano a portata di mano la Francia
meridionale, quasi sguarnita di forze tedesche, ma non si seppe
approfittare della favorevole congiuntura.
Gli Alleati, tuttavia, hanno vinto la guerra e i loro errori, le
loro colpe, i loro “crimini”, non hanno formato oggetto di
alcuna inchiesta, non sono stati mai sottoposti a giudizio e non
hanno dato luogo ad un’altra Norimberga !
I madornali errori politici, strategici e tattici degli Alleati
fecero dell’Europa (Italia e Francia in particolare) un
sanguinoso campo di battaglia, allungarono di oltre un anno e
mezzo il corso dei cruenti combattimenti (lo “scandaloso
ristagno delle operazioni”, come Churchill definì quel triste
periodo) e tennero bloccate ingenti forze anglo - americane,
francesi e polacche che avrebbero potuto essere efficacemente
impiegate altrove.
Sarebbe superfluo approfondire ulteriormente le cause di tali
errori.
Basta solo ricordare che, a detta di parecchi valenti
storiografi, essi furono talmente grossolani che non vale la
pena di riesumarli, analizzarli e collegarli fra loro, anche
perché si correrebbe il rischio di dovere rivisitare e
reimpostare un intero periodo di storia.
E’ senz’altro utile, invece, tornare a ribadire (non come
discorso ripetitivo o fine a se stesso, bensì come esternazione
di un profondo senso di indignazione verso i responsabili) che
il protrarsi della guerra in Europa causò, sia agli Alleati che
ai Tedeschi, ingenti perdite in uomini, mezzi e materiali.
E’ evidente che sarebbe stato doveroso, principalmente in sede
conclusiva delle trattative per l’armistizio con l’Italia (o
resa incondizionata, come di fatto fu) cercare di evitare un
simile tragico scenario.
In un tale contesto di disfattismo l’Esercito Italiano,
peraltro, rimasto privo di ordini chiari e di piani coordinati
con gli Alleati, non poteva non sfaldarsi e dissolversi pur se
molte “grandi unità” erano ancora idonee al combattimento, per
come dimostrato dai numerosi, ma slegati, episodi di valorosa
resistenza o, addirittura, di vittoriosi scontri, come avvenne
in Corsica, in Epiro e in Egeo.
Tale tesi è convalidata da quanto si può leggere in un rapporto
successivamente redatto dall’Alto Comando Alleato: - “…mancando
di chiare direttive, le Forze Armate Italiane non seppero
reagire, ....i vaghi ordini di prima dell’Armistizio risentivano
dell’indecisione di Badoglio che non fece nulla per predisporre
piani e misure per una reale reazione antitedesca, ...pensava
solo a guadagnare tempo sperando che gli Alleati frattanto
occupassero Roma per proteggerlo, ...è chiaro che temeva un
confronto militare con i Tedeschi”.
E acclarato, tuttavia, che anche gli Alleati, come accennato,
sbagliarono, e di grosso con il nefasto risultato di avviare,
quasi con cinismo, parecchie zone dell'Europa, anche tedesche,
oltre italiane e francesi, verso la china di immani ulteriori
tragedie.
A fronte degli odierni scenari rievocativi, degli ampollosi
discorsi commemorativi, delle dispendiose gite collettive di
tronfi Capi di Stato e relativi codazzi, delle migliaia di
invitati alle variegate manifestazioni, un po’ di verità non
dovrebbe fare male ad alcuno.
Salvo che per effetto della inveterata tendenza cui, non tanto
in buonafede, si ricorre nell'ambito dei centri di comando
variamente interessati, si faccia in modo che alle masse degli
ignari cittadini giunga una intensa pioggia di artefatte e
monche informazioni.
Si spera, forse, di far dimenticare errori e malefatte a suo
tempo colposamente commessi da chi era al comando dei gangli
vitali che imponevano le loro scelte, spesso non attentamente e
scrupolosamente vagliate.
6 giugno 2024 A. Lucchese
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